Cari produttori “intoccabili” , abbiate coraggio!3 min read

Per un attimo mi metto nei panni di un grande produttore di vino, di quelli incensati dalla critica nazionale e internazionale: dal punto di vista dei rapporti con la stampa deve essere proprio una vitaccia. Da una parte rincorrere quei pochissimi giornalisti e/testate che servono a far vendere, dall’altra cercare di arginare o meglio evitare la carica di tutti gli altri, che giornalmente chiedono di venire in visita, di conoscere, di degustare i vini e addirittura (vedi le guide di settore) di degustarli in comparazione con gli altri.

Non ti basta non partecipare alle poche e importantissime manifestazioni dove la stampa nazionale e internazionale si aspetta di trovare anche il tuo vino (magari non vergognandoti di invitare in cantina la stessa stampa presente alla manifestazione dove il tuo vino non c’è), devi anche selezionare le guide: quelle a cui non puoi dire no, quelle a cui puoi dirlo, quelle che non prendi nemmeno in considerazione. Tutto questo è un lavoro  e neanche facile.

Adesso mi rimetto nei panni del povero giornalista/direttore di  una guida online e cerco di parlare a nome di un mondo (quello delle guide, appunto) sempre meno preso in considerazione dai produttori. Oddio, viene preso in considerazione se parli bene, ma se partorisci voti bassi (oramai, grazie a tanti colleghi esteri anche 89/100 è diventato un voto basso) non dico vieni evitato come la peste ma quasi. Tutto questo nasce da un frainteso storico, causato forse anche da noi giornalisti/degustatori: una guida vini non è un modo a basso prezzo (o nel nostro caso a costo zero) per farsi pubblicità ma è un modo il più possibile imparziale e chiaro di orientare il consumatore alla conoscenza e alla scelta. In altre parole non è, o almeno non dovrebbe essere viste alcune derive, dalla parte del produttore ma da quella del consumatore, sempre!

Adesso cambio veste nuovamente e mi metto nei panni del consumatore finale che non riesce a trovare, se non in due-tre guide una valutazione annuale dei vini del famosissimo X o Y: se non ho voglia di comprare una di quelle guide e magari mi rivolgo al web, è difficilissimo  trovare una valutazione  professionale (che non sono, con tutto il rispetto, quelle date dai siti di vendita online o una visita in cantina di  appassionati adoranti). In altre parole, io consumatore finale e soprattutto io consumatore finale estero rischio di non trovare l’informazione che cerco su X o Y e quindi, nel dubbio, cosa faccio? Compro un altro vino di cui trovo maggiori informazioni sul web!

Morale della favola: cari produttori iperblasonati , con vini che spesso più del passaparola c’è il sentito dire, voi che inviate i vini al massimo a due guide, che organizzate degustazioni per pochissimi eletti, che vi negate e negate i vostri vini alla stragrande maggioranza della stampa specializzata, attenti! Se continuate ad evitare un sano e serio  confronto correte il rischio di rimanere su un piedistallo che, spero per voi, sia solido. L’immagine la si può costruire ma va gestita e il rinchiudersi in una torre  non è certo la cosa migliore, specie nel grande mondo del web. Rifiutare il confronto è anche un modo per dare non certo un bel segnale anche agli altri produttori.

Ci vuole il coraggio di rimettersi in gioco, anno dopo anno: ce l’avete?

Carlo Macchi

Sono entrato nel campo (appena seminato) dell’enogastronomia nell’anno di grazia 1987. Ho collaborato con le più importanti guide e riviste italiane del settore e, visto che non c’è limite al peggio, anche con qualcuna estera. Faccio parte di quel gruppo di italiani che non si sente realizzato se non ha scritto qualche libro o non ha creato una nuova guida sui vini. Purtroppo sono andato oltre, essendo stato tra i creatori di una trasmissione televisiva sul vino e sul cibo divenuta sicuramente la causa del fallimento di una nota rete nazionale. Riconosco di capire molto poco di vino, per questo ho partecipato a corsi e master ai quattro angoli del mondo tra cui quello per Master of Wine, naturalmente senza riuscire a superarlo. Winesurf è, da più di dieci anni, l’ultima spiaggia: dopo c’è solo Master Chef.


