Terra Tremula 2. Il Montepulciano visto da lontano3 min read

Formula molto particolare per un incontro/evento organizzato a metà novembre dalla Provincia di Teramo per promuovere il Montepulciano d’Abruzzo delle Colline Teramane Docg e sottoporlo al giudizio di blasonati nomi della viticoltura nazionale: Martin Foradori (Hofstätter); Stefano Moccagatta (Villa Sparina); Alessio Planeta (Planeta) e Paolo Vagaggini (enologo e consulente). Il tutto moderato da Paolo Lauciani, sommelier disinvolto e di fluente eloquio.

Dall’altro lato, come scolaretti in attesa dell’interrogazione, otto tra i migliori produttori locali, alcuni relativamente giovani, altri con alle spalle quaranta e più vendemmie: Barba, Centorame, Illuminati, Montori, Pepe, Strappelli, San Lorenzo e Villa Medoro. Tifosi d’eccezione Francesco Paolo Valentini e Marina Cvetic (Masciarelli). In platea una nutrita schiera di giornalisti, addetti ai lavori, appassionati e amministratori locali. Un gioco, certo, cui hanno regalato leggerezza i “giurati”: tre su quattro hanno dichiarato di conoscere molto poco il Montepulciano d’Abruzzo (Valentini, Masciarelli) e niente affatto l’espressione teramana di questo vitigno.

Seduto nella bellissima sala, splendidamente allestita, messa a disposizione dal comune di Civitella del Tronto degustavo e pensavo a quale fosse la cosa interessante da raccontare. Ecco: l’ossessione dell’invecchiamento ad libitum. Un vino così ricco e potente, secondo i produttori venuti “da lontano”, deve e può invecchiare ancor di più e certi piccoli difetti nelle bottiglie in degustazione (annate dal 1998 al 2003) sono dovuti soltanto ad una certa non consuetudine delle aziende all’invecchiamento per vini che possono vivere tantissimo, oltre trent’anni.

Le obiezioni (semiserie). Il sig. Gianluca Gaudioso scrive all’azienda Pepe (che affina i vini soltanto in vetro): “Buongiorno, sono un appassionato di vini veri, come quelli che producete voi. Ho festeggiato il mio compleanno con una bottiglia di vostro Montepulciano vendemmiato nell’anno in cui sono nato (bottiglia nr. 2932). Sono nato il 15 ottobre 1967. Ci sono sicuramente tanti motivi più validi, ma mi avete fatto piangere e non me ne vergogno. Grazie di cuore”. Quindi, una certa predisposizione all’invecchiamento molte aziende ce l’hanno, eccome.

Obiezione due (Camillo Montori, produttore teramano di lungo corso): “Non va dimenticata l’anima giovane del Montepulciano, quella che dà da vivere alle aziende: frutto, freschezza, facilità di beva”.

Obiezione tre (mia): “Se uno ha visto ridotte ad un cimitero di vetro e marmellata la cantina sua e quella di molte enoteche e ristoranti aquilani è (per il momento) scarsamente predisposto nell’animo ad aspettare che le cose invecchino prima di goderne”.

Obiezione quattro: “Ma siamo davvero sicuri che un vino potente, concentrato, con tannino sempre più vellutato e rotondo e con invidiabile scheletro acido debba sempre e per forza migliorare dopo dieci e più anni senza snaturarsi nella sua identità e peculiarità?”. Ogni bottiglia ha la sua storia e non è detto che la progressiva fatale scomparsa del frutto (prugna il sentore dominante) sia degnamente sostituita dal resto.

Il resto è (per seguire la moda) l’ elenco, fatalmente parziale, dei riconoscimenti e della relativa aggettivazione ascoltati durante la degustazione: sangue, sottobosco, frutti di bosco, misterioso, magico, liquirizia, profondo, terra bagnata, elegante, sottosella, erbe, spezie, frutta esotica, frutta secca, fumo, tartufo, grafite, cannella, foxy che fa molto Borgogna, arcaico, cuoio, cuoio bagnato, emozionante, inossidabile, ferro, ferro e altri minerali, sontuoso, sorpresa, sapido, spezia, cioccolato, polposo (eccetera e puntini di sospensione).

Degna conclusione della bella serata, la cena da Zunica 1880 Ristorante & Hotel in piazza Filippi Pepe, cuore della Borbonica Civitella del Tronto, con la Fortezza ultimo baluardo ad arrendersi ai piemontesi addirittura tre giorni dopo la proclamazione dell’Unità d’Italia (17 marzo 1861).  

Il menu: panino d’autore con porchetta di Campli; zuppetta di pecorino e tartufo; "Fusilloro" all’amatriciana; coscio d’agnello farcito; rivisitazione della pizza dolce. Ricchi premi e cotillon. Partenza notturna, bucando il Gran Sasso ancora una volta, per tornare a casa verso la mia terra ballerina.  

Carlo Macchi

Sono entrato nel campo (appena seminato) dell’enogastronomia nell’anno di grazia 1987. Ho collaborato con le più importanti guide e riviste italiane del settore e, visto che non c’è limite al peggio, anche con qualcuna estera. Faccio parte di quel gruppo di italiani che non si sente realizzato se non ha scritto qualche libro o non ha creato una nuova guida sui vini. Purtroppo sono andato oltre, essendo stato tra i creatori di una trasmissione televisiva sul vino e sul cibo divenuta sicuramente la causa del fallimento di una nota rete nazionale. Riconosco di capire molto poco di vino, per questo ho partecipato a corsi e master ai quattro angoli del mondo tra cui quello per Master of Wine, naturalmente senza riuscire a superarlo. Winesurf è, da più di dieci anni, l’ultima spiaggia: dopo c’è solo Master Chef.


ARGOMENTI PRINCIPALI



LEGGI ANCHE