Vigna Gustava: quando un’asta diventa un insegnamento5 min read

Verso la metà di giugno presso Enosis Meraviglia di Fubine, il centro di ricerche applicate allo sviluppo enologico fondato da Donato Lanati, .è andata in scena la terza edizione di Barolo En Primeur ,

In realtà la vera asta si svolgerà il 27 Ottobre in quel di Grinzane Cavour e i fondi raccolti, come sempre, verranno devoluti per progetti solidali e culturali. Io ho partecipato alla “selezione”.

Ma qual è il vino protagonista dell’asta?

Il Nebbiolo della Vigna Gustava, la storica vigna di Grinzane voluta da un uomo lungimirante come Camillo Benso Conte di Cavour, il quale avviò un progetto di miglioramento dei vigneti e di aggiornamento tecnico nella produzione del vino e per farlo si avvalse della collaborazione dell’enologo Pier Francesco Staglieno.

Oggi le uve sono vinificate da Donato Lanati.

Vigna Gustava dall’alto con le parcelle evidenziate

Lanati vinifica 12 parcelle, per 6 diversificazioni geopedologiche,in maniera separata. Questo per tirare fuori da ognuna la propria personalità, frutto delle diverse esposizioni, altitudini e età delle viti.

Le barriques, alle quali è annesso un NFT (Non Fungible Token, certificato di autenticità digitale garantito tramite blockchain) che ospitano quello che sarà il Barolo, verranno battute all’asta un anno dopo la vendemmia. Quindi poi si dovrà attendere ancora più di 2 anni prima di poter essere messo in commercio, completando così i 38 mesi di invecchiamento minimi a decorrere dal 1º novembre dell’anno di produzione delle uve, di cui 18 in botti di legno.

Vigna Gustava ha una pendenza media del 35/40%. Il geologo Francesco Lizio Bruno ha realizzato un’analisi del terreno della vigna, determinandone così le caratteristiche geologico-ambientali: il suolo è composto da Marne di Sant’Agata Fossili, la formazione più comune e diffusa nella Langa del Barolo e del Barbaresco, che solitamente è formata quasi interamente da strati marnosi con poca sabbia, con percentuale importante di sedimenti fini, limo e argilla.

Il terreno della Vigna Gustava si è formato nell’età Tortoniana, periodo geologico compreso tra 11.6 e 7.2 milioni di anni fa, ed è caratterizzato da marne argilloso-siltose grigie, talora azzurrognole, grigio biancastre in superficie, plastiche e omogenee.

Donato Lanati

Uno studio che va sicuramente analizzato insieme ad altri fattori che vengono poi presentati dalla biologa ed enologa Dora Marchi. La dottoressa spiega come il cambiamento climatico progressivo (l’aumento delle temperature, della luminosità etc), la siccità, le epoche di fioritura e vendemmia unita alla tipologia di terreni abbia cambiato la maturità tecnologica, fenologica ed aromatica dell’uva e conseguentemente il PH dei vini stessi e di fatto quindi la colorazione e la percezione stessa finale dell’acidità dei vini. Ecco quindi che diventano importanti diverse soluzioni agronomiche e la gestione della vinificazione, dalla temperatura di fermentazione al monitoraggio della macerazione e all’affinamento.

Prima della degustazione e della introduzione di Dora Marchi,  Lanati ha fatto un piccolo incipit. Introduzione per me illuminante ed emozionante dove l’enologo ha parlato a ruota libera del vino e della vite. Lui definisce il termine autoctono, riferito alla vite, come un qualcosa di addomesticato dalla nostra cultura e la parola varietà essere una specie di  penna ottica che costruisce le molecole insieme al sole e all’impegno dell’uomo.

Parla di selezione contadina = varietà + territorio + uomo. Questo per lui è il vero terroir. L’enologo ha il dovere di dare un valore di trasparenza dell’annata e la  grande fortuna per uno come lui è quella di poter fare da un unico vitigno, il Nebbiolo, un vino che sia l’espressione di quella uva in quella parcella in quell’annata, a differenza di vini meno territoriali che nascono in altre zone vitivinicole comunque molto famose nel mondo.

Lanati parla ancora a ruota libera di quanto il lavoro dell’enologo, dell’agronomo, dei produttori, dei consorzi e istituzioni  debba essere un lavoro di squadra perché le sfide le vincono le squadre e non i singoli e di quanto siamo fortunati in Piemonte ed in Langa. (I ‘Barolo boys’ insegnano, aggiungo io).

Finalmente siamo alla degustazione che è stata suddivisa in tre batterie, una per annata, (2022, 2021 e 2020) di 4 vini provenienti da altrettante parcelle.

La degustazione è stata guidata da  Lanati.

L’annata 2022 nelle Langhe sarà ricordata come una delle più precoci e sorprendenti in assoluto: precoce perché a inizio ottobre si sono concluse le operazioni di vendemmia, sorprendente perché, visto l’andamento climatico, il Nebbiolo ha dimostrato ancora una volta una capacità di adattamento senza eguali.

Il risultato è che sebbene i vini siano in fase di maturazione hanno una carica aromatica (terpenica), sulla carta, quasi tripla rispetto alla 2020, grazie molto probabilmente alla dimensioni degli acini più ridotti rispetto alla norma ed un rapporto polpa buccia a favore di quest’ultima.

A livello generale nelle tre batterie sono piaciute molto di più le parcelle con le vigne più vecchie che hanno, come dice Lanati, una naturale propensione a produrre vini fini, eleganti e longevi. Ma non solo l’età delle vigne ma anche le minime variazioni di esposizioni e profondità delle superfici hanno determinato variazioni nel vino finale, confermando il significato del lavoro fino ad ora svolto sulle parcelle.

Si passa da vini che io amo definire ‘neo-classici’ ed attuali, di colore rubino pallido con alta trasparenza ed aromi più delicati di fragole e ciliegie, spezie integrate e tannini fini, a vini classici con profumi più speziati e potenti a livello aromatico e con tannino pieno e austero. Tutti vini che esprimono la loro vera identità da true Barolo!

Aggiudicarsi una Barrique sarà fondamentale a fine ottobre per poter portare a casa non solo un grande vino figlio unico di una singola parcella, ma un’emozione e un pezzo di storia dell’Italia enologica, ma soprattutto sovvenzionare progetti solidali e culturali.

Davide Buongiorno
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