Vermentino, e se ci puntassimo di più?3 min read

La “Rassegna biennale dei vini prodotti da Vermentino o dai suoi sinonimi” ci ha intrigato da lontano, per il tema e per il luogo: Fosdinovo di Lunigiana, fra Toscana e Liguria. Vista poi da vicino, la manifestazione ci ha convinti meno, nonostante la bellezza (di più: il fascino) del Castello Malaspina dove si svolgeva. La mattinata di sabato 26 maggio è stata dedicata a un apprezzabile convegno, molto sul concreto: “Sanità delle uve e qualità del Vermentino”, dove i produttori hanno scambiato con gli scenziati, guidati dal professor Fregoni, interessanti informazioni su flavescenza dorata, mal dell’esca e marciumi vari (con cenno a un possibile effetto collaterale di quest’ultimi, la temibile ocratossina A). Il protagonista sembra comunque godere di vigoria e buona salute, con le variabili dovute ai vari habitat. Vivace infatti è stato anche il racconto dei produttori provenienti dalle varie zone di diffusione, dalla Provenza giù per la Liguria e la costa toscana, fino alle grandi isole: ognuno con i suoi resoconti e i suoi punti di vista. Ci è stato presentato il libro di Fregoni (a cui ha collaborato anche la figlia) “Vermentino: il vitigno che sente il mare”,  peccato che non abbiamo potuto sfogliarlo – è in fase di stampa. Il pomeriggio si sono aperte le degustazioni (continuate anche il giorno seguente), ma qui l’organizzazione si è dimostrata al di sotto di quanto Vermentino meritava. Nonostante si trattasse dell’undicesima biennale sul tema – il che lasciava sperare una certa scorrevolezza aquisita – i limiti e gli intoppi non sono mancati. Il catalogo sembrava una bozza provvisoria;  certi vini erano ufficialmente solo in esposizione e non in assaggio, anche se la differenza tra ufficialità e realtà delle cose era coerente con l’ambiente tipicamente mediterraneo dove la nostra uva alligna. Di certe degustazioni guidate aperte al pubblico è mancata semplicemente la comunicazione. Un peccato anche per il semplice curioso che si era spinto fino allo spettacolare castello, vista l’opportunità di comparare vini e terroir. Ottima, invece, la gastronomia locale messa a disposizione in diverse occasioni, e di cui raccomandiamo l’esplorazione.
Da professionisti navigati (spcialmente nel Mediterraneo) siamo comunque riusciti ad assaggiare con la dovuta concentrazione un bel po’ di vini, molti con l’uva in purezza ma non solo. DOC, AOC e tradizione obbligano o permettono infatti diversi uvaggi in cui comunque il Vermentino rimane dominante. E alla fine almeno il vero protagonista si è comportato bene, sfoderando un carattere a suo modo perentorio: abbiamo valutato meglio, tutto sommato, proprio l’espressione al 100% – o dichiarata tale.  Il Vermentino, che si chiami magari Rolle o Picabòn, Favorita o Pigato, Furmentin o Malvoisie a gross grain, tende a dare decisamente dei bei vini. Abbiamo incontrato, naturalmente, qualche campione deludente o addirittura difettoso, ma li possiamo considerare  incidenti statistici. Altrettanto inevitabile qualche profumo che ricorda troppo il Sauvignon, o addrittura il Moscato. A parte esempi sporadici di contatto con legni e ancora più sporadici di spumanti e passiti, i vini da Vermentino assaggiati erano essenzialmente dei 2006 tenuti in acciao per pochi mesi, e in questa tipologia hanno confermato un profilo gustativo schietto e molto interessante, che non offre nell’aspetto nè nel profumo strettamente nasale la prestazione più saliente. Il bello viene proprio in bocca, dove abbiamo trovato regolarmente la conferma della sua vena distintiva: un’acidità sapida ben integrata che accompagna verso un finale di buona pesistenza. Il gusto è pieno, anche perchè questa spina dorsale sostiene una corrispondenza aromatica rara, anche piuttosto costante durante l’arco gustativo, chiaramente percepibile (e godibile!) anche dal neofita.
Per adesso beccatevi queste note generali, che tra qualche giorno verranno integrate dalla nostra classica degustazione di quasi un centinaio di campioni di cui, ritornando all’organizzazione suddetta……….., stiamo mettendo assieme prezzi, indirizzi, numeri telefonici etc.

Alessandro Bosticco

Sono decenni che sbevazza impersonando il ruolo del sommelier, della guida enogastronomica, del giornalista e più recentemente del docente di degustazione. Quest’ultimo mestiere gli ha permesso di allargare il gioco agli alimenti e bevande più disparati: ne approfitta per assaggiare di tutto con ingordigia di fronte ad allievi perplessi, e intanto viene chiamato “professore” in ambienti universitari senza avere nemmeno una laurea. Millantando una particolare conoscenza degli extravergini è consulente della Nasa alla ricerca della formula ideale per l’emulsione vino-olio in assenza di gravità.


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