Le sanzioni emesse da Putin sull’agroalimentare italiano, oltre a creare grossissimi problemi economici ad una bella fetta del settore, hanno fatto venire i sudori freddi a moltissimi produttori di vino italiani.
Il pericolo di un blocco delle esportazioni di vino verso la Russia, vista la situazione in Ucraina, è comunque ancora tremendamente reale. Qui non voglio però parlare di cosa potrebbe succedere se il vino italiano non potesse più entrare in Russia, ma del perché proprio il vino è stato risparmiato dal blocco che ha colpito decine di generi alimentari.
Potrebbe sembrare stupido affermare che il vino non è un prodotto alimentare, ma forse una sua verità questa frase ce l’ha.
Il vino non solo non è più un prodotto puramente alimentare come lo era per i nostri nonni ma è mix di altre cose. Porta con se un’immagine che è un misto tra la visione bucolica della campagna e l’odore dei soldi, quelli che ci vogliono per far funzionare a dovere ogni cantina.
Anche se sono finiti gli anni in cui industriali italiani compravano o facevano nascere dal nulla aziende vinicole pensando di fare soldi in tre anni, all’estero l’appeal per il vino e la campagna italiana (unito a notevoli plusvalenze accumulate in altri settori) ha portato molte società straniere ad acquistare aziende vinicole. Molte di queste società sono russe e forse è solo grazie a questo non trascurabile dettaglio che per adesso il vino italiano si è salvato. Come accennato prima non so quanto potrà servire se la situazione internazionale peggiorasse, ma per adesso il mondo del vino italiano potrebbe almeno provare a fare qualche seria considerazione da quanto accaduto.
Oramai il vino italiano, se vuole vivere e prosperare, deve essere per forza conosciuto, venduto e apprezzato principalmente all’estero. Deve divenire molto più di adesso uno strumento per far prosperare i produttori italiani, tanto da invogliare investitori esteri ad impegnare capitali importanti nelle nostre ( o in nuove) aziende vinicole. Il vino è un prodotto che tira e attira e sarebbe quindi giusto che il governo gli dedicasse maggiori attenzioni, del resto è anche uno dei settori che sente meno la crisi.
Ma per permettere al vino italiano di muoversi meglio all’estero ci sarebbe bisogno di idee e progetti generali e condivisi e non di una microframmentazione di eventi e iniziative che, proprio perché alla fine dei salmi non sono quasi mai dei flop, fanno capire cosa potrebbe succedere se venissero organizzate con stili, presenze e disponibilità diverse.
Un evento di grande portata e impegno finanziario sarà sicuramente Expo 2015 e spero possa servire a far conoscere meglio il vino italiano al mondo. Detto questo, non conoscendo assolutamente come verrà gestito lo spazio vino (so solo che ci penserà Vinitaly) resto in attesa e incrocio le dita.