Stampa estera. Decanter, vol 46: ti sogno California ma a Bordeaux io andrò…6 min read

“Love California. Racconto di speranza e resilienza” è il titolo centrale della copertina di questo numero. Gli altri più importanti: Bordeaux 2018 in bottiglia, la  nuova annata nel Rodano sud , top sauvignon blanc neo-zelandesi, bobal spagnoli. E ancora: Uco Valley argentina, viaggio spettacolare in Patagonia, storia del bourbon.

Si comincia con le notizie del mese (le sei nuove varietà di uva per Bordeaux in primo piano), le lettere dei lettori e le pagine dei columnist. Come sempre interessante quella di Jefford, che si interroga sul perché delle eccellenti riuscite delle ultime cinque vendemmie in Francia nonostante siano stati superati tutti i record di temperature: 2020, 2018, 2014 e 2019, nell’ordine, sono state  le più calde, anche più della torrida annata 2003. I 46°del 28 giugno 2019 hanno polverizzato il record di 44°1 raggiunto nel 2003. Due le possibili risposte: la prima sta nei dettagli climatici. Per es. 2018 e  2020  hanno avuto primavere molto umide, ciò che ha aiutato le viti ad affrontare il caldo torrido e secchissimo della stagione estiva, e nel 2019 le ondate di calore più estremo sono arrivate più velocemente e sono durate meno di quelle del 2003. La seconda è l’esperienza fatta negli anni passati dai vignaioli: maggiore cautela nelle vendemmie verdi, più attenzione ad assicurare abbastanza ombra attraverso  il canopy management, rinuncia alla ricerca di surmaturità.

Eccoci alla degustazione in bottiglia dell’annata 2018 dei Bordeaux, dopo l’assaggio nelle primeur. Jane Anson ha provato  600 campioni, confermando l’alta riuscita del millesimo, soprattutto a Pauillac, Margaux e Saint-Émilion, e ha scelto i  suoi 50 top-scorer. Quattro bottiglie  su 5 sono assegnate da Decanter alla  Left Bank (vini eccellenti per ricchezza, complessità e potenziale di invecchiamento, ma talvolta estremi, con una conseguente perdita di tipicità) e 4 e mezza alla Right Bank (straordinaria soprattutto l’evoluzione dei Saint-Émilion che mostrano di aver sviluppato appieno le potenzialità mostrate nelle primeur) . E’ andata invece peggio per i bianchi secchi (3 bottiglie e mezza) e ancora peggio per i liquorosi del Sauternais (3). Dei 7 Châteaux valutati con 100/100 potenziali nelle primeurs (Beauséjour Duffau-Lagarrosse, Cheval Blanc, Lafite e Mouton-Rotschild, Pichon-Comtesse, Palmer e Vieux Château Certan, solo Cheval Blanc , Palmer, Mouton-Rotschild  a cui si è aggiunto Ausone, hanno effettivamente raggiunto il massimo punteggio di 100/100, mentre gli altri si sono fermati al punteggio comunque altissimo di  98 (99 per Léoville-Las Cases). Hanno raggiunto la stessa quota anche Montrose, Margaux e Haut-Brion, mentre si sono fermati a 97 Cos d’Estournel, Pichon Baron, Ducru-Beaucaillou, Rauzan-Ségla,nel Médoc, La Mission Haut-Brion e Smith-Haut Lafitte a Pessac-Léognan, Angélus, Fourtet e Belair-Monange a Saint-Émilion, Clinet,Trotanoy e Pétrus a Pomerol.

Dopo una vetrina dei vini tedeschi premiati al DWWA, seguono tre servizi dedicati a differenti aree del Nuovo Mondo. Il primo riguarda la California, il Golden State, colpito dalla furia degli incendi d’autunno e dalla piaga del covid, ma non piegato: Matthew Luczy parla del fervore profuso nella ricostruzione e delle nuove speranze attraverso le voci di alcuni protagonisti. Nel secondo, Cameron Douglas presenta i migliori Sauvignon della Nuova Zelanda di un’annata 2020 molto positiva, con numerosi vini “oustanding”, naturalmente con Marlborough in primo piano. Poi  Alejandro Iglesias delinea il profilo regionale dell’Uco Valley argentina, col suo “cool appeal” (siamo sulle pendici andine, a poco meno di 90 km. da Mendoza). La superficie vitata (principalmente malbec e cabernet sauvignon tra le uve rosse, chardonnay, sauvignon e sémillon tra le bianche) , quasi raddoppiata dal 2005 ad oggi (da 16.800 a 28.650 ha.) è distribuita tra tre grandi distretti (Tupungato, Tunuyan e San Carlos) e si è ora arricchita di diverse nuove indicazioni geografiche. Il clima è continentale, secco, con poche precipitazioni, con inverni freddi ed estati miti e temperature variabili secondo l’altitudine. Sono una decina i produttori di punta o da seguire con attenzione segnalati da Iglesias , che indica anche le cuvées che lo hanno maggiormente colpito.

