98 non è 100: dubbio o certezza?5 min read

Non si tratta di scomodare messieur De Lapalisse ma di commentare il franco scambio di opinioni avuti con gli analisti dell’ISVEA. Prima di tutto devo rimarcare l’assoluta trasparenza e disponibilità al colloquio di questi signori, che proprio nel momento attuale  potevano avere maggior interesse a rimanere nell’ombra. Per questo mi sento di ringraziarli.
Veniamo adesso a quanto abbiamo saputo e riportato nell’intervista (vedi “Montalcino: la parola a chi fa le analisi per gli States.). Sicuramente  l’affermazione che anche la migliore analisi può essere precisa al massimo al 97-98% mi ha fatto sorgere una serie di grossi quesiti. Questo 97-98% può essere molto e sicuramente lo è, ma nel caso in questione non capisco come faccia a bastare. Facciamo un esempio banale: una donna rimane incinta ed il suo uomo, fidandosi poco di lei ( a torto o a ragione) le chiede di fare un’analisi che stabilisca che il nascituro sia indubbiamente suo figlio. La risposta dell’esame è che il bimbo è figlio di quell’uomo….al 97-98%. Se voi foste quel signore, sareste sicuri?
Questo lo dico non per sminuire il metodo di analisi ma perché non riesco a capire come si possa creare ed ingigantire un problema di proporzioni oramai semibibliche come quello che coinvolge il Brunello,  partendo da un dato che oggi è indimostrabile: cioè che un vino è composto al 100% solo da un tipo di uva. Però da una parte c’è un Consorzio, un disciplinare di produzione  ed un vino che hanno basato la loro comunicazione e la loro fama su questo e dall’altra c’è il governo americano che ha fatto una  richiesta chiarissima “The importer submits a full and accurate statement of contents verified by laboratory analysis, or a statement from the Government of Italy demonstrating that the product is made from 100% Sangiovese grapes”
Così era scritto sulla famosa lettera del 7 maggio 2008 e non si capisce il perché di questa dura presa di posizione se poi veniamo a sapere che il  100% Sangiovese è impossibile da dimostrare dal punto di vista analitico, visto che la precisione di laboratorio (su questo come su qualsiasi altro esame fatto da qualsiasi laboratorio) arriva 2-3 punti percentuali più in basso.
D’altro canto sono convinto che qualsiasi vino, messo in percentuali del 2-3% in un altro vino, non ne cambia assolutamente il profilo organolettico e chimico. Quindi Un 3% di Merlot o Cabernet nel Sangiovese oltre che non rilevabile analiticamente non lo è anche e soprattutto dal punto di vista visivo, olfattivo, gustativo, organolettico in genere. Per questo mi domando: tutti quei Brunello (almeno il 15-20% del totale) che da anni mostrano colorazioni sul porpora e morbidezze gustative strane in un Sangiovese come sono fatti?
Mano a mano che vado avanti a scrivere mi rendo comunque e purtroppo conto che il problema del 97-98% di “Sangiovesità dimostrabile” e di un disciplinare al 100%  da poter/dover cambiare o non cambiare, si presta ad essere rigirato come un calzino.
Le posizioni a riguardo sono molteplici, forse riassumibili in quattro macrocategorie.
1.Quelli che non vogliono cambiare il disciplinare perché credono che la purezza sia la sola arma, anche storica, per poter andare avanti con immutata serietà.
2. Quelli che non vogliono cambiare il disciplinare perché pensano si aprirebbe una voragine dove entrerebbe di tutto.
3. Quelli che lo vogliono cambiare in buona fede con percentuali minime (anche 2-3%) perché credono che il 100% sia comunque troppo restrittivo e spesso si può essere portati a “superarlo” per poter produrre, anno dopo anno, un vino decente.
4. Quelli che lo vogliono cambiare non in buona fede per poter fare (o fare ancora di più) i propri comodi.
Ognuna delle 4 categorie (esclusa forse la quarta, che però non si presenta mai così sfacciatamente) hanno pro e contro. In questo momento non sento di schierarmi perché mi sembra di essere dentro una commedia di Pirandello dove la verità è sempre diversa a seconda di chi la racconta. C’è la verità del Consorzio e del Disciplinare che parla chiaramente di 100% di Sangiovese, ma anche quella analitica che non prevede la dimostrabilità del suddetto 100%.
Ci sono gli americani che chiedono il 100% ma si “accontentano” di fatto del 97-98%. Ci sono Brunelli che per anni sono stati presentati come “veri” Sangiovese 100%, quando chiaramente non lo erano ma nessuno poteva e voleva dimostrarlo. Ci sono Brunelli veri fatti da Sangiovese al 100% che vengono bocciati alle commissioni di assaggio perché non riconosciuti idonei per il disciplinare dalle stesse commissioni d’assaggio che hanno passato quei “veri” Brunelli che per anni abbiamo giudicato come dubbi. Troppe verità, troppi nodi per un povero giornalista.
Di una cosa però sono convinto: in commercio si dovrebbe poter scrivere solo ciò che si può dimostrare  “al di là di ogni ragionevole dubbio”.
Se io ristoratore scrivo che uso solo pesce fresco devo poterlo dimostrare in ogni momento, altrimenti dovrò mettere sul menù un asterisco per indicare quello congelato.
Se io dico che un maglione è 100% lana d’angora ( e lo faccio pagare di conseguenza) devo poter dimostrare in ogni momento la sua composizione, altrimenti dovrò riportare sul cartellino una percentuale minore.
Sei io produco un vino che affermo essere fatto con il 100% di Sangiovese (o Nebbiolo, o Pinot Nero, o Cabernet Sauvignon) devo poter dimostrare, in ogni momento che è veramente così. Ma se il modo per dimostrarlo è preciso al 97%, non sarebbe forse più giusto dire che è Sangiovese al 97%?
Però, nello stesso tempo mi  domando. Se il Brunello venisse presentato al mondo come il grande vino fatto con Sangiovese al 97% avrebbe ed avrebbe avuto lo stesso appeal? La risposta o le risposte datevele da soli, però parliamone!

Carlo Macchi

Sono entrato nel campo (appena seminato) dell’enogastronomia nell’anno di grazia 1987. Ho collaborato con le più importanti guide e riviste italiane del settore e, visto che non c’è limite al peggio, anche con qualcuna estera. Faccio parte di quel gruppo di italiani che non si sente realizzato se non ha scritto qualche libro o non ha creato una nuova guida sui vini. Purtroppo sono andato oltre, essendo stato tra i creatori di una trasmissione televisiva sul vino e sul cibo divenuta sicuramente la causa del fallimento di una nota rete nazionale. Riconosco di capire molto poco di vino, per questo ho partecipato a corsi e master ai quattro angoli del mondo tra cui quello per Master of Wine, naturalmente senza riuscire a superarlo. Winesurf è, da più di dieci anni, l’ultima spiaggia: dopo c’è solo Master Chef.


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