Vignerons in Toscana: bersaglio centrato ma…..3 min read

Un migliaio di vignerons sono arrivati da tutta Europa a Montecatini e poi a Firenze tra il 5 e il 7 dicembre per un incontro   (Vignerons d’Europe) che poneva anzitutto l’urgenza di autodefinirsi: chi sono, cosa li anima e cosa si propongono, anche se il tema centrale dichiarato era la sostenibilità della vitivinicoltura.

Fortemente voluto da Slow Food dopo la prima riunione a Montpellier due anni fa (in cui più che altro si era affrontata di petto la  riforma OCM), l’evento ha centrato l’obiettivo, uscendo con un documento essenziale illustrato l’ultima mattina nel Salone dei 500 di Palazzo Vecchio. "Il vignaiolo si prende cura in prima persona della vigna, della cantina e della vendita" è una perentoria autodefinizione. "Il vignaiolo pratica la trasparenza: dice quello che fa e fa quello che dice" è dichiarazione di rara eticità, e Dio sa se ce n’è bisogno. Ancora: "Il vignaiolo come agricoltore si assume la responsabilità di preservare e migliorare la fertilità del suolo e l’equilibrio degli ecosistemi" non entra nel merito dei dettami biologici, biodinamici o "naturali" ma è una grossa assunzione di responsabilità. Altro punto non da poco è che "custodisce e modella il paesaggio nel rispetto della biodiversità e della cultura del proprio territorio, che racconta e arricchisce".

 A Montecatini era stata messa molta più carne al fuoco, e chi ha seguito i vari seminari l’ha potuto apprezzare. Ha aperto i lavori proprio quello dedicato a "Identità ed etica del vignaiolo", per definizione non omologabile al produttore di altri generi alimentari ma ben distinto anche dal fabbricante dei vini definiti "di plastica". Costantino Charrere ha parlato a nome del Cervim e della "viticoltura eroica" su montagne e isole. Sono risaltate forti le individualità di approcci e filosofie: se Domenico Pasetti scrive sulle sue etichette "se bevi non guidare" forse non tutti gli altri sono d’accordo, ma se ne apprezza la sincera convinzione. Su tutte può valere l’ esortazione di Carlin Petrini a "puntare sempre all’ ottimo, e non al massimo", valida come saggia filosofia generale per il vignaiolo e certo non soltanto nel senso di resa per ettaro o per vite.

Molto densi di argomenti e confronti anche gli altri seminari, come quello su "Fermentazione, correzione ed affinamento del vino", dove un dibattito franco ha messo in luce come poche siano le scelte condivise, dosi di solforosa in primis. Ancora più tecnico ma molto interessante l’altro seminario su "Pianta, colture e patologie", moderaro dalla ricercatrice tedesca Erika Maul. Qui agronomi come  Marco Simonitt e Ruggero Mazzilli hanno evidenziato la complessità delle scelte che determinano i risultati in vigna, e tra potature e sesti d’impianto, selezioni clonali o massali e un cenno nostalgico al promiscuo non si è parlato tanto e solo di vino buono quanto di sanità e longevità del vigneto. Ce n’è bisogno.

Fin qui la proficua riunione dei vignerons, realizzata con il contributo della regione Toscana, del’ Arsia e della Fondazione Sistema Toscana. La manifestazione è risutata tuttavia assai più vasta, allargandosi per una decina di giorni in tutta la regione e offrendo decine di eventi diversi. Slow Food Toscana ha portato i vignerons, i loro vini e i loro racconti  in varie lingue a contatto con la  realtà dei vignaioli locali e dei soggetti della rete di Terra Madre. Ma una pletora di altre iniziative ha infarcito il programma di "Vignaioli e Vignerons", serie di eventi sparsi e aperti al pubblico promossa con tanto di sito internet separato rispetto ai "Vignerons d’Europe", e da esso difficilmente distinguibile a un occhio distratto. Tanti i soggetti ansiosi di partecipare: dagli stessi enti che hanno reso possibile Vignerons fino alle ammistrazioni locali, all’Enoteca Italiana o al Wine and Fashion Florence. E tante – troppe – le realtà coinvolte, a cominciare da certi produttori di vino estranei ai lavori di Montecatini e diplomaticamente recuperati, per arrivare fino al birrificio…

Alessandro Bosticco

Sono decenni che sbevazza impersonando il ruolo del sommelier, della guida enogastronomica, del giornalista e più recentemente del docente di degustazione. Quest’ultimo mestiere gli ha permesso di allargare il gioco agli alimenti e bevande più disparati: ne approfitta per assaggiare di tutto con ingordigia di fronte ad allievi perplessi, e intanto viene chiamato “professore” in ambienti universitari senza avere nemmeno una laurea. Millantando una particolare conoscenza degli extravergini è consulente della Nasa alla ricerca della formula ideale per l’emulsione vino-olio in assenza di gravità.


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