Torniamo in Francia per il  ritratto del Domaine du Cellier des Moines di Givry, nella Côte-Chalonnaise. Il Clos du Cellier aux Moines (il nome si riferisce all’antica proprietà cistercense, risalente al XII secolo), di quasi 13 ettari, è tra i migliori cru per i rossi di Givry. Acquistato nel 2004 da Catherine e Philippe  Pascal, il Domaine è stato interamente rinnovato, a partire dalla avveniristica cantina interamente progettata per la lavorazione in gravità, costruita in una vecchia cava delle vicinanze, mentre l’antico, magnifico cellier dei monaci è stata restaurato ed è considerato uno dei tesori nazionali. Le vigne sono state convertite (dal 2017 interamente) alla conduzione biodinamica sotto la guida esperta di Guillaume Marko, che aveva già lavorato al Domaine de la Romanée-Conti. La verticale delle annate dal 2006 (escluse 2008 e 2011), hanno evidenziato un 2015 e, più sorprendentemente, 2017 superbi (96/100) e un 2010 appena un soffio al di sotto.

Eccoci ora ai vini del Rodano meridionale. Se quella di Châteauneuf-du-Pape è indubbiamente la denominazione star di questo territorio, Gigondas e Vacqueyras hanno notevolmente accresciuto negli ultimi anni la loro qualità e popolarità, mentre numerose appellations minori  (da Cairanne a Rasteau e Vinsobres) cominciano ad essere maggiormente conosciute e apprezzate. Se , nell’ultimo decennio, solo 2010 e 2016, eccezionali, hanno raggiunto le cinque bottiglie di Decanter, la 2019 (come 2009, 2015 e 2017) c’è andata molto vicina (quattro e mezzo). Due piccoli episodi piovosi estivi (il 15 luglio e il 15 agosto) hanno giovato ai vini di quest’annata, che riescono.  a combinare potenza ed eleganza. Il 2019 è stato perfetto per il mourvèdre , mentre la grenache è risultata molto scura e tannica : nei casi meno riusciti, eccesso di alcol, surmaturità, mancanza di freschezza. I bianchi sono molto freschi e fini e saranno apprezzati giovani. Nella denominazione star di Châteauneuf-du-Pape, tra i rossi, spiccano i 98/100 dell’Hommage à Jacques Perrin di Beaucastel, per il 60% mourvèdre molto vecchi, e del Clos des Papes . Per quanto riguarda i bianchi, raggiungono i 96/100 gli Châteauneuf di Alain Jaume, Château La Nerthe e Vieux Donjon. A Gigondas sono due le cuvées dello Château de Sainte-Cosme (Hominis Fides e Le Poste) a ottenere 97/100, a Vacqueyras il Domaine Le Sang des Cailloux firma la sua cuvée Un Sang Blanc 93/100 e due rossi, rispettivamente de La Ferme du Mont e Le Clos de Caveau ottengono lo stesso punteggio.

Prima di concludere, un cenno alle altre degustazioni principali di questo numero: il Panel Tasting, dedicato ai Bobal spagnoli, e l’Expert’s Choice, focalizzata, in questo numero, sui vini georgiani in rapida ascesa nel panorama internazionale. Del bobal (il bovale sardo) parla Jane Evans. Si tratta di una varietà diffusa soprattutto nella Spagna sudorientale, dalla quale si ricavano rossi generosi, abbastanza alcolici e rustici, e rosé molto colorati e profumati. Ha del potenziale, ancora inespresso da scoprire. Dopo il Tempranillo e l’Airen, con i suoi 62.000 ettari, il bobal è la terza varietà più coltivata in Spagna. Nella degustazione un solo vino, il Finca Terrerazo Vigna del Pago di Mustiguillo 2017, ha ottenuto 95 punti, che lo pongono nella classe dei vini oustanding, e un’altra quindicina sono stati giudicati come molto raccomandabili, con punteggi tra 90 e 93/100. Dei vini georgiani parla invece Carla Capalbo, che ne preconizza un futuro luminoso. Apprezzati per la loro immediatezza e per la loro versatilità sul cibo, ora diversi vini georgiani hanno cominciato ad essere importati nel Regno Unito. Sono ben quattro, per la Capalbo, i vini bianchi da lei selezionati che hanno superato la soglia dei 95 punti. Al vertice della sua graduatoria è il Tsitska-Tsolikuri-Krakhuna 2019 di Archil Guniava (98/100), mentre a quota 97 sono il Rkatsiteli Kakheti di Niki Antadze 2018 e il Chinuri macerato sei mesi 2019 di Iago Bitarishvili. Anche per quanto riguarda rossi e rosé  i risultati sono di tutto rispetto, con tre vini rossi e un rosé che hanno raggiunto la soglia dei 95 punti: 96/100 per il Superavi Budeshuri di Okro’s Wines.

Guglielmo Bellelli

Nella mia prima vita (fino a pochi anni fa) sono stato professore universitario di Psicologia. Va da sé: il vino mi è sempre piaciuto, e i viaggi fatti per motivi di studio e lavoro mi hanno messo in contatto anche con mondi enologici diversi. Ora, nella mia seconda vita (mi augurerei altrettanto lunga) scrivo di vino per condividere le mie esperienze con chi ha la mia stessa passione. Confesso che il piacere sensoriale (pur grande) che provo bevendo una grande bottiglia è enormemente amplificato dalla conoscenza della storia (magari anche una leggenda) che ne spiega le origini.


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