Appena qualche giorno fa eravamo a San Gimignano per l’Anteprima della Vernaccia, a cui sono seguite quelle del Chianti Classico, Nobile e Brunello . La macchina delle Anteprime toscane è un rullo compressore che non lascia molto spazio alle riflessioni: quelle verranno dopo, quando chiusi nelle redazioni si farà il punto sulle annate e sulle tendenze. Al momento quindi solo impressioni immediate, un po’ emotive forse, che aspetteranno una loro ulteriore conferma.
Eppure qualcosa sulla giornata della Vernaccia va detta e merita senz’altro un po’ più d’attenzione. Mi sto riferendo alla degustazione-comparazione di Vernaccia e Veltliner austriaci. Francesco Falcone, l’ha guidata come secondo me meglio non si poteva, approfondendo i territori di espressione dei vitigni, vigna per vigna, sia per la Vernaccia che per il Vetliner (per quest’ultimo aiutato da Karl Mair).
La chiave di lettura usata da Falcone, la cremosità, non sempre è stata evidente, più nel Veltliner che nella Vernaccia, ma un denominatore andava trovato e questo ci può anche stare. La degustazione delle Vernaccia di San Gimignano ha fatto un po’ più di chiarezza su una denominazione che troppo spesso viene snobbata, ma che specie negli ultimi anni mostra notevoli miglioramenti. La selezione proposta ha dato risultati sorprendenti, in particolare quando a parlare sono vini carichi di anni come il San Quirico Riserva Isabella 2004, giustamente definito il più borgognone, oppure Il Sanice 2002 di Cesani, non di facile interpretazione con le sue note tostate-caramellate, ma che hanno ben evidenziatoil potere evolutivo di un vino troppo frettolosamente archiviato tra quelli di serie inferiore.
Sulla sponda del Gruner Veltliner, vera è propria scoperta nelle sue varie declinazioni territoriali, la degustazione ha dato l’idea di un vitigno spesso poco considerato, ma dalle sorprendenti qualità evolutive specie quando giocato con grande attenzione agronomica e giusta ambizione enologica.
Ecco alfine emergere la cremosità evocata da Falcone, mai compromessa da residui zuccherini alti, ma sempre docile, carezzevole con acidità presenti ma non taglienti come quelle del Riesling. Fedele al suo nome Gruner (verde) il vino mostra il suo lato più immediato e semplice nelle versioni più giovani, per approdare (complice territorio e microclima) a versioni di grande profondità, ma soprattutto di elegante equilibrio come nel caso del Veltliner 2008 di Prager.
Una bellissima ed utilissima degustazione che ha fatto conoscere in modo più approfondito due vini che andrebbero ormai sdoganati da una serie di luoghi comuni che li vede confinati ingiustificatamente in gironi non adatti alla loro attuale realtà.