Barolo 2010: non come il 2006, ma….3 min read

Parlare dei risultati degli assaggi dei Barolo 2010 praticamente alla fine dell’anno può sembrare un voler chiudere la stalla dopo che i buoi sono scappati da tempo. In effetti, anche se oramai tutte le guide sono già uscite con i loro giudizi e addirittura alcuni importanti guru esteri stanno assaggiando la nuova annata, crediamo sia meglio arrivare buoni ultimi, specie se questo vuol dire degustare per ultimi vini che hanno il sacrosanto bisogno di affinarsi il più possibile.

In realtà noi abbiamo assaggiato “per primi e per ultimi”: a maggio durante Nebbiolo Prima e a novembre quando siamo tornati assieme ai Giovani Promettenti. Per questo ci sentiamo ancora una volta di ringraziare Albeisa che ci ha ospitato entrambe le volte  ed il Consorzio del Barolo, Barbaresco, Alba, Langhe e Roero che ci ha organizzato la degustazione novembrina.

 

Alla fine dei salmi ci siamo ritrovati con una massa di vini assaggiati veramente ingente (270), la stragrande maggioranza almeno due volte. Questo ci permette di essere abbastanza sicuri sia dei nostri singoli giudizi sia dell’idea generale che ci siamo fatti dell’annata.

 

I singoli giudizi li potrete leggere cliccando qui, mentre per quanto riguarda la valutazione dell’annata non possiamo prescindere da un numero:  2.74. Questa è la media stelle che, prendendo in considerazione un numero ingente di campioni è veramente valida e lo è ancor di più se pensiamo che la media dell’annata 2006 fu di 2.64.

 

Questo vorrebbe forse dire che la 2010 è superiore al 2006?? Procediamo con calma. I numeri gli danno ragione ma forse la differenza sostanziale tra queste due vendemmie è che la 2006 al momento dell’assaggio era  ovattata e in via di formazione, mentre la 2010 è sicuramente più pronta e apprezzabile.

 

Questo sicuramente più al naso che in bocca: infatti una discreta fetta di aromi possono essere classificati tra le note mature, mentre le strutture sono senz’altro più austere anche se con tannini di bella dolcezza.

 

Con le altre annate (2007-2008-2009) il 2010 ha in comune il fatto di non avere grandi picchi, ma un gran numero di buoni-ottimi vini. Baroli che finalmente hanno messo alle spalle la diatriba modernisti-tradizionalisti, divenendo solo vini che, in alcuni casi, hanno una forte o eccessiva marca di legno; cosa che si nota ancor di più in un mondo che sta tornando a più miti consigli per quanto riguarda l’uso del legno. In questo l’annata 2010 è maestra, con ben pochi vini dove il legno è sovradosato.

 

Una riflessione forse ingenua ma, se ben ricordo, i Barolo appena entrati in commercio  di diversi anni fa difficilmente mostravano note di frutta molto matura al naso, mostrando al loro posto una precoce terziarizzazione. Oggi invece, complici le nuove tecniche di vigna e di cantina, le note fruttate rimangono per diversi anni e quando queste, in annate calde, virano sul maturo, diversi vini mostrano molto di più la corda, dal punto di vista aromatico.

 

Questo è un discorso molto in generale ma credo sia un fatto che la terziarizzazione di vini importanti come il barolo sia un processo che le moderne tecniche hanno procrastinato nel tempo. In questo “limbo aromatico”, durante le annate calde, il barolo non ha certo le finezze che i molti anni di invecchiamento possono dargli.

 

Ma lasciamo un attimo da parte i vini e parliamo dei produttori: non possiamo tacere che una discreta fetta dei cosiddetti “produttori top” non abbiano mandato i loro vini (non li hanno mandati sia per Nebbiolo Prima sia direttamente a noi per gli assaggi di novembre) e questo ci dispiace molto, perché crediamo oramai di essere una rivista conosciuta e apprezzata.

Ognuno è libero di far assaggiare i propri vini a chi vuole, ma crediamo che un informazione più completa e capillare non possa certo far male, almeno al territorio.

 

Chiudiamo quindi con una speranza, che la prossima Nebbiolo Prima segni il ritorno di tanti nomi importanti in assaggio, riportandola così al ruolo di grande e completa vetrina del territorio.

Carlo Macchi

Sono entrato nel campo (appena seminato) dell’enogastronomia nell’anno di grazia 1987. Ho collaborato con le più importanti guide e riviste italiane del settore e, visto che non c’è limite al peggio, anche con qualcuna estera. Faccio parte di quel gruppo di italiani che non si sente realizzato se non ha scritto qualche libro o non ha creato una nuova guida sui vini. Purtroppo sono andato oltre, essendo stato tra i creatori di una trasmissione televisiva sul vino e sul cibo divenuta sicuramente la causa del fallimento di una nota rete nazionale. Riconosco di capire molto poco di vino, per questo ho partecipato a corsi e master ai quattro angoli del mondo tra cui quello per Master of Wine, naturalmente senza riuscire a superarlo. Winesurf è, da più di dieci anni, l’ultima spiaggia: dopo c’è solo Master Chef.


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