Teroldego (R)Evolution: un bel gruppo di giovani per un grande vino/vitigno5 min read

Qualche giorno fa una delle tante maledette grandinate estive che oramai sono all’ordine del giorno ha devastato una bella fetta della Piana Rotaliana, in Trentino. Abbiamo visto tutti immagini di vigneti di teroldego spogliati completamente delle foglie e con i grappoli che sembravano lembi di pelle di un corpo martoriato. Questo articolo doveva nascere per parlare di un giovane gruppo di produttori, i Teroldego (R)Evolution e purtroppo non può non essere dedicato a chi di questi agricoltori ha avuto danni irreparabili per la prossima vendemmia.

Forza ragazzi!


Lo dico subito così la cosa è chiara. Il Teroldego Rotaliano (e sottolineo Rotaliano) è uno dei miei vini del cuore. Ho cominciato a berlo circa 45 anni fa, quando frequentavo il Trentino facendo finta di fare gare di sci e non ho più smesso di apprezzarlo.
Da quando mi occupo di vino ho seguito, anche con apprensione, i suoi alti e bassi, anzi i suoi presunti alti e bassi, non fidandomi assolutamente di Teroldego pluriblasonati dove il legno era componente basilare di vini che più di essere bevuti dovevano esser tagliati a fette. Tutte questo mentre cisterne di Teroldego, a prezzi da realizzo, lasciavano la zona per andare colorare vinti molto più famosi.


Quel periodo, almeno per quanto riguarda i vini da tagliare a fette, è finito, ma la situazione non è molto cambiata. Diverso Teroldego parte ancora sfuso con addirittura una bella fetta che viene declassato a IGT o vino rosso, e il mercato locale è sempre in mano delle grandi cooperative trentine che non hanno molto interesse a veder alzare il prezzo di vendita di una denominazione piccola (435 ettari) dove, neanche tanto per assurdo, molto spesso l’uva viene pagata più del vino finito.


Come dicevo la denominazione è piccola e non può nemmeno crescere se non la si vuole snaturare perché il pregio basilare del Teroldego Rotaliano è il terreno: praticamente è figlio di una zona dove il torrente Noce si è immesso per anni e anni in un fiume Adige molto diverso da adesso. Quindi la poca terra fertile che c’è, e che varia da zona a zona, ha sotto di sé un “fiume” di ghiaia e ciottoli, ricchissimo di scheletro, che crea una situazione unica e irripetibile. Infatti non solo tutti i vari Teroldego prodotti in altre regioni che ho assaggiato hanno marche aromatiche e strutturali diverse da quelli rotaliani, ma anche quelli prodotti a pochi chilometri su terreni diversi sembrano altri vini.


Quindi il Teroldego è per me un vino ancor più interessante perché riconoscibilissimo, anche se il disciplinare di produzione è uno dei più permissivi d’Italia, visto che autorizza delle rese di 170 quintali, con naturalmente il “regolamentare” 20% in più. Inoltre il vitigno Teroldego ha alcune caratteristiche molto particolari: ha moltissime sostanze coloranti ma pochi tannini e così non è molto facile arrivare ad una corretta maturazione fenolica, specie se le rese superano i 100 quintali per ettaro.
Per questo ci troviamo di fronte, quando i Teroldego non sono fatti come si deve, a vini con scarsi aromi, coloratissimi ma senza corpo e con tannini leggeri e magari verdi. Questo spiega il suo utilizzo come taglio migliorativo e inoltre si dimostra un vitigno da prendere con le molle: lavorandolo bene porta però a vini pieni, carnosi, profondi, con note aromatiche che partono dalla frutta di bosco e virano spesso verso la liquirizia e il fieno fresco . Inoltre sono vini che, nonostante il pH alto e l’acidità bassa, invecchiano benissimo e durante la serata con i i Teroldego (R) Evolution ne abbiamo avuto ulteriore prova.


E arriviamo così ai produttori: Il gruppo, che punta più ad una evoluzione del Teroldego che a una rivoluzione che scardini il sistema imperante, è composto da nove piccole aziende ma tutte con nomi importanti e conosciuti, non solo in Trentino. In assoluto ordine casuale: Enrizzi, Dorigati, Zeni, Foradori, Donati, De Vescovi, Gaierhof, Martinelli, De Vigili.
Cantine guidate (alcune in coabitazione con famosi genitori) da giovani e giovanissimi e tutte con la voglia di far emergere al meglio le belle caratteristiche di questo vino/vitigno. Durante il nostro incontro ne abbiamo degustati diversi e abbiamo trovato praticamente sempre una tannicità ben controllata anche se in alcuni casi il legno non riesciva a rimanere alle spalle del vino.Quello però che ci è piaciuto è stata da una parte la dolcezza dei tannini dei vini (che coprivano varie annate) e dall’altra le gamme aromatiche ben riconoscibili, con pochissime note vegetali e con bello sfoggio di frutta giustamente matura. In particolare rimaniamo sempre affascinatoi dalla facilità di beva dei teroldego “base”, dove la leggera trama tannica crea spazio ad una equilibrata e dolce ampiezza, per niente cedevole, e il naso si sviluppa verso frutti di bosco con quasi sempre la mora in evidenza. Partendo da una “base” del genere il rischio è quello di strafare e in passato molti l’hanno fatto, ma alcuni vini degustati ci hanno fatto capire che è possibile elevare tutte le caratteristiche del vino senza snaturarle, naturalmente non ogni vendemmia ma la strada è già stata percorsa più volte.

Non sono certo tutti vini perfetti, per carità, e alcuni non ci hanno convinto. Ci ha convinto invece la voglia di crescere, di credere in un vino e di voler farlo bene e farne conoscere i reali pregi.
Naturalmente i vini dei (R) Evolution (assieme a quelli degli altri produttori) li abbiamo degustati al Consorzio per la nostra guida ma i risultati usciranno più avanti. Quindi non ci sbilanciamo a citare tizio o caio anche se qualche giorno fa, ma per una bottiglia di quasi venti anni, qualcosa abbiamo scritto.

Carlo Macchi

Sono entrato nel campo (appena seminato) dell’enogastronomia nell’anno di grazia 1987. Ho collaborato con le più importanti guide e riviste italiane del settore e, visto che non c’è limite al peggio, anche con qualcuna estera. Faccio parte di quel gruppo di italiani che non si sente realizzato se non ha scritto qualche libro o non ha creato una nuova guida sui vini. Purtroppo sono andato oltre, essendo stato tra i creatori di una trasmissione televisiva sul vino e sul cibo divenuta sicuramente la causa del fallimento di una nota rete nazionale. Riconosco di capire molto poco di vino, per questo ho partecipato a corsi e master ai quattro angoli del mondo tra cui quello per Master of Wine, naturalmente senza riuscire a superarlo. Winesurf è, da più di dieci anni, l’ultima spiaggia: dopo c’è solo Master Chef.


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