Quella che potrei definire “la metamorfosi del Soave Classico” si capisce molto prima di assaggiare i vini. Basta dare un’occhiata ai numeri per accorgersi che oramai la metà dei vini presentati sono di annate precedenti all’ultima e che oramai “il cuore” della denominazione, cioè il Soave Classico (con l’innesto di pochi e “certificati” Soave), non è praticamente più un vino d’annata ma un bianco che comincia ad essere al meglio dopo almeno 12 mesi dalla vendemmia e tocca il suo top mediamente tra 3 e 5 anni dalla data di nascita.

Anche quest’anno, con in campo l’annata 2024, non certo tra quelle che passeranno alla storia come annate del secolo, abbiamo trovato la stragrande maggioranza dei vini migliori tra le annate precedenti. Eppure lo scorso anno la 2023 si era presentata quasi peggio della 2024, ma i 2023 in degustazione quest’anno sembravano provenire da una vendemmia diversa e sicuramente migliore.
Del resto ci sembra logico che le migliori uve vadano nelle selezioni: questo accade anche in molte altre denominazioni bianchiste, ma quello che colpisce nel Soave Classico è che la possibilità di invecchiamento, pur certificata da anni, stia assumendo valore e presenza fisica (leggi numero di etichette e di bottiglie) solo da pochi anni.
Per questo parlo di metamorfosi, che può e forse deve essere vista come un modo per staccarsi dal tanto Soave prodotto in pianura, che quasi sempre non arriva nemmeno vicino alla qualità delle uve e dei vini prodotti in collina.

Ma torniamo ai nostri assaggi con alcune parole sui 2024 degustati, che in diversi casi hanno mostrato un corpo non certo possente ma comunque una freschezza e una struttura che li colloca nella parte alta tra tutti i bianchi degustati fino ad oggi.
Non per niente più del 80% dei vini degustati ha raggiunto e superato gli 80 punti (lo ripetiamo sempre: per noi non sono pochi, perché non spariamo punteggi come mortaretti alla festa del patrono). Inoltre i profumi ci sono sembrati centrati e poche volte abbiamo sentito la forte presenza di lieviti selezionati o di nutrimenti di lieviti che portano verso aromi troppo ruffiani. Quindi non siamo di fronte ad una grande annata ma il Soave Classico si è difeso più che bene.
Si è difeso ancora meglio quello delle annate precedenti: a parte che tra i 4 Vino Top ben 3 vengono da vendemmie precedenti, tra i migliori 16 vini della degustazione ben 10 appartengono a vendemmie tra il 2021 e 2023.

Indubbiamente la garganega (anche se notiamo un lieve aumento negli uvaggi del trebbiano di Soave) è un vitigno molto adatto per l’invecchiamento anche se, lasciatecelo dire, in certi casi si rischia “l’accanimento terapeutico”. Nella stragrande maggioranza dei casi però quei 2-3 anni in più portano a vini di alto profilo, dove il legno spesso è inutile e dove la “succosità” del vitigno viene fuori alla grande. Altre due parole sull’uso dei legni, che in alcuni casi tarpano le ali al vino, lo “asciugano” dei profumi più piacevoli, rendendolo forse più internazionale ma sicuramente meno godibile nel breve-medio periodo e forse anche nei tempi lunghi.
Usciamo comunque soddisfatti dagli assaggi e ci sembra giusto ringraziare il consorzio che ci aiuta ogni anno nella raccolta dei campioni.