Trent’anni di cambio climatico e di alcol in aumento3 min read

Che faccia più caldo oramai non fa più notizia e che di conseguenza l’alcol nei vini sia aumentato è oramai un dato di fatto. Però quando ti capita sotto gli occhi questo grafico di Liv-Ex, basato su almeno 20000 vini rossi (di alto profilo, tengono a precisare) e suddivisi negli ultimi 30 anni qualche domanda te la devi fare.

La prima cosa che salta agli occhi è il fatto che tra le regioni prese in considerazione la Borgogna sempre essere su un altro pianeta, con incrementi bassissimi nel periodo fino al 2010 e con addirittura un arretramento nell’ultimo decennio: forse con una viticoltura attenta, “personalizzata” e che spesso non bada a spese come c’è nelle grandi vigne borgognone è più facile contenere l’alcol.

Le altre quattro zone (a proposito, mi fa un bell’effetto vedere due regioni italiane considerate alla pari di Borgogna, Bordeaux e California…) hanno avuto incrementi più o meno importanti ma comunque attorno ad 1 grado alcolico nel primo decennio del secolo ma poi, California, Piemonte e Toscana sono in qualche modo corse ai ripari, bloccando quest’aumento e in qualche caso “diluendolo” nel decennio successivo. Bordeaux invece si è ritrovata in 30 anni da vini attorno ai 12.5° a prodotti che sfiorano i 14°.

All’interno di questo grafico c’è tutto un mondo  e tantissimi modi di affrontare quello che sicuramente è un problema ma su cui si giocherà la battaglia del vino di qualità in futuro.

Viene da chiedersi se quest’aumento di alcol porterà i vini di alta fascia ad invecchiare meglio o peggio, ad essere pronti prima: sicuramente porterà ad equilibri diversi, in buona parte ancora da ricercare e da trovare.

La cosa che mi colpisce di più, ripeto e che mi fa vedere in maniera più rosea il futuro e che in qualche modo quasi tutti sono riusciti  ad arginare l’escalation dell’alcol e a fermarsi su livelli indubbiamente alti ma, come vediamo tutti i giorni attorno a noi, abbastanza gestibili.

Questo può voler dire solo una cosa, che i produttori di vino di qualità, magari investendo di più su ore lavoro e su miglioramenti agronomici, sono riusciti ad adattare la vigna e le loro idee ad un clima che è cambiato. Non possiamo nascondere anche il fatto che tante zone, dove le maturazioni fenoliche e alcoliche erano difficili hanno beneficiato (mi viene in mente Bordeaux: quanti ancora chaptalizzano?) di questo cambio di clima, ma anche loro si sono dovuti, bene o male adattare a metodologie diverse di approccio alla vigna.

Però dovremo abituarci tutti  non solo a vini diversi ma anche a modi di degustare diversi sia a tavola, dove con piatti che puntano sempre più su diminuzione delle parti grasse e spesso anche delle carni importanti  in menù, abbinare rossi (o anche bianchi) come minimo di 14°  sarà complesso e molto selettivo. Ma anche organizzare degustazioni con batterie di 20/30 vini che superano i 14° avrà bisogno di un allenamento specifico.

Insomma, ci dovremo abituare a vini diversi e a modi diversi per approcciarli. E pensare che nemmeno 20/25 anni fa avevano fatto il loro ingresso in cantina i concentratori perché  c’erano prodotti troppo diluiti…

Carlo Macchi

Sono entrato nel campo (appena seminato) dell’enogastronomia nell’anno di grazia 1987. Ho collaborato con le più importanti guide e riviste italiane del settore e, visto che non c’è limite al peggio, anche con qualcuna estera. Faccio parte di quel gruppo di italiani che non si sente realizzato se non ha scritto qualche libro o non ha creato una nuova guida sui vini. Purtroppo sono andato oltre, essendo stato tra i creatori di una trasmissione televisiva sul vino e sul cibo divenuta sicuramente la causa del fallimento di una nota rete nazionale. Riconosco di capire molto poco di vino, per questo ho partecipato a corsi e master ai quattro angoli del mondo tra cui quello per Master of Wine, naturalmente senza riuscire a superarlo. Winesurf è, da più di dieci anni, l’ultima spiaggia: dopo c’è solo Master Chef.


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