“Vedevo chicchi di grandine grossi come uova cadere sul mio vigneto e…”4 min read

Provate a pensare di essere un negoziante a cui brucia il fornito magazzino, oppure un industriale a cui si allaga il capannone con macchinari sofisticati e delicatissimi. Immaginatevi di essere un pescatore a cui una mareggiata ha distrutto tutte le reti o un chirurgo che si rompe una mano e per un anno non può operare. Pensate, qualsiasi lavoro facciate, come vi sentireste se vi dicessero “Quest’anno non si può produrre niente”!

Spesso le catastrofi (grandi o piccole) che colpiscono il mondo dell’agricoltura e in particolare quello della viticoltura  vengono vissute dai non addetti ai lavori  in maniera superficiale se non sbagliata. Si pensa che la stampa abbia ingigantito il problema per fare notizia, che comunque non ci possa essere stata una distruzione totale, che ci sono le assicurazioni, che alla fine (classico esempio di italianità degenere) in qualche maniera il produttore rimedierà…

Per questo vogliamo dare la parola ad una produttrice che in questi giorni ha visto chicchi di  grandine grossi come palline da ping pong cadere sui suoi vigneti, per capire cosa si prova veramente e come si riesce, se possibile, a correre ai ripari.

Abbiamo intervistato Maddalena Nardin, che produce vino nella stupenda Val di Cembra. La sua cantina è Villa Corniole.

Winesurf

Buongiorno Maddalena:  prima di tutto,cosa  è successo?

Maddalena

Il giorno 9 è grandinato quattro volte, una prima volta nel tardo pomeriggio a cui sono seguite, dopo un po’ di tempo altre tre  grandinate, in particolare la prima delle tre con chicchi grossi come uova. A fine giornata, tanto per non farsi mancare niente, è grandinato anche nella Piana Rotaliana, dove abbiamo vigneti di Terlodego e Lagrein. Per fortuna nell’alta Val di Cembra, dove abbiamo altre vigne, non è grandinato.

W.

Più o meno a quanto ammonta, in percentuale, il danno.

M.

Ancora non so dirtelo, forse in un vigneto di Pinot grigio ci avviciniamo al 50% ma questo dipende anche dall’epoca di vendemmia e da come le piante possono riequilibrare, almeno in parte, la situazione.

W.

Cosa pensavi  mentre vedevi grandinare?

M.

Da una parte tanta rabbia, dall’altra ti piangeva il cuore. Quando è iniziato a grandinare stavo guardando dalla finestra  i chicchi  che colpivano  il nostro vigneto di fronte  e non volevo crederci; pensavo che non era possibile, non era giusto.  Considera che la grandinata in Piana Rotaliana è arrivata appena mio marito aveva finito di fare il diradamento sul teroldego… In pochi secondi ti passa davanti il lavoro fatto durante l’anno e pensi che tutto sia vanificato. Quando poi vedi cadere chicchi grossi come uova non sai proprio cosa fare. Pensa che sul tetto avevamo un  impianto fotovoltaico che serviva per tutta la cantina, distrutto anche quello.”

W.

Cosa hai fatto alla fine delle grandinate?

M.

Non sapevamo cosa fare: in vigna non potevamo andare perché era buio, così abbiamo aspettato il giorno dopo e anche adesso stiamo aspettando che il nostro tecnico ci dica cosa fare, perché le grandinate sono state talmente violente che hanno colpito in maniera grave anche le viti, non solo l’uva. Vitali saranno i prossimi giorni e speriamo venga bel tempo e si possa salvare il più possibile.

W.

Adesso, quasi a mente fredda, quali sono i tuoi pensieri

M.

Sono impaurita dal fatto che, anno dopo anno, questi fenomeni sono sempre più violenti e accadono sempre più vicino alla vendemmia (anche perché spesso le vendemmie sono abbastanza anticipate n.d.r.), quando c’è meno possibilità di recupero. Penso a tutta la programmazione che avevamo fatto, all’organizzazione precisa di tutta la vendemmia e addirittura dei prossimi anni (si riferisce ad alcuni loro vini da grande invecchiamento che, quest’anno, non potranno essere prodotti) e mi piange il cuore perché tutto è cambiato e tante cose non potremo farle e tutto questo per due minuti di inferno.

W.

E le assicurazioni grandine?

M.

Hanno dei costi molto alti ma a questo punto credo proprio che dovremo in qualche modo cautelarci, perché questi fenomeni atmosferici sono, anno dopo anno, sempre più violenti e distruttivi e, arrivando sempre più vicini alla vendemmia non ti danno spazi di manovra.

W.

Non ti viene voglia di mollare, magari di metterti a fare l’imbottigliatore e di lasciare i rischi della produzione ad altri?

M.

Guarda, io nel 2000 mi sono licenziata dalla Provincia, ho lasciato il posto fisso per venire a dare una mano a mio marito. Non ci penso nemmeno a fare dei passi indietro, anche perché quando vedi uscire le tue bottiglie di cantina, senti che vengono apprezzate, è un po’ come se facessero dei complimenti ai tuoi figli.

W.

Grazie Maddalena e, per quello che può servire,in bocca al lupo.

Carlo Macchi

Sono entrato nel campo (appena seminato) dell’enogastronomia nell’anno di grazia 1987. Ho collaborato con le più importanti guide e riviste italiane del settore e, visto che non c’è limite al peggio, anche con qualcuna estera. Faccio parte di quel gruppo di italiani che non si sente realizzato se non ha scritto qualche libro o non ha creato una nuova guida sui vini. Purtroppo sono andato oltre, essendo stato tra i creatori di una trasmissione televisiva sul vino e sul cibo divenuta sicuramente la causa del fallimento di una nota rete nazionale. Riconosco di capire molto poco di vino, per questo ho partecipato a corsi e master ai quattro angoli del mondo tra cui quello per Master of Wine, naturalmente senza riuscire a superarlo. Winesurf è, da più di dieci anni, l’ultima spiaggia: dopo c’è solo Master Chef.


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