Vinexpo 2011: nessun dorma!7 min read

Qualche giorno fa, trascinato da un entusiasmo giovanile, mi ero avventurato a scrivere le mie prime impressioni su Vinexpo.

 Nello scegliere la formula di quella sottospecie di report, la scelta cadde casualmente sulla più facile e immediata, quella di metterne a confronto alcuni aspetti con il nostro Vinitaly. Una sorta di partitella tra cugini, favorita più che da trascorsi calcistici,dal fatto che proprio in quei giorni era uscita la notizia del sorpasso sulla Francia in fatto di produzione vinicola.

Mi era parsa una congiunzione “astrale” quanto mai propizia ma ora, a Vinexpò chiuso, più che rimarcare differenze e insistere nuovamente su confronti inappropriati, mi sembra più giusto utilizzare la formidabile mole di informazioni che il centro studi Vinexpò ha messo a disposizione della stampa. Una monumentale cartella che, dopo aver svolto egregiamente il ruolo di zavorra personale contro il vento atlantico, ha poi proseguito la sua carriera come manubrio per gli allenamenti serali, fino a quando è riemersa, al quarto giorno di esplorazione, da sotto un cumulo di circa 18 tonnellate di depliant che mi sono portato a casa.

Secondo l’autorevole opinione di Anne Cusson, direttrice dell’ufficio stampa di Vinexpò, per i produttori è venuto il momento di abbandonare le politiche di effetto e di forte impatto creativo volte alla creazione di prodotti-tendenza, per dedicarsi anema e core ai vini varietali, i quali sembrerebbero gli unici capaci di attirare i consumatori. Vini molto più legati ai loro territori di origine, facilmente identificabili da chi dovrà sostenere il consumo di vino nei prossimi anni, giovani e donne soprattutto e aggiungo io, vini dall’intrinseca caratteristica di saper infondere un bonus di cultura,tradizione ed emozione.

A patto,naturalmente, che lo si sappia comunicare. E lo si dovrà comunicare ad un mercato che in cifre vale attualmente 389 miliardi di dollari statunitensi( valore rilevato al dettaglio), set a dir la bazzecola di 31,5 miliardi di bottiglie,in aumento del 4,5% sul 2005.  Queste cifre, seppur impressionanti, non tengono conto del valore apportato da alcolici e superalcolici, cui Vinexpò dedica il 12% dei 95.000 mq. di superficie espositiva. Ma come si possono migliorare le vendite di vino, vero cahier de doleance, non solo dei produttori ma di tutta la filiera che gli gravita attorno, dopo due anni di crisi come il 2009 e 2010?

I francesi paiono avere individuato, sempre secondo quanto fotografa l’ufficio studi, nella parola d’ordine “dinamizzare i mercati” una delle possibili strategie, da attuare mediante l’applicazione di tattiche flessibili. Parole fumose? Probabile! Ma il fatto certo è che la crescita, variamente distribuita, si basa sullo sviluppo degli scambi internazionali e trae sostentamento dall’apertura di nuovi mercati-consumatori, nuovi paesi, nuove generazioni visto che, a conti fatti, i “vecchi” consumano di meno. Sottoscritto e famigliari esclusi, dal momento che a metà anno abbiamo già abbondantemente superata la  nostra quota annuale fissata, secondo la media di Trilussa, a 47,5 litri procapite. 

Dopo aver lanciato la parola d’ordine “dinamizzare i mercati”, a Vinexpò si è potuto intravedere di cosa siano capaci i francesi quando si tratta di vendite e marketing. A cominciare dai Tasting by Vinexpò che hanno offerto a stampa, compratori, e addetti ai lavori in senso più lato, una martellante batteria di iniziative volte a far conoscere i vini, le loro storie, i legami con i territori e le ultime annate. Tanto per capire di cosa stiamo parlando, l’UGCB (la potentissima Union des Grand Crù de Bordeaux) ha avuto in cantiere, in pratica ogni giorno, sedute di assaggio di tutte le denominazioni più importanti: Sauternes e Barsac, Mèdoc e Haùt Médoc, Pomerol e Saunt Emilion, Pessac Léognan, etc. con oltre un centinaio di vini per AOC,(assenti i Crù dal 1° al 4° livello) dell’annata 2010, ancora non in vendita.

In questo frangente si è scelto, visto anche la quantità elevata di etichette, di utilizzare la formula dell’assaggio non guidato, ad ognuno è stato fornito di carnet di degustazione e poi via ad assaggiare.  Per l’Alsazia invece, è stata proposta una formula più emozionale. Piatto alsaziano con 8 finger food da abbinare a 8 vini. Presentazione bilingue video, con due speaker che leggevano testi poetici agganciati ai vitigni e successivo commento dei vini, molto veloce e professionale. Saletta piena a metà di orientali e gran finale sull’ultimo vino con l’aria di Nessun dorma dalla Turandot.

