Nel Chianti gli animali selvatici “bevono” più di un Vinitaly3 min read

Cinghiali, caprioli, daini, cervi e in generale la fauna selvatica chiantigiana consumano più vino di quanto se ne stappi a Vinitaly!

 

Naturalmente cinghiali e company non lo bevono ma lo mangiano, ognuno con proprie predilezioni: i caprioli infatti amano i germogli delle viti in primavera e certe volte riescono a distruggere interi vigneti, mentre gli altri amano più l’uva e se ne mangiano quantità industriali, arrivando con i cervi a ingurgitarne anche più di 20 chili per volta.

 

Il dato del Vinitaly l’ho ricavato da una mia personale inchiesta tra i produttori, perché non ne esiste uno che non abbia avuto perdite d’uva a causa di animali selvatici!

 

Mettiamo che come minimo un’azienda perda 100 chili d’uva, questi diventano almeno 50 litri di vino, e salendo con i quantitativi “bevuti” si fa alla svelta ad arrivare a cifre, purtroppo, da capogiro.

 

Durante una conferenza pubblica di qualche tempo fa il responsabile di  Rocca di Castagnoli ha dichiarato che, nonostante la spesa di 80.000 euro in recinzioni, gli animali selvatici nella vendemmia 2015 gli hanno mangiato 700 quintali d’uva, pari a circa 490 ettolilitri di vino!!!

 

Questo non è un dato isolato, perché durante la stessa conferenza Badia a Coltibuono ha parlato di un danno  valutabile in circa 30.000 bottiglie di vino, mentre sempre nella stessa occasione  Ricasoli e Castello di Meleto hanno dichiarato  gravi danni ai vigneti, senza però quantificarli “in vino”. Come potete capire, altro che l’equivalente delle bottiglie bevute al Vinitaly…..

 

Oramai è chiaro che non si tratta di alcuni animali selvatici ma di una vera e propria popolazione che ogni anno, nonostante le (poche) caccie di selezione, aumenta.

Aumenta nonostante gli agricoltori cerchino in tutti i modi di sensibilizzare le autorità e spendano fior di soldi per salvare il salvabile.

 

Purtroppo questa situazione, che mina fortemente un settore produttivo come quello della viticoltura, probabilmente porta acqua al mulino di altri settori, in primis caccia e animalisti.

I primi sembra che addirittura vadano a dare da mangiare agli animali nei periodi in cui la caccia è chiusa, per poi ritrovarli “in forze” quando serve.

I secondi guardano i begli occhioni dei caprioli e gridano allo scandalo se vengono toccati.

 

A monte occorre considerare alcune cose: i cinghiali oramai da tempo si sono ibridati con i maiali e questo porta a covate non di uno, massimo due cinghialetti, ma anche di 7-8. I calcoli sulla riproduzione spontanea dei caprioli vennero a suo tempo completamente sbagliati dagli enti preposti, con il risultato che la popolazione è salita enormemente, mentre non è salito allo stesso modo  il numero di cacciatori autorizzati a cacciate di selezione.

 

Oramai non si tratta di un problema circoscritto a qualche produttore ma tocca in maniera più o meno grave non solo la viticoltura, non solo  tutto il settore agricolo  ma la sicurezza stessa degli abitanti. Proprio ieri andando da Poggibonsi a San Gimignano alle 8 di mattina mi hanno attraversato la strada ben 6 caprioli e oramai giornalmente si leggono notizie di incidenti stradali anche gravi a causa degli attraversamenti di cinghiali o caprioli.

 

Oramai cinghiali e caprioli vengono avvistati regolarmente nei centri abitati ed è veramente rischioso, sia di notte che di giorno, viaggiare per strade di campagna.

 

A questo punto il governo regionale deve intervenire con forza per cercare di fermare questo costosissimo  “Vinitaly”. Occorre ristabilire un equilibrio che permetta agli animali di crescere in tranquillità e ai produttori di fare senza problemi il loro lavoro.

 

Carlo Macchi

Sono entrato nel campo (appena seminato) dell’enogastronomia nell’anno di grazia 1987. Ho collaborato con le più importanti guide e riviste italiane del settore e, visto che non c’è limite al peggio, anche con qualcuna estera. Faccio parte di quel gruppo di italiani che non si sente realizzato se non ha scritto qualche libro o non ha creato una nuova guida sui vini. Purtroppo sono andato oltre, essendo stato tra i creatori di una trasmissione televisiva sul vino e sul cibo divenuta sicuramente la causa del fallimento di una nota rete nazionale. Riconosco di capire molto poco di vino, per questo ho partecipato a corsi e master ai quattro angoli del mondo tra cui quello per Master of Wine, naturalmente senza riuscire a superarlo. Winesurf è, da più di dieci anni, l’ultima spiaggia: dopo c’è solo Master Chef.


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