Oggi, dopo la consegna del riconoscimento a Fabio Mecca, il giovane enologo vincitore della X° edizione del Premio Nazionale dedicato a Giulio Gambelli, non ci sono più dubbi sul fatto che questo sempre più importante riconoscimento non venga pilotato…dall’alto, da Giulio Gambelli in persona.
Infatti, senza che nessuno lo sapesse, in che giorno è stato premiato il decimo vincitore del Premio Gambelli, creato da un’associazione che è nata dieci anni fa? In che giorno poteva essere celebrato il doppio decennale? Naturalmente il 24 marzo, giorno in cui Giulio nacque nel 1925!

E’ così per il suo “compleanno” Giulio ha voluto festeggiare attribuendo il suo premio ad un enologo che, a pensarci bene, lo merita non solo per la sua aderenza al modo di fare vino del grande “non enologo” Gambelli, ma perché l’ha ottenuto grazie a vini provenienti da un vitigno forse più ostico e scontroso del sangiovese, che con grande difficoltà riesce a mostrare eleganza, quell’eleganza che sempre Giulio ha ricercato: sto parlando dell’aglianico.
I vini che abbiamo degustato bendati (sapevamo solo il vitigno e l’annata, come da regolamento del premio) mostravano quello che nell’aglianico è difficile trovare, cioè tannicità importanti, anche austere ma suadenti, equilibrio, non ridondanza dei legni e sviluppo di eleganza nel tempo.

Fabio, pur abitando in Basilicata, aveva conosciuto Giulio molti anni fa e si ricordava di questo signore con cui aveva scambiato poche ma proficue parole. Del resto dopo la premiazione, nel suo intervento, ha tenuto a precisare che la figura di Gambelli era ed è centrale per i giovani enologi italiani, perché, quasi senza volerlo, ha segnato una strada che oggi è vincente: vino che esprime il vitigno, il territorio, l’annata, ed è quindi il contrario di tanti vini “fotocopia” fatti in passato.
Quindi caro Giulio, anche questa volta hai scelto bene e soprattutto hai fatto tutto tu: noi “non ci abbiamo messo bocca”.