Quando Pavarotti ha attaccato le parole “All’alba vincerò”, le più intense della romanza, il pubblico si è alzato in piedi manco fosse l’inno nazionale del vino. E pensare che è tutta roba nostra… 

 

Beh, credo sia ora di concludere perché il rischio di annoiare sta aumentando progressivamente. E quale migliore conclusione se non quella di berlinare* (* altra forma all’infinito del verbo mettere alla berlina, dal dizionario Quattroruote edizioni Domus)i francesi nelle loro debolezze?  

1) Opportunismo geopolitico: dopo aver preteso dagli argentini il saldo del mega stand in valuta pregiata pagamento anticipato ed averlo piazzato sul corridoio di transito tra due hall, gli hanno piazzato di fronte il loro stand “Cahòrs, il Malbec di Francia”.

2) A qualcuno NON piace caldo: una Maison di Champagne ha messo a disposizione (vedi foto) una sosia di Marilyn Monroe per farsi ritrarre mentre si degusta la cuvéé dedicata alla bionda fatale. Ben 36 minuti di attesa solo per poter vedere da vicino quanto fosse spesso il cerone del trucco. Non proprio un legame con il territorio, piuttosto un coup de coeur da scollatura.
3)  Al bar delle Folle Bergere, ovverossia da Manet: Nel noto dipinto, riprodotto in uno stand per l’occasione, viene raffigurata quella cosa strana, tutta francese, che chiamano “la joie de vivre”. In effetti, una lettura più approfondita ed analitica dei soggetti ritratti, evidenzia l’amore realistico per il gesto quotidiano, il gusto per la natura morta realizzato mediante la sapiente giustapposizione di elementi maschili e femminili. Il tocco “umidiccio e piovoso” dell’uomo simboleggia la voglia di fuga dalla folla e dal chiasso. La luce penetra, alla maniera impressionista, restituendoci un senso cromatico puro e vivo che comunque non anima la scena. In definitiva il soggetto maschile, per l’immediatezza della visione, la chiarezza della luce, la semplicità del soggetto, rischierà il collasso coronarico aprendo definitivamente la strada al nuovo modo di intendere la comunicazione sensoriale del vino in un quadro di totale libertà espressiva.

4) Il Deserto dei Tartari: Alla fine della fiera, inteso in senso letterale, resta da fare il lavoro più duro e quello non spetta a noi se non in minima parte, bensì a produttori, negozianti,ristoratori che dovranno cercare di conquistare, anche se sarebbe più opportuno utilizzare il termine “strappare”, qualche decimale di questa grande torta che si chiama Mercato Mondiale del Vino dalle mani di altri. Una torta che sarà più grande del 3,18% entro il 2014 e dell’8,6% entro i prossimi dieci anni. Una crescita tutta sulle spalle di USA, Cina e Russia. E siccome il fatturato mondiale del vino crescerà il doppio rispetto all’aumento del consumo, e una bottiglia su quattro è “vino importato”, sarà ora di darsi una mossa e sfogliare il dizionario alla voce “fare sistema”.

Nota a margine, ma non poi tanto. Devo ringraziare il Masna per la sua guida ai piaceri di Bordeaux, grazie alla quale ho potuto dar corpo allo slogan “Il Lusso è un diritto” che da qualche giorno, tramite la faccia (e probabilmente anche la voce) di Vincent Cassel, mi sta tormentando. So-spinto da tale imperativo categorico abbiamo cenato da Fauchon, alias Comptoir Cuisine ed e lì, proprio lì, che abbiamo incontrato Angelo Gaja e Oliviero Toscani abbarbicati a bottiglie di Chateu Palmer, in saldo naturalmente.

Giovanni Solaroli

Ho iniziato ad interessarmi di vino 4 eoni fa, più per spirito di ribellione che per autentico interesse. A quei tempi, come in tutte le famiglie proletarie, anche nella nostra tavola non mancava mai il bottiglione di vino. Con il medesimo contenuto, poi ci si condiva anche l’onnipresente insalata. Ho dunque vissuto la stagione dello “spunto acetico” che in casa si spacciava per robustezza di carattere. Un ventennio fa decisi di dotarmi di una base più solida su cui appoggiare le future conoscenze, e iniziai il percorso AIS alla cui ultima tappa, quella di relatore, sono arrivato recentemente. Qualche annetto addietro ho incontrato il gruppo di Winesurf, oggi amici irrinunciabili. Ma ho anche dei “tituli”: giornalista, componente delle commissioni per la doc e docg, referente per la Guida VITAE, molto utili per i biglietti da visita. Beh, più o meno ho detto tutto e se ho dimenticato qualcosa è certamente l’effetto del vino.


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