Che faccia più caldo oramai non fa più notizia e che di conseguenza l’alcol nei vini sia aumentato è oramai un dato di fatto. Però quando ti capita sotto gli occhi questo grafico di Liv-Ex, basato su almeno 20000 vini rossi (di alto profilo, tengono a precisare) e suddivisi negli ultimi 30 anni qualche domanda te la devi fare.
La prima cosa che salta agli occhi è il fatto che tra le regioni prese in considerazione la Borgogna sempre essere su un altro pianeta, con incrementi bassissimi nel periodo fino al 2010 e con addirittura un arretramento nell’ultimo decennio: forse con una viticoltura attenta, “personalizzata” e che spesso non bada a spese come c’è nelle grandi vigne borgognone è più facile contenere l’alcol.
Le altre quattro zone (a proposito, mi fa un bell’effetto vedere due regioni italiane considerate alla pari di Borgogna, Bordeaux e California…) hanno avuto incrementi più o meno importanti ma comunque attorno ad 1 grado alcolico nel primo decennio del secolo ma poi, California, Piemonte e Toscana sono in qualche modo corse ai ripari, bloccando quest’aumento e in qualche caso “diluendolo” nel decennio successivo. Bordeaux invece si è ritrovata in 30 anni da vini attorno ai 12.5° a prodotti che sfiorano i 14°.
All’interno di questo grafico c’è tutto un mondo e tantissimi modi di affrontare quello che sicuramente è un problema ma su cui si giocherà la battaglia del vino di qualità in futuro.
Viene da chiedersi se quest’aumento di alcol porterà i vini di alta fascia ad invecchiare meglio o peggio, ad essere pronti prima: sicuramente porterà ad equilibri diversi, in buona parte ancora da ricercare e da trovare.
La cosa che mi colpisce di più, ripeto e che mi fa vedere in maniera più rosea il futuro e che in qualche modo quasi tutti sono riusciti ad arginare l’escalation dell’alcol e a fermarsi su livelli indubbiamente alti ma, come vediamo tutti i giorni attorno a noi, abbastanza gestibili.
Questo può voler dire solo una cosa, che i produttori di vino di qualità, magari investendo di più su ore lavoro e su miglioramenti agronomici, sono riusciti ad adattare la vigna e le loro idee ad un clima che è cambiato. Non possiamo nascondere anche il fatto che tante zone, dove le maturazioni fenoliche e alcoliche erano difficili hanno beneficiato (mi viene in mente Bordeaux: quanti ancora chaptalizzano?) di questo cambio di clima, ma anche loro si sono dovuti, bene o male adattare a metodologie diverse di approccio alla vigna.
Però dovremo abituarci tutti non solo a vini diversi ma anche a modi di degustare diversi sia a tavola, dove con piatti che puntano sempre più su diminuzione delle parti grasse e spesso anche delle carni importanti in menù, abbinare rossi (o anche bianchi) come minimo di 14° sarà complesso e molto selettivo. Ma anche organizzare degustazioni con batterie di 20/30 vini che superano i 14° avrà bisogno di un allenamento specifico.
Insomma, ci dovremo abituare a vini diversi e a modi diversi per approcciarli. E pensare che nemmeno 20/25 anni fa avevano fatto il loro ingresso in cantina i concentratori perché c’erano prodotti troppo diluiti…