Una verticale di More5 min read

La Puglia produce vini per tutti e di tutti i tipi: da molti viene considerata non solo il serbatoio ma anche il supermarket del vino italiano. Non c’è varietà che in regione non venga coltivata, vinificata e venduta.   E’ stata questa atavica vocazione al commercio dello sfuso  che ha ritardato la messa in bottiglia e di conseguenza non ha mai permesso di avere una memoria storica dei vini che si producevano. Solo pochissime aziende  sono  in grado  di dare profondità ad una degustazione che vada indietro almeno  di dieci anni.  Anche quelle storiche hanno venduto sempre (se potevano..) sino all’ultima bottiglia. Impossibile quindi capire le evoluzioni  di Negroamaro, Primitivo e Nero di Troia. La bottiglia e la sua memoria è storia recente. Sulla loro evoluzione e sulla tenuta nel tempo si va per approssimazione. Si dice che il Primitivo non è un vino longevo, tranne poi  scoprire che annate 1994 e 1995 del Primitivo di Gioia del Colle di Fatalone ancora reggono e reggeranno ancora anni.
Stessa cosa per il  Nero di Troia:  nella verticale proposta qualche anno fa da  Rivera,  sorprese il potenziale del  Falcone (Nero di Troia e Montepulciano) dopo averne degustato uno del ’83. Cosa dire del Negroamaro, dove le capacità evolutive  di vini come il Gratticiaia restano sostanzialmente ancora inesplorate. Impossibile quindi  mancare all’invito di Roberto Perrone Capano, titolare di Santa Lucia, a partecipare  alla verticale del Castel del Monte Riserva Le More dal ’96 al 2007. Un’occasione per avere alcune conferme (o smentite…) con atteggiamento estremamente prudente, come è d’obbligo in questi casi in cui troppe sono le variabili che hanno contribuito al risultato finale, come cambiamenti nella conduzione agricola, nella composizione degli uvaggi , nello stile enologico e nell’uso dei legni. Ma anche se le variabili sono tante,  è stato possibile tuttavia avere dai dieci bicchieri alcune indicazioni.

 

Note tecniche di degustazione
I vini sono stati degustati in senso inverso alla descrizione.
Le annate 96-98 e 99 vedono la presenza di una percentuale di Malbec. Dal 2000 in poi invece la Riserva viene vinificata in purezza.

 

 

Le More Riserva 2007.
Ancora acerbo eppure non stenta a prospettate un quadro olfattivo e gustativo di piena soddisfazione. In bocca la sua giovinezza  risulta evidente con tannini ancora in evoluzione.

 

Le More Riserva 2006
La sensazione è quella che il vino stia cercando ancora  una sua espressione. Troppo chiuso al naso, mentre al palato si presenta di buona concentrazione e con tannini alquanto aggressivi. Siamo in una fase di transizione. Vedremo.

 

Le More Riserva 2004
Se il quadro olfattivo non fosse inficiato da specifici  sentori del legno sarebbe un vino di grande livello. In bocca esplode con un gran frutto e tannini vivissimi e setosi. Una lunghezza invidiabile.

 

Le More Riserva 2003
La vendemmia particolarmente calda non ne ha condizionato la freschezza. Il naso anche se velato dai sentori di legno (di cui sopra…) si presenta di buona intensità con frutto concentrato al palato. Buona  persistenza ed acidità.

 

Le More Riserva 2001
Forse il vino più penalizzato. Un legno prevaricante con un frutto bello ma sovrastato. Peccato perché di grande potenza espressiva e potenziale tannico ed acido di livello.

 

Le More Riserva 2000
La prima vinificazione in purezza .Un frutto di grande concentrazione e potenza Tannini ancora in fase evolutiva supportati da una spalla acida decisa. Finale lungo in cui si stemperano le note di liquirizia tipica del legno.

Le More Riserva  1999
Dieci anni è ancora il frutto è fresco, nessuna cessione alle note ossidative. Al palato è pieno con tannini ancora di una certa aggressività. Bel finale lungo e piacevolmente speziato.

 

Le More Riserva 1998
Se il colore lascia trasparire il tempo (ma non in modo determinante)  il frutto è ancora vivo e vegeto. Giocato più sulla potenza ha ancora tannicità da vendere ed acidità che lo sostiene pienamente.

 

Le More Riserva 1996
La prima vinificazione della riserva. Senza affinamento in legno. Un colore che non lascia spazio a dubbi sulla sua età, ma con profumi fini e mediamente intensi dove trova posto una bella ciliegia non  ancora  sotto spirito. Elegante, fine di buona persistenza e con tannini ed acidità ben presenti. Un gran bella vecchiaia.

 

 

Alcune considerazioni finali
Un dato è certo: anche senza affinamento in legno e con scarsa applicazione enologica il 1996 dimostra una eleganza  ed una longevità insospettabile . Il vitigno nelle sue varie sfaccettature dimostra una discreta longevità con un progressivo ammorbidimento dei tannini ed una buona tenuta dell’acidità  Sarà interessante vedere tra qualche anno come il legno delle barriques lavorerà in questo senso.

In ultimo. La scelta dell’azienda di dedicare con l’etichetta Ris. 0,618 (richiamo alla Sezione Aurea della successione numerica di Fibonacci) alcune centinaia di bottiglie ad un invecchiamento di 8 anni, potrà sembrare inconsueto solo all’apparenza. In realtà la Riserva della Riserva  (così la potremmo chiamare) trova nella recente  storia enologica regionale altri  significativi esempi, basti pensare al Patriglione ed al Gratticiaia. C’è da augurarsi che questa scelta, così com’è nelle intenzioni dell’ azienda,  vada ad infoltire la schiera dei vini di assoluto rilievo della regione.

 

 

Pasquale Porcelli

Non ho mai frequentato nessun corso che non fosse Corso Umberto all’ora del passeggio. Non me ne pento, la strada insegna tanto. Mia madre diceva che ero uno zingaro, sempre pronto a partire. Sono un girovago curioso a cui piace vivere con piacere, e tra i piaceri poteva mancare il vino? Degustatore seriale, come si dice adesso, ho prestato il mio palato a quasi tutte le guide in circolazione, per divertimento e per vanità. Come sono finito in Winesurf? Un errore, non mio ma di Macchi che mi ha voluto con sé dall’inizio di questa bellissima avventura che mi permette di partire ancora.


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