Uno sguardo sull’Oltrepò Pavese4 min read

L’Oltrepò storicamente è sempre stata zona di produzione vitivinicola di grande importanza, e fondamentale nella produzione del Pinot Nero attestandosi infatti tra i distretti più ‘importanti’ per la produzione di questo nobile e delicato vitigno. Primo in Italia e addirittura terzo in tutta Europa.

Circa 13.000 ettari dedicati alla DOC, per una zona collinare di assoluta bellezza e in parte ancora poco valorizzata, che si affaccia sulla Pianura Padana: «L’altra sponda del Po». Borghi e Castelli arroccati sui crinali di quattro magnifiche vallate costituite di depositi (marne calcaree, argillose e sabbiose) alluvionali quaternari, originati dall’attività deposizionale dei torrenti appenninici e del fiume Po.

Nell’antica Tenuta Pegazzera di Casteggio, per Oltrepò Terra di Pinot Nero,  si sono incontrati oltre 250 operatori selezionati, 34 aziende e circa un centinaio di vini presentati in un walk around tasting. Due masterclass una con il focus sul Metodo Classico, a cui purtroppo non ho potuto partecipare, e una sul Pinot Nero condotta dal bravissimo Filippo Bartolotta.

La masterclass e Le degustazioni:

Pinot Nero nella versione ferma. Otto i vini presentati a cui poi hanno fatto seguito gli assaggi ai banchi. Possiamo dividerli banalmente in due categorie:

  • Colori medio cupi e frutto intenso: polpa di ciliegia, succo di more, ribes maturo. Terrosi, balsamici (felce) leggermente animali (tipicamente come il vitigno a volte esprime), tannino a volte dal finale amaro/secco (legno). Freschezza non sempre brillante. Definiamola “versione importante” che viene però ben interpretata da Tenuta Mazzolino e Frecciarossa.
  • Colori scarichi e media alta trasparenza tendente al rubino. Floreali (garofano, viola) e con frutti ricchi ma meno maturi: fragola, ribes e more fresche. Freschezze sostenute e tannino lieve non sempre risolto. Interpretano bene questa versione più beverina Cà di Frara, Castello di Cigognola, Calatroni.

Non avendo partecipato alla Masterclass sul metodo classico mi sono tuffato nel walk around e ho riassaggiato alcuni dei vini bevuti la sera prima alla magnifica serata di gala.

Base Pinot nero che in molti degli assaggi (minimo 70% per disciplinare) è il vitigno prominente. Vini spesso e volentieri generosi, cremosi con un dosaggio calibrato non tanto a bilanciare l’acidità ma quanto a donare maggiore complessità (effetto maillard con sentori spesso di frutta secca), volume ed integrazione della bollicina. Infatti, bolle spesso molto fini e ben integrate con la massa di vino ed aromi.

Difficile identificare uno stile Oltrepò, più facile individuare la mano del produttore. Escono fuori dal coro e trovano una loro identità nelle versioni più secche:

Bruno Verdi con un pinot nero pas dosè 2019 ed un Cruase 2020, vini freschi e vibranti agrumati ed esotici nello stesso tempo.

Cà del Gè: Strabiliante il Pinot nero pas dosè 2017 con agrumi e profumi del mediterraneo

Castello di Cicognola: Pinot nero pas dosè in un versione finissima e morbida.

E ancora da citare Calatroni e Quaquarini.

La Travaglina invece si aggiudica quatta quatta il miglior assaggio dell’evento con un asso, il Pinot Nero Cruasé ‘Julillae’ brut 2011 (sboccatura tardiva). Un vino di rara finezza che integra frutto e spezia, freschezza, dolcezza e complessità.

In chiusura mi preme sottliineare due cose:

  1. La qualità dei prodotti è indubbia e soprattutto con un ottimo rapporto prezzo. Devo dire però che sembra si investa molto poco, da parte delle aziende, sull’immagine. Etichette obsolete a livello grafico, annate che quando sono espresse lo sono solo in un angolo basso della retro etichetta, tanto che alcuni sembrano dei senza annata.
  2. Poca consapevolezza perciò del territorio, della qualità e delle opportunità. Qui mi ricollego alla frase del presidente: “L’Oltrepò è una delle maggiori zone di produzione a livello internazionale.” Un frase però che sembra sconnessa dalla realtà visto che la maggior parte delle aziende, se non la totalità, vende oltre il 90% i vini in Italia con reti vendite proprie e inoltre molti dei vini e uve prodotte sono ceduti a terzi. Perché? Forse manca la richiesta, forse manca il coraggio, forse manca la sicurezza o forse manca l’aggiornamento di molti dei prodotti assaggiati, che sembrano legati ad un retaggio di gusto di 20 anni fa.

Poche le aziende illuminate, che in ogni caso giocano anche campionati diversi.

Foto tratte dal sito del Consorzio Vini Oltrepò Pavese

<a href=”https://www.consorziovinioltrepo.it”>Credits: Consorzio Tutela Vini Oltrepò Pavese</a>

Davide Buongiorno
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