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9 responses to “Cari produttori “intoccabili” , abbiate coraggio!3 min read

  1. E quali sarebbero le cantine di cui parli? Sono un ristoratore curioso! grazie ciao Claudio

    1. Non voglio fare perché potrei scordarmene qualcuno e perché alcune danno i vini alla guida x e non alla y e viceversa, ma comunque diciamo una ventina di cantina TOP di Langa (“capitanate” da una che ha un nome di quattro lettere), per gli addetti ai lavori quelle che oramai da più di 10 anni non partecipano a Alba Wine Experience, poi rinominata Nebbiolo Prima. Diciamo 5 o 6 cantine nella zona dell’Amarone, Qualcuna nella zona di Montalcino, e poi qualche altra cantina in Campania, Sicilia, Sardegna, Puglia, Friuli. In tutto non più 60-70 cantine, ma sono quelle che un lettore cerca per prime e spesso non trova.

    1. Carlo mi dispiace, ma ero con Aubert de Villaine la settimana scorsa e l’ho convinto. 🙂

  2. Arrivare in cima al podio è molto difficile, restarci lo è ancora di più. L’umiltà e il desiderio di confronto aiutano parecchio. Pure un addetto all’immagine che sappia fare il suo mestiere non guasta!

    1. Lo charme poggibonsiano non conosce ostacoli. Peró come al solito la cosa ha diversi aspetti e non tutti immediati da vedere. Chi ha raggiunto “il podio” lo fa di solito in seguito ad un lavoro di qualitá severo e costante. Questo lavoro continua anche nella scelta dei distributori e dei recensori. Specie se le bottiglie prodotte sono poche. Quella che potrebbe sembrare “arroganza da podio” puó in realtá essere una precisa scelta aziendale. Se uno é arrivato li significa che giá si é confrontato, sia con il mercato che con la stampa del ramo. In questi ultimi anni il numero di recensori si é poi moltiplicato, sia nel cartaceo che – specie – nella rete. Una scelta di interlocutori é non solo obbligatoria ma anche vitale: molti recensori, cartacei e telematici, hanno bisogno continuo di “vendere” il proprio prodotto e a tal fine non c’é nulla di meglio che dare un punteggio basso ad una delle icone sacre o scoprire con punteggio alto un vino meno noto. Sorvolo poi sulla preparazione “organolettica” dei recensori: non tutti hanno lo stesso peso specifico, la stessa preparazione e la stessa integritá commerciale. Sia detto senza offendere nessuno. Quindi io che sono sul podio a chi devo mandare la campionatura ? A chi pur preparato integro e capace me la assaggia poi insieme ad altre trentadue vini in una pur seriissima sessione di valutazione regionale o dei vini della stessa DOC ? Se sono sul podio é perché “ho svoltato”, mi sono sottratto alle leggi del mercato ed il mercato in qualche modo me lo scelgo io, recensori compresi.

      1. C’è molto di giusto in quello che dici. Ogni cantina ha il diritto-dovere di scegliersi i canali per comunicare, ma c’è un piccolissimo (se confrontato col numero di cantine che “hanno svoltato”) gruppo, diciamo un centinaio di cantine in Italia che secondo me eccede in questa politica e che alla fine può ritorcersi contro. Magari hanno ragione loro e sbaglio io, però mi sembrava giusto farlo notare.

        1. Non credo se ne esca e la domanda era giá stata posta con risposta analoga giá quattro anni fa: se il produttore immette i vini sul mercato, non dovrebbe avere “paura” a sottometterli ai giudizi di valutatori, specie se di acclarata serietá e competenza come Winesurf.
          Angelo Gaja, il convitato di pietra, non ha bisogno di difese da parte mia, peró ci sono un paio di considerazioni che non possono sfuggire e che valgono nel caso che:

          1) Il produttore puó essere per principio contrario a farsi giudicare.
          Questo per questioni di carattere, economia (quante bottiglie a quante guide, bloggers etc ?) antipatie o simpatie personali.

          2) Il produttore puó essere contrario a che il suo vino venga assaggiato in sedute in cui vengono assaggiati dieci venti trenta e piú vini. Nebbiolo Prima e simili: se fossi produttore sarei preoccupato del fatto che il mio vino venisse assaggiato come numero sedici o ventuno. Magari nella seduta pomeridiana, dal recensore che assaggia Barolo giovani con “i tannini che fischiano”. Non é il massimo: neanche per quanto riguarda la freschezza “atletica” da parte del degustatore appena arrivato da Boston o Adelaide. E scarsa consolazione é che le condizioni sono uguali per tutti.

  3. Anche i piccolissimi produttori come me temono il giudizio espresso in sedute fiume in cui vengono assaggiati tanti vini di grande lignaggio. Temono che risulti umiliato lo sforzo personale, la ricerca di una propria identità, ma è un rischio che bisogna essere disposti a correre.

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