Vinexpò ultimo giorno: tanti rosati e “l’ondivaga” Georgia3 min read

“I discorsi della sera non conbinano con quelli del mattino.” Una frase che mio padre ripeteva fino allo sfinimento esortandomi a non fare programmi avventati. E infatti, al quarto giorno di Vinexpò, non uno dei piani approntati la sera si è poi realizzato.

Mi ero ripromesso per oggi di completare il giro di assaggi dei vini californiani e dello stato di New York ma, dopo la piccola incursione di ieri (con l’aiuto della nota blogger Du Cognomi) il rischio di imbattersi in un coacervo di vini ricchi di estratti e tannini assortiti in infusione alcolica era troppo alto.

Così mi son detto “Facciamoci un giretto e poi vediamo”, tanto le note sui rosati che avevo promesso per oggi le avevo già abbozzate.

Per puro caso, mi sono fatto accalappiare da una giovane e dotata donzella nello spazio dedicato alla Georgia. A questo punto mi si è attivato il neurone e le sinapsi hanno iniziato a creare collegamenti con il mondo antico, i riti e le danze della vendemmia in asia, le anfore, il filmato di Scienza e Perderzoli, i vitigni dell’alba del mondo e mi sono addentrato nella culla della viticoltura. Una culla vecchia di ottomila anni ed oggi invero molto basculante: vitigni dai nomi impronunciabili e vini in parte deludenti in parte originali.

36 vini assaggiati da 6 cantine che, ho scoperto dopo, fanno tra i 4 e i 6 miloni di bottiglie, proponendo un’immagine della Georgia vitivinicola come un paese in risalita produttiva dopo il blocco imposto da Putin nel 2006. Nell’immaginario del pubblico, la Georgia è indubbiamente un paese che esercita un notevole fascino per via della sua storia antica e del ricco patromonio di vitigni originali a disposizione. I bianchi assaggiati hanno uno stile piuttosto semplice (quando non macerati nelle kevri), con bassa alcolcità, un bouquet aromatico molto delicato e una freschezza innata che li rende facili da bere. Il vitigno bianco piu’ diffuso si chiama Rkatsiteli e quello rosso Saperavi, vinificato anche in versione demi-sec che pare sia molto apprezzata in loco. Shilda Winery, Corporatione Georgian Wine,Kakhetian winemaking e Khareba Winery le piu’ interessanti. Immagino tuttavia che la selezione di aziende georgiane presenti a Vinexpo’ non rifletta appieno tutta la diversità di stili e di vitigni che la Georgia può offrire, altrimenti non si comprende dove sia l’attrattiva, sottolineata anche oggi da Sarah Abbot MW.

Solo ancora qualche nunero: La Georgia esporta il 30% dei vini prodotti in 41 paesi. Il secondo mercato per loro è la Cina. Nel 2013 e 2014 sono stati impiantati 5.000 nuovi ettari e oggi ci sono circa 200 cantine attive.

Ma veniamo ai rosati, una tipologia che si sta allargando a macchia d’olio anche in Italia e che pare inizi ad incontrare il gradimeno del pubblico. Qui in Francia l’apprezzamento dei rosati è un fatto consolidato. Nel mondo il peso di rosati è del 11%, i francesi invece detengono una quota del 31% di questo mercato. La Provenza produce il 42% dei suoi vini in rosa. Dal 1994 in Francia si beve piu’ vino rosato che bianco, con un incremento quest’anno del 30% nei consumi interni.

Le cantine che suggerisco, tra quelle presenti nella spazio Vin de Provence sono Vignoble Austruy a Flassan sur Issole, Maison saint Aix a Jouques, Château Des Bertrands a Le Cannet des Maures e Château Calissanne a Lancon Provence.

La base di questi rosati è quasi sempre costituita da un assemblaggio di Grenache, Cinsault e Mourvedre, poi a volte ci si trova del Rolle, del Carignan e del Syrah.

Per la maggior parte sono vini semplici, ben profumati e fragranti, con una acidità direi calcolata e misurata in modo tale da fornire un profilo snello senza essere acidulo e dare una pseudo sensazione di salinità finale.

Lascio Vinexpò con un unico rimpianto, non avere avuto una guida come Pasquale Porcelli per addentrarmi nel mondo dei vini spagnoli, cui era dedicata la posizione d’onore in questa diciannovesima edizione.

Giovanni Solaroli

Ho iniziato ad interessarmi di vino 4 eoni fa, più per spirito di ribellione che per autentico interesse. A quei tempi, come in tutte le famiglie proletarie, anche nella nostra tavola non mancava mai il bottiglione di vino. Con il medesimo contenuto, poi ci si condiva anche l’onnipresente insalata. Ho dunque vissuto la stagione dello “spunto acetico” che in casa si spacciava per robustezza di carattere. Un ventennio fa decisi di dotarmi di una base più solida su cui appoggiare le future conoscenze, e iniziai il percorso AIS alla cui ultima tappa, quella di relatore, sono arrivato recentemente. Qualche annetto addietro ho incontrato il gruppo di Winesurf, oggi amici irrinunciabili. Ma ho anche dei “tituli”: giornalista, componente delle commissioni per la doc e docg, referente per la Guida VITAE, molto utili per i biglietti da visita. Beh, più o meno ho detto tutto e se ho dimenticato qualcosa è certamente l’effetto del vino.


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