VinoVip 2024 a Cortina: convegno sul futuro del vino4 min read

“Oggi la capacità di resilienza del comparto vinicolo italiano è messa a dura prova, condizionata da forze politiche, economiche e sociali che non sembrano considerare il vino quell’elemento centrale della cultura occidentale qual’ è stato per secoli”, ha commentato Alessandro Torcoli, direttore di Civiltà del bere, durante il convegno in apertura dell’edizione 2024 di VinoVip a Cortina.

Sempre nello stesso convegno ha parlato il Prof. Luigi Moio “Dal 2010 in poi il vino ha avuto una grandissima accelerazione: tanti si sono avvicinati a questo mondo perché di tendenza e tanti si sono ritrovati a fare vino, ma senza verificare le scienze agrarie e senza una forte competenza”. Per questo motivo è necessario fondere l’enologia alla viticoltura e prosegue “La grande attenzione ha anche reso il vino sempre più oggetto di campagne proibizioniste e a volte, per difenderlo, abbiamo rischiato dei gravi danni di comunicazione. Il vino è una delle invenzioni più belle dell’uomo, ma l’alcol è nocivo, questo ormai è assodato ed è necessario essere trasparenti e dirlo in modo chiaro e semplice, incentivando un consumo consapevole, senza arrivare a demonizzare l’intero prodotto.”

Andrea Lonardi, Master of Wine, ha portato invece alla luce la necessità di sintonizzare il brand con il tempo presente e futuro. “Oggi si parla sempre più di vocazionalità e di monovitigno, viviamo una crisi della soddisfazione edonistica del vino perché non è più di moda, i vini bianchi di collina e di montagna lasciano il passo ai vini bianchi del mare, i vini rossi di qualità devono essere consumati a temperatura diversa, le bolle di qualità diventano sempre più gastronomiche. La verità è che ciò che cambia oggi è la velocità dei cambiamenti e per questo occorre essere alternativi e contemporanei e avere il coraggio di auto-valutarsi in maniera intima per sintonizzarsi con il presente e con il futuro”. Inoltre ha sottolineato il fatto che il cambio dei consumi a livello mondiale è a causa della crisi di “satisfaction” perché il vino non è più di moda. I giovani non bevono meno vino anzi, sono molto più acculturati dei boomers e bevono molto più vino dei giovani del passato con un potere d’acquisto maggiore, ma oggi sono in numero minore.

Interessante anche l’intervento di Giovanni Bigot agronomo, consulente e ricercatore esperto in viticoltura biologica, che si è focalizzato sulla forza della biodiversità e sulla necessità di preservare la genetica dei vitigni che si sono adattati ad un particolare terroir. Troppa la semplificazione e standardizzazione dei sistemi di coltivazione e dei cloni messi a disposizione dai vivaisti negli ultimi trent’anni. “Oggi va trasmessa una cultura viticola che ponga il terreno al centro di tutto. Quando un vitigno si adatta a un terroir diverso rispetto al solito, questa capacità viene trasferita alla progenie: ecco perché lo studio e la conservazione della genetica del vitigno in seguito al suo adattamento, permette di organizzare al meglio il patrimonio viticolo mondiale. Non possiamo pensare di perdere questo bagaglio di gran valore.” 

L’epigenetica è il valore nel quale investire nel futuro, una pianta che resiste si adatta ad uno stress, registra l’adattamento al di sopra del nucleo e viene trasmesso alla progenie. Dare valore a questi vitigni che possono essere preziosi nei futuri impianti e chiedere ai vivaisti che prendano le gemme dai nostri vigneti che si sono adattati e non quelle di vigneti che vengono da altri Paesi. Provocatoriamente, a causa del cambiamento climatico l’Italia parte “avvantaggiata” grazie al suo patrimonio di biodiversità dei vitigni che ha sul suo territorio: questo patrimonio va salvaguardato evitando l’omologazione con cloni internazionali che non hanno storicità con il terroir dove andranno collocati.

Il convegno si è concluso con l’intervento del prof. Eugenio Pomàrici, professore ordinario dell’Università di Padova, che ha sottolineato come l’Italia adotti una produzione distrettuale, capace di generare distretti resilienti e che questa struttura frammentata sia stata il suo elemento di forza. L’Italia dispone di varietà che si sono adattate in ogni luogo, per questo c’è grande potenziale di resilienza e nel futuro sarà più probabile che aumenterà l’interesse sui vitigni autoctoni per recuperare le acidità.  Coraggio, apertura al cambiamento, corretta comunicazione e soprattutto crederci permetterà di affrontare un futuro che nei prossimi anni sarà fatto di cambiamenti sempre più veloci.

Letizia Simeoni

Beata la consapevole ignoranza enologica. Finchè c’è ti dà la possibilità di approcciarsi alla conoscenza! Prosit.


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