Dopo una settimana di anteprime, tra Toscana e Romagna, chiudere il tour delle anteprime con un la potenza del Sagrantino mette a dura prova anche i palati più allenati.
Per fortuna da alcuni anni i produttori di Montefalco, non certo per venire incontro ai palati affaticati dei giornalisti presenti all’anteprima, hanno capito che il Sagrantino può essere anche meno monolitico senza per questo perdere tipicità o blasone.
Stiamo parlando di questa “proba mutazione” almeno da due anni, rivelatasi ai più con l’annata 2014, una vendemmia fredda e piovosa che doveva giocoforza essere giocata “in sottrazione”.
La cosa era molto più difficile con la solare, calda, asciutta e qualitativamente superiore 2015, per questo mi sono avvicinato all’assaggio con una velata incertezza, sperando che i passi avanti (cioè indietro) fatti negli ultimi anni venissero confermati.
E come potevano essere confermati?
In primo luogo constatando un uso del legno più aggraziato: diciamo che sta avvenendo non a 360° ma dove accade riesce a dare bella dinamicità al vino e non lo cementa tra tannini del legno che si sommano a quelli del vino creando una specie di sarcofago tannico. Un altro vantaggio dell’uso più moderato dei legni si riscontra nelle gamme aromatiche, con tanti 2015 che finalmente profumano di frutta rossa e nera.
Certo che la 2015 si portava in dote un’alcolicità importante e anche qui diverse cantine sono riuscite a mitigarla, rendendo i vini molto più rotondi e armonici (quasi aggraziati oserei dire). Attenzione, stiamo parlando di Sagrantino e quindi la grazia di prima deve essere intesa come quella mascolina di un aitante e muscolare ballerino di danze caraibiche e non certo con quella lineare e flessuosa di una ballerina classica.
Anche il momento temporale dell’assaggio non è certo perfetto, perché molti vini devono ancora essere passati non solo sotto un’ipotetica pialla, ma rifiniti con ancor più ipotetica carta vetrata finissima con diversi passaggi. Infatti solo una 20 dei 45 campioni presentati erano imbottigliati e anche tra questi alcuni erano stati “infilati a forza” in bottiglia e mostravano ancora una rabbia belluina per essere stati costretti in un ambiente così angusto. Di rimando alcuni campioni da botte mostravano rotondità tanniche di tutto rispetto.
In definitiva la vendemmia 2015, di ottima qualità, mette in mostra dei Sagrantino che mediamente riescono ad essere ampi e grassi, mantenendosi però dinamici, freschi e in qualche caso pure sapidi. I tannini non sono certo pochi ma molto più rotondi e educati che in passato, grazie anche a legni nettamente meno invadenti.
Un grosso vantaggio futuro credo sarà che l’annata 2015 invecchierà molto bene e potrà mettere in mostra fini aromi terziari, cosa che spesso, in passato, era uno dei limiti del “vecchio” Sagrantino.
Insomma, la “proba mutazione” sta continuando e si sta allargando a quasi tutte le cantine del territorio e di questo non si può essere che felici, perché finalmente il Sagrantino può ambire ad essere un “vino gastronomico” e non solo un fenomeno tannico.
Quest’anno c’è stata anche un’altra mutazione: parlo dell’arrivo dei miei amici di Miriade & Partners come organizzatori dell’evento. Si trattava credo della loro “Prima” fuori dalla Campania e il risultato è stato indubbiamente positivo.