Terrano: un vino da conoscere4 min read

Si è aperta all’insegna della pioggia la manifestazione Teranum 2011, svoltasi a Trieste nel mese scorso. Sembra che le manifestazioni triestine/carsoline godano nel presentare i propri gioielli all’insegna del cattivo tempo (chi era presente a Mare & Vitoska ricorderà….), ma questo non ferma sicuramente l’intera organizzazione né danneggia l’immagine che si vuole dare.

La crisi c’è e si fa sentire: quest’anno a differenza dello scorso, il Consorzio ha dovuto contare soprattutto sulle proprie forze e su risorse minori per l’intera organizzazione della manifestazione, con una riduzione importante delle iniziative presentate durante l’edizione 2010. Ciononostante i produttori hanno sapientemente illustrato, senza risparmiarsi, il frutto dell’ultima vendemmia. Per la prima volta sono stati messi in degustazione alcuni dei Terrano 2011 appena prodotti, per carpirne, già a pochi mesi dalla vendemmia, sfaccettature e particolarità.

Le zone di provenienza spaziano naturalmente tra il Carso triestino e quello sloveno, ma le differenze in fase di degustazione sono minime soprattutto per quanto riguarda le caratteristiche principali. Da precisare che molti dei prodotti non sono ancora in bottiglia e, a parte alcuni vini ancora sporchi al naso e non pronti in bocca a causa di malolattiche in corso, ci sono degli aspetti che non possono essere trascurati e la differenza si vede e si sente anche nei confronti  della passata edizione.

Anzitutto una grande differenza si nota subito tra produttori già affermati nel panorama enologico carsolino e i giovani produttori. Nei Terrano dei primi è chiara e evidente la mano di chi la terra la conosce, di chi “sa” in che modo parlare alla pianta e trasformare il frutto di un anno di lavoro in un prodotto che delizierà poi i palati dei consumatori. Nei Terrano dei secondi è evidente ancora una ruvidezza di fondo, data dalla voglia di fare, ma dalla scarsità d’esperienza. I profumi sono nel 70% dei casi decisi e marcati e spiccano i sentori di lampone, mirtilli, more, quasi come se si stesse annusando un concentrato di frutta. In bocca i sentori percepiti al naso continuano a persistere e vengono resi frizzanti dall’acidità tipicamente spiccata della varietà. Fortunatamente la tipologia non presenta tannini ruvidi e importanti, perché questo renderebbe praticamente impossibile la degustazione. I tannini sono quasi impercettibili e laddove presenti comunque morbidi.

Qualche Terrano degustato ha la presunzione di…orientaleggiare (termine esistente??) e al naso sembra un concentrato di frutto della passione, atipico rispetto i canoni tipici della varietà, ma molto interessante.

Al termine della degustazione e comunque dal confronto diretto con i produttori le riflessioni si sprecano, anche dopo aver sentito i numeri che girano attorno la produzione di Terrano. Numeri veramente minimali: gli ettari di Terrano piantati in Italia sono circa 60-70, con circa 120-130mila bottiglie prodotte complessivamente nella zona del Carso.

Personalmente credo che, anche in seguito alle risposte avute da qualche produttore, i produttori di Terrano più che vendere hanno necessità di farsi conoscere e di far capire al resto dell’Italia enologica che anche zone impervie come il Carso possono offrire prodotti interessanti. La mia affermazione potrebbe essere provocatoria, ma d’altronde che mercato si potrebbe coprire con una produzione di 130mila bottiglie?

Obiettivi futuri. La produzione è stabile e si attesta sui numeri odierni, anche perché di terra, anzi di roccia da poter destinare alla vite, sul Carso oramai non ce n’è. Esiste la voglia di uscire con la propria storia dai confini del Carso e questo è comprensibile e apprezzabile. La tradizione ha sempre voluto che si consumasse Terrano giovane e oggi si sta tornando a riproporre questa tendenza anche se ai produttori verrà lasciata facoltà di decidere sul periodo di affinamento. Personalmente concordo con la scelta di voler tornare a consumare Terrano nei primi anni di produzione, necessario per apprezzarne l’impeto caratteriale e la freschezza.

Anche quest’anno, come lo scorso, qualche produttore ha voluto ribadire la particolarità del carattere dei carsolini, parlando di ruvidezza e scontrosità paragonando queste caratteristiche alle peculiarità del Terrano. Personalmente ho sempre trovato e percepito un grande amore per la loro terra e un profondo rispetto per i prodotti che da essa nascono. Caparbietà tanta, dovuta al fatto che credono tanto nella loro terra e nei loro prodotti, ma non scontrosità.

Fratellino del Refosco, il Terrano va apprezzato per come si presenta; sarebbe ingiusto volerlo cambiare o modificarne le caratteristiche. Per apprezzarlo occorre conoscere la storia delle persone che lo producono e lo valorizzano, occorre conoscerne la cultura e soprattutto le tradizioni in chi crede nelle sue potenzialità.

Arrivederci a Teranum 2012

Simona Migliore

Siciliana DOC, nasce a Vittoria, patria del famoso Cerasuolo. La formazione umanistica viene arricchita dei profumi delle vendemmie siciliane grazie alla collaborazione con un’azienda vitivinicola siciliana. Non beveva ancora e non aveva assolutamente idea di cosa il meraviglioso mondo del vino e della gastronomia celassero!!!

La curiosità per il mondo del vino cresce al punto da spingerla a lasciare la Sicilia. Frequenta il mondo AIS, ma decide di sposare i principi e i metodi dell’Onav. Si diletta a “parlar scrivendo” bene o male dei posti in cui si ferma a mangiare e degustare. Esperta degustatrice, Donna del Vino, esperta di analisi sensoriale, collabora con enti, consorzi e aziende vitivinicole…da qualche anno è entrata nel mondo degli Artigiani Birrai del FVG.

Nel 2009 viene adottata da Winesurf, giornale per il quale, ispirazione permettendo, scrive e degusta senza smettere mai di imparare.


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