Stampa estera: troppa acqua sotto i ponti e meno vino nel bicchiere5 min read

Acqua? No, grazie

Altro che siccità: pioggia ne è caduta tantissima quest’anno un po’ in tutta Europa, e a soffrirne sono state soprattutto le vigne condotte in regime biologico, dove la peronospora ha colpito pesantemente: ne parla “La Revue du Vin de France” nel numero di novembre.

Costretti a utilizzare esclusivamente prodotti di contatto (rame e zolfo) i vignerons si sono visti i loro trattamenti immediatamente dilavati dalle piogge continue. Tra le regioni della Borgogna, dove il bio ha preso letteralmente il volo negli ultimi sette anni, Chablis è stata quella che ha maggiormente sofferto, tanto che alcuni produttori non hanno potuto salvare nemmeno un grappolo d’uva in alcuni dei climat più esposti. I fiumi Ouche, Serein, e soprattutto Armançon hanno prodotto danni enormi con piene ed esondazioni che hanno superato di gran lunga il record del 2013. Poi quel che le piogge hanno risparmiato é stato colpito dalle gelate primaverili e dalla grandine.

Non si tratta, purtroppo, di singoli episodi. Già nel 2016 le gelate che avevano colpito soprattutto la Cote de Beaune avevano obbligato diversi vignerons, che avevano visto le loro vigne falcidiate dalla pressione delle malattie, a interrompere la conversione o a uscire dal regime biologico. L’onda crescente della viticoltura biologica è stata brutalmente posta di fronte alla propria vulnerabilità e ormai in molti lamentano l’eccessiva rigidità della regolamentazione, che obbliga quei viticultori costretti a utilizzare anche solo eccezionalmente prodotti di sintesi per salvare la vendemmia ad attendere poi tre anni (tanti quanti sono necessari per ottenere la prima certificazione) per il ripristino.

Piove sul bagnato

Ebbene sì, i consumi di vino continuano a calare: non solo nei paesi tradizionalmente importatori (come l’Inghilterra, dove il popolarissimo Prosecco italiano è sotto attacco della speculazione e della contraffazione), ma anche nei grandi paesi esportatori , come l’Italia e la Francia, minacciati dalla pressione medica e, si teme, dalla aggressiva politica dei dazi annunciata del neo presidente Trump.

Preoccupa, soprattutto nei paesi come la Francia, tradizionalmente grandi consumatori di vini rossi, la drastica riorientazione dei gusti in corso ormai già da diversi anni. Le statistiche, si sa, spesso confermano l’ovvio, cioè ciò che tutti già hanno compreso, ma anche i dati certificano che il consumo dei vini rossi è in costante calo, tanto da farsi sentire perfino a Bordeaux. I bianchi, invece -lo conferma uno dei maggiori vendor “en ligne” di Francia, WineandCo, crescono regolarmente dal 2019: anche più del 30% l’anno, con un’ulteriore accelerazione al 38% dal 2023.

Il sorpasso della cucina di pesce su quella di terra nei ristoranti e nelle diete, la moda degli aperitif dinatoire, che reclamano vini più leggeri, spingono il loro consumo, a discapito dei vini rossi importanti ricchi di alcol.

Anche i cavistes confermano la stessa tendenza, così come la crescita dei vini biologici e “sostenibili”: se i vini biodinamici sono cresciuti dal misero 1% al 6%, lo sono in misura maggiore quelli HVE (Alto Valore Ambientale) tra i produttori della viticoltura convenzionale, che copre ancora l’83% del mercato.

In compenso è notevolmente cresciuta la richiesta di vini di qualità superiore. Al calo ormai netto della fascia più economica dei vini fino a 8 euro, prevalente fino a soli cinque anni fa, i vini più richiesti oggi hanno scavalcato anche la fascia immediatamente successiva di quelli fino a 12 euro, per raggiungere quella dei vini premium (tra i 12 e i 20 euro). Di più: nonostante il notevole aumento del loro costo, resta stabile, negli ultimi dieci anni, la richiesta (pari al 13%) dei vini “super premium”, quelli da 30 a 100 euro la bottiglia.

La scalata degli ibridi

Non stiamo parlando di auto, ma di vino. Se i consumi di vini, soprattutto rossi e alcolici, sta inesorabilmente calando sotto la spinta delle preoccupazioni salutistiche e del cambiamento dei gusti e delle abitudini alimentari, è in piena effervescenza il mondo delle bevande innovative a basso tenore alcolico. Da un lato, infatti, cominciano a diffondersi i vins blouges, nati dal blend di vino bianco e rosso allo scopo di alleggerirne la struttura e il carico alcolico e rianimare l’acidità in costante calo per l’innalzamento delle temperature.

Cresce la popolarità della vière, l’ibrido vino- birra, prodotto dalla cofermentazione di uva e cereali . Ne parla” Le Figaro Vin” , che propone anche una degustazione dei prodotti più interessanti. Creata da un artigiano del Nord Italia, Birra Baladin, agli inizi degli anni duemila, l’esperimento ha ingolosito altri produttori europei. Recentemente anche alcuni birraioli d’oltralpe (Remy Martin di Gallia e la Brasserie du Mont-Salève) hanno intrapreso con convinzione questa strada, lanciando prodotti innovativi. Non solo grenache e syrah: la nota Maison de négoce di Nuits-St. Georges, la Maison Romane, ha lanciato una collezione di vières da varietà borgognone (aligoté, chardonnay, gamay e pinot noir ) denominata Mousses sauvages, utilizzando una macerazione carbonica parziale (alla Beaujolais) e un affinamento di almeno sei mesi in fusti . Le gradazioni alcoliche (8°) sono quasi da vino e i prezzi sostenuti. Il Mousses Sauvages da Pinot noir tocca infatti i 20 euro la bottiglia classica da 0.75 cl.

Con le vières le gradazioni alcoliche sono di poco superiori a quelle di alcune birre speciali, ma ancora lontani dai vini low-no, la cui richiesta sembra avere il vento in poppa (assicura “La Revue du Vin de France”), tanto che anche in Francia, i produttori interessati a questo tipo di mercato, che finora avevano dovuto inviare i loro vini in Belgio, Germania e Spagna per la dealcolazione, hanno deciso di creare un proprio centro nel Gers da 50.000 ettolitri l’anno grazie alla collaborazione tra Moderato, il leader del vino dealcolato, e Vivadour, una cooperativa di vignaioli del Gers. Il Nome? Decisamente allusivo: Le Chai sobre.

Foto di Imaresz da Pixabay

Guglielmo Bellelli

Nella mia prima vita (fino a pochi anni fa) sono stato professore universitario di Psicologia. Va da sé: il vino mi è sempre piaciuto, e i viaggi fatti per motivi di studio e lavoro mi hanno messo in contatto anche con mondi enologici diversi. Ora, nella mia seconda vita (mi augurerei altrettanto lunga) scrivo di vino per condividere le mie esperienze con chi ha la mia stessa passione. Confesso che il piacere sensoriale (pur grande) che provo bevendo una grande bottiglia è enormemente amplificato dalla conoscenza della storia (magari anche una leggenda) che ne spiega le origini.


LEGGI ANCHE