“Oggi la capacità di resilienza del comparto vinicolo italiano è messa a dura prova, condizionata da forze politiche, economiche e sociali che non sembrano considerare il vino quell’elemento centrale della cultura occidentale qual’ è stato per secoli”, ha commentato Alessandro Torcoli, direttore di Civiltà del bere, durante il convegno in apertura dell’edizione 2024 di VinoVip a Cortina.
Sempre nello stesso convegno ha parlato il Prof. Luigi Moio “Dal 2010 in poi il vino ha avuto una grandissima accelerazione: tanti si sono avvicinati a questo mondo perché di tendenza e tanti si sono ritrovati a fare vino, ma senza verificare le scienze agrarie e senza una forte competenza”. Per questo motivo è necessario fondere l’enologia alla viticoltura e prosegue “La grande attenzione ha anche reso il vino sempre più oggetto di campagne proibizioniste e a volte, per difenderlo, abbiamo rischiato dei gravi danni di comunicazione. Il vino è una delle invenzioni più belle dell’uomo, ma l’alcol è nocivo, questo ormai è assodato ed è necessario essere trasparenti e dirlo in modo chiaro e semplice, incentivando un consumo consapevole, senza arrivare a demonizzare l’intero prodotto.”
Andrea Lonardi, Master of Wine, ha portato invece alla luce la necessità di sintonizzare il brand con il tempo presente e futuro. “Oggi si parla sempre più di vocazionalità e di monovitigno, viviamo una crisi della soddisfazione edonistica del vino perché non è più di moda, i vini bianchi di collina e di montagna lasciano il passo ai vini bianchi del mare, i vini rossi di qualità devono essere consumati a temperatura diversa, le bolle di qualità diventano sempre più gastronomiche. La verità è che ciò che cambia oggi è la velocità dei cambiamenti e per questo occorre essere alternativi e contemporanei e avere il coraggio di auto-valutarsi in maniera intima per sintonizzarsi con il presente e con il futuro”. Inoltre ha sottolineato il fatto che il cambio dei consumi a livello mondiale è a causa della crisi di “satisfaction” perché il vino non è più di moda. I giovani non bevono meno vino anzi, sono molto più acculturati dei boomers e bevono molto più vino dei giovani del passato con un potere d’acquisto maggiore, ma oggi sono in numero minore.
Interessante anche l’intervento di Giovanni Bigot agronomo, consulente e ricercatore esperto in viticoltura biologica, che si è focalizzato sulla forza della biodiversità e sulla necessità di preservare la genetica dei vitigni che si sono adattati ad un particolare terroir. Troppa la semplificazione e standardizzazione dei sistemi di coltivazione e dei cloni messi a disposizione dai vivaisti negli ultimi trent’anni. “Oggi va trasmessa una cultura viticola che ponga il terreno al centro di tutto. Quando un vitigno si adatta a un terroir diverso rispetto al solito, questa capacità viene trasferita alla progenie: ecco perché lo studio e la conservazione della genetica del vitigno in seguito al suo adattamento, permette di organizzare al meglio il patrimonio viticolo mondiale. Non possiamo pensare di perdere questo bagaglio di gran valore.”

L’epigenetica è il valore nel quale investire nel futuro, una pianta che resiste si adatta ad uno stress, registra l’adattamento al di sopra del nucleo e viene trasmesso alla progenie. Dare valore a questi vitigni che possono essere preziosi nei futuri impianti e chiedere ai vivaisti che prendano le gemme dai nostri vigneti che si sono adattati e non quelle di vigneti che vengono da altri Paesi. Provocatoriamente, a causa del cambiamento climatico l’Italia parte “avvantaggiata” grazie al suo patrimonio di biodiversità dei vitigni che ha sul suo territorio: questo patrimonio va salvaguardato evitando l’omologazione con cloni internazionali che non hanno storicità con il terroir dove andranno collocati.
Il convegno si è concluso con l’intervento del prof. Eugenio Pomàrici, professore ordinario dell’Università di Padova, che ha sottolineato come l’Italia adotti una produzione distrettuale, capace di generare distretti resilienti e che questa struttura frammentata sia stata il suo elemento di forza. L’Italia dispone di varietà che si sono adattate in ogni luogo, per questo c’è grande potenziale di resilienza e nel futuro sarà più probabile che aumenterà l’interesse sui vitigni autoctoni per recuperare le acidità. Coraggio, apertura al cambiamento, corretta comunicazione e soprattutto crederci permetterà di affrontare un futuro che nei prossimi anni sarà fatto di cambiamenti sempre più veloci.