Un dolce Benvenuto Brunello 20215 min read

Two taste in megl che one!” Parafrasando la vecchia pubblicità del gelato ho pensato di presentarmi a Benvenuto Brunello 2021, anche se due mesi fa avevo partecipato a Benvenuto Brunello OFF.

L’ho fatto sia per avere conferme dall’annata 2016 (e confermo quanto scritto qui) sia per ampliare la conoscenza sugli ottimi Rosso di Montalcino 2019, sia per ribadire il mio amore per la vendemmia 2015 anche sotto forma di Brunello Riserva.

Ma il motivo reale è un altro e potrebbe essere definito secondario vista l’importanza e i numeri di questo vino. Sto parlando del prodotto realmente storico di Montalcino, il Moscadello, che oggi è però quasi un cimelio e viene prodotto solo da una decina di cantine.  A Benvenuto Brunello si possono degustare praticamente tutti e così mentre i colleghi attorno a me avevano calici color rubino, ad un certo punto io spiccavo per otto bicchieri che andavano dall’ambrato al dorato e al paglierino.

L’assaggio non solo mi è servito a testare la qualità dei Moscadello ma anche per capire altre cose, per esempio quanto si sia evoluta la tecnica enologica a Montalcino .

Il suo reale alto profilo lo si capisce spesso meglio dai vini minori, da quelli fatti forse con meno attenzione e che hanno sicuramente minore attenzione da parte del pubblico, come il Moscadello di Montalcino: quello che in passato veniva chiamato “il vino per le Cortigiane” e che pare il Granduca di Toscana Pietro Leopoldo utilizzasse prima dei suoi incontri amorosi.

In realtà si tratta di un “moscato adattatato”, cioè del moscato bianco, vitigno conosciuto dalle Alpi alle Piramidi, che però qui ha Montalcino si esprime in maniera diversa: più ampia calda e potente.

Il disciplinare  prevede tre tipologie: tranquillo, frizzante e vendemmia tardiva, ma con così poche aziende che lo producono si può quasi parlare di tipologia “ad aziendam”. Del resto con una trentina circa di ettari vitati rivendicati trovare una quadra comune nelle varie tipologie è una via di mezzo tra un lusso e una perdita di tempo.

Ma perché ho parlato di evoluzione della tecnica? Perchè fino a qualche anno fa le poche cantine che lo producevano spesso non riuscivano a creare dei Moscadello irreprensibili: i profumi di moscato c’erano, ma alcuni vini risultavano squilibrati, con la parte dolce non riequilibrata dall’acidità, dove  il corpo o era troppo o troppo poco, dove la piacevolezza generale non era mai quella che ci si aspettava da un vino per definizione piacevole.

Invece gli otto vini degustati erano (sono in realtà…) tutti di buon livello e alcuni veramente molto buoni, grazie a nasi ampi e complessi e a bocche sempre di fresca consistenza o di grande complessità gustativa. Buoni e molto diversi, anche a partire dal colore, fermo restando che c’è chi lo produce frizzante, chi passito ma con i profumi del moscato in prima fila e chi invece invecchiandolo per molti anni  lo fa assomigliare ad un vinsanto. Ma questo è il bello del Moscadello, che forse non avrà un grande futuro ma che dovrebbe avere un presente, perché parlare di Montalcino senza dargli il giusto spazio è un modo parziale di vedere la zona.

Inoltre se storicamente a Montalcino  l’uva moscato è “sempre” stata prodotta vuol dire che un suo mercato l’aveva e non sarebbe una strada sbagliata quella di ricominciare, piano piano, ad affiancare ad una gamma di vini rossi che si vendono da soli una chicca spiazzante, un vino che potrebbe allargare e diversificare l’orizzonte di tante cantine.

Ma adesso mi sembra giusto presentarvi questi “orizzonti” uno per uno.

Moscadello di Montalcino Vendemmia Tardiva  2017 Florus,  Banfi

Paglierino dorato, floreale intenso con moscato e frutta bianca in grande evidenza accanto ad una lievissima nota di botrite  a  amalgamare un naso molto classico , proprio quello che ci si aspetta da un moscato. In bocca si distende bene: è corposo, concentrato ma con una nota di freschezza giovane e sbarazzina e un ottimo equilibrio.  Chiude dolce ma non stucchevole.

Moscadello  di Montalcino Frizzante 2019 Capanna

Giallo dorato , note classiche del moscato ma non solo, perché accanto ai sentori floreali e anche leggermente vegetali spuntano sentori di frutto bianco maturo e di fico , creando un insieme più caldo e intenso di tanti “cugini” piemontesi . La bollicina crea freschezza e profondità  su un buon corpo, sicuramente ingrassato dagli zuccheri residui ma comunque equilibrato e dinamico. Ottima  piacevolezza

Moscadello di Montalcino Vendemmia Tardiva 2017, Capanna

Dorato, naso intenso dove spiccano frutta candita e frutta secca con il fico in prima fila. Bocca da restare a bocca aperta (non fatelo!) veramente potente, equilibrata, profonda e piacevole, lunghissima. Un vino spettacolare, un passito di grande livello.

Mscadello di Montalcino Frizante 2019 Caprili

Paglierino scarico, note floreale e di pepe bianco. Equilibrato e abbastanza  piacevole, non di grande struttura ,chiude con linearità e nettezza.

Moscadello di Montalcino Vendemmia Tardiva 2015 Pascena , Col d’Orcia

Dorato. Naso ampio con note di miele, zafferano e frutta candita. Boca dolce ma con equilibrio e freschezza: bella profondità gustativa con chiusura asciutta ed elegante. Molto buono.

Moscadello di Montalcino Frizante 2019, Il Poggione

Dorato. D’impatto note floreali e vegetali molto intense che piano piano si declinano verso la frutta bianca con l’albicocca in primo piano. Proprio bello al palato: dolce come deve essere ma fresco, con bollicina non finissima ma viva. Bella lunghezza gustativa, proprio buono!

Moscadello di Montalcino Vendemmia Tardiva 2015, La Poderina

Ambrato. Naso che si apre con lentezza  con note di miele e di caramello e poi frutta secca.  Bocca rotonda e dolce ma manca un po’ di spinta e di freschezza.

Moscadello di Montalcino Vendemmia Tardiva 2006 Aurico, Villa Poggio Salvi

Ambrato. Saranno i 15 anni passati dalla vendemmia ma i profumi del moscato si perdono in peraltro belle terziarizzazioni. Sembra un vin santo in cui spiccano  note di cacao, miele, frutta secca e passita. In  bocca si conferma la nota di cacao e si allunga grazie ad una persistenza che comprende pienezza ed eleganza. Un po’ fuori scala ma molto buono.

Carlo Macchi

Sono entrato nel campo (appena seminato) dell’enogastronomia nell’anno di grazia 1987. Ho collaborato con le più importanti guide e riviste italiane del settore e, visto che non c’è limite al peggio, anche con qualcuna estera. Faccio parte di quel gruppo di italiani che non si sente realizzato se non ha scritto qualche libro o non ha creato una nuova guida sui vini. Purtroppo sono andato oltre, essendo stato tra i creatori di una trasmissione televisiva sul vino e sul cibo divenuta sicuramente la causa del fallimento di una nota rete nazionale. Riconosco di capire molto poco di vino, per questo ho partecipato a corsi e master ai quattro angoli del mondo tra cui quello per Master of Wine, naturalmente senza riuscire a superarlo. Winesurf è, da più di dieci anni, l’ultima spiaggia: dopo c’è solo Master Chef.


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