Etna Rosso: adelante cum juicio2 min read

Per chi da qualche anno degusta vini e conosce gli andamenti storico-enoici di diversi territori, degustare adesso gli Etna Rosso è un po’ un déjà-vu che riporta agli sviluppi e agli alti e bassi negli anni di tante denominazioni importanti.

Questo perché gli Etna Rosso degustati si dividono oggi in almeno tre categorie che nel tempo hanno fatto capolino in vari territori e che potremmo chiamare:

Rispondenti

Rotondoni

Internazionali

Questo anche al di là di dove si trovi l’azienda, dei terreni su cui sorgono i vigneti, delle loro esposizioni e altezze sul mare.

I Rispondenti sono quelli dove il nerello mascalese (e il cappuccio) si esprime con chiarezza, magari con ruvida chiarezza. Possono anche non avere corpi importanti ma hanno un buon equilibrio tra freschezza e componente tannica. Sono vini meno setosi, forse più chiusi al naso nei primi tempi ma rappresentano per noi un bel modo di interpretare L’Etna.

I Rotondoni sono quelli che interpretano l’Etna Rosso cercando di smussarne gli angoli, rendendo indubbiamente i vini più piacevoli ma meno veritieri, anche e soprattutto in invecchiamento.

Gli internazionali puntano anche loro a smussare qualcosa ma utilizzando legni nuovi che nei primi anni coprono le reali caratteristiche dei vini ma favoriscono la beva di chi è abituato a sentire e apprezzare del buon legno.

All’interno di queste tre macrocategorie si trovano praticamente tutti i rossi etnei: sono categorie che cambiano numericamente col tempo e la nostra speranza è che la seconda e la terza possano confluire nella prima.

Gli assaggi di quest’anno ci dicono che ancora non è successo e forse non succederà per diversi anni, anche se la qualità è, come sempre, alta e oltre il 70% dei vini con almeno 80 punti (noi, lo ripetiamo, non spariamo punteggi altissimi come petardi) lo sta a dimostrare.

I  prezzi dei vini sono sempre alti ma ci sembra che ci sia stato un logico e auspicato rallentamento, come anche nel peso delle bottiglie, altro puntum dolens della denominazione che ci sembra si stia tornando leggermente indietro.

Qualcuno potrebbe obiettare che siamo passati sopra all’importante suddivisione delle contrade ma siamo convinti che questo basilare lavoro potrà dare i suoi frutti nel tempo, quando molti produttori avranno realmente capito come lavorare su terreni difficili e particolari come quelli vulcanici dell’Etna. Anche per questo il nostro giudizio è positivo ma con qualche punto interrogativo, normali in un territorio in crescita continua.

Carlo Macchi

Sono entrato nel campo (appena seminato) dell’enogastronomia nell’anno di grazia 1987. Ho collaborato con le più importanti guide e riviste italiane del settore e, visto che non c’è limite al peggio, anche con qualcuna estera. Faccio parte di quel gruppo di italiani che non si sente realizzato se non ha scritto qualche libro o non ha creato una nuova guida sui vini. Purtroppo sono andato oltre, essendo stato tra i creatori di una trasmissione televisiva sul vino e sul cibo divenuta sicuramente la causa del fallimento di una nota rete nazionale. Riconosco di capire molto poco di vino, per questo ho partecipato a corsi e master ai quattro angoli del mondo tra cui quello per Master of Wine, naturalmente senza riuscire a superarlo. Winesurf è, da più di dieci anni, l’ultima spiaggia: dopo c’è solo Master Chef.


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