Stampa estera. Bourgogne Aujourd’hui, n. 160: la 2020 sarà l’annata più grande per la Borgogna?11 min read

“Il più grande ?” si interroga nel titolo grande di copertina il giornale, riferendosi al millesimo 2020 in Borgogna, al cuore di questo numero monografico. Sono in molti a dirlo e certamente a  sperarlo, ma sarà vero? Oltre all’ ampio servizio dedicato agli assaggi dei vini di tutte le denominazioni  di questo territorio (escluso il solo Beaujolais, che sarà oggetto di una trattazione a parte), ci sono un’ intervista a Gautier Capuçon e Bernard Hervet, musicista il primo e grande melomane il secondo,  organizzatori del Festival Musique & Vin al Clos Vougeot , un’altra puntata di storia  di Jean-Pierre Garcia (la nascita della bottiglia) e  un dossier enoturistico dedicato alle Bonnes Adresses a tavola.

Eccoci dunque all’anteprima dell’annata 2020. Come già 2019 e 2018 si è trattato di un millesimo molto caldo e molto secco, ma i risultati di ciascuno di essi sono molto diversi, in parte diametralmente opposti.

La 2018 era stata un’annata molto generosa, nella quale erano stati polverizzati tutti i record delle rese. L’anno successivo era stato colpito dalle gelate primaverili, che avevano distrutto prematuramente una parte della raccolta, soprattutto dello chardonnay, ma anche il pinot nero, dopo la performance del 2018, aveva subito un dimezzamento della produzione.

La 2019 è stata l’annata più solare delle tre, con vini molto concentrati e gourmand, dal fruttato maturo. Quanto alla 2020 l’inizio è stato  da annata perfetta: germogliamento molto precoce, alla fine di marzo, niente danni importanti di gelo e grandine, caldo stabile , poche piogge senza stress idrico generalizzato, vendemmie molto precoci, a partire dal 19-20 agosto per i vini fermi.

Il segnale di svolta sembra essere stato dato dal colpo di calore della fine di luglio: mentre gli chardonnay mettevano il freno, il pinot noir continuava a correre col suo ciclo vegetativo , ma con rendimenti che si sono poi letteralmente fusi al sole di agosto.

Risultato:  mentre quest’ultimo si arrestava a limiti di 20-25 hl. per ettaro, per gli chardonnay si arrivava piuttosto a 40-50 a seconda delle diverse parcelle, recuperando a seguito delle sia pur scarse piogge d’agosto. Inizio vendemmia, dunque, al 19-20 agosto con la tendenza a non andare troppo oltre per il pinot, mentre per lo chardonnay ci si è regolati secondo le scelte stilistiche  dei produttori: se a Beaune Ludivine Griveau ha preferito puntare su una maggiore  acidità e freschezza, a Meursault Patrick Essa  ha preferito aspettare un paio di settimane e raggiungere i 100 giorni classici dopo la fioritura. I vini peraltro sono risultati sorprendenti: ricchi, sia in bianco che soprattutto in rosso, ma molto tonici, carnosi , con tannini vellutati, soprattutto i pinot impressionanti.

Alla fine 19/20 per Bourgogne Aujourd’hui, sia in Côte-d’Or che in Côte-Chalonnaise per i rossi (meno nella Yonne, dove si sono avuti vini molto colorati e tannici) e 17/20 per i bianchi, con risultati leggermente più brillanti a Chablis e nel Maconnais . Forse a causa del raffrescamento notturno, forse per un migliore adattamento delle piante dopo la lunga serie di annate calde, certo anche per la maggiore attenzione al surriscaldamento da parte di vignerons e négociants: in vigna,  effeuillage ridotto, soprattutto in zona frutto per trarre beneficio dall’effetto d’ombra, rognage ridotto  e meno stretto sui fianchi per approfittare dell’ombra dei filari vicini, arresto del lavoro del suolo per non dissipare l’umidità residua. In cuverie  trionfa la vendange entière, praticata con  sempre maggiore ampiezza, per cogliere un più di freschezza  aromatica apportata da raspi a  perfetta  maturazione,  senza eccessi vegetali.

Guardiamo il quadro delle diverse zone, partendo dalla Yonne. Per gli Chablis è stata un’annata classica, più simile a 2017 e 2014, ricca e concentrata, sia negli zuccheri che nelle acidità, che ha dato  vini molto tipici ed equilibrati , più freschi di quelli della caldissima annata 2019. Diversamente  i rossi di Irancy appaiono oggi eccessivamente alcolici (le gradazioni, dal 2018, hanno raggiunto limiti di 14°5-15°5),  tannici e con tratti spesso vegetali e abbisognano di tempo per ammorbidirsi: tra i più riusciti quelli di Gabin et Félix Richoux (il base meglio dei due crus, Palette e Vaupessiot) .  Il punteggio più alto della degustazione è  stato quello  di uno Chablis 1er cru Montée de Tonnerre   di Jean-Paul e Benoit Drouin (19/20), che propongono anche  una eccellente batteria di crus, molti dei quali  hanno raggiunto i 18 punti. Eccellente anche lo Chablis dello stesso cru  del Domaine Billaud-Simon (18.5/20).  Molto bene, come sempre, i vini di William Fèvre, tra i quali spicca Bouguerots, e di Long-Depaquit. Piace segnalare gli Chablis del Domaine des Malandes e del Domaine Isabelle et Denis Pommier.

Vi sono state ottime riuscite, in generale, nella Côte de Nuits, nella quale spiccano i terroir di Chambolle-Musigny e Morey-Saint Denis con una percentuale elevatissima (rispettivamente l’81 e il 79%) di campioni eccellenti, con villages e premiers crus di grande livello. In vetta agli assaggi,  il Morey Premier cru Ruchottes  del Domaine Arlaud, star di questo territorio (18.5/20), ma subito dopo è lo Chambolle Les Amoureuses (18/20) del Domaine Amiot-Servelle, accompagnato da un eccellente Morey-Saint Denis village (18) e diversi Chambolle di ottimo spessore (17.5 al village del lieu-dit Les Bas Doix e mezzo punto in meno al premier cru Les Feusselottes).Una menzione va fatta anche al Domaine Anne et Hervé Sigaut, con la loro collezione di Morey e Chambolle parcellari.

Erano meno  numerose le cuvées di Clos Vougeot (come sempre eccellente la cuvée del Domaine Mugneret-Gibourg) e di Vougeot village e premier cru, in degustazione, ma hanno fatto ottima impressione  anche i vini meno importanti della denominazione (17/20 Les Petits Vougeot premier cru di Bertagna).

Riguardo alle altre denominazioni della Côte de Nuits, a nord Fixin è andata meglio di Marsannay (Bruno Clair ancora tra i riferimenti più sicuri) , dove comunque i rossi sono andati meglio dei più rari bianchi, ma soprattutto hanno fatto la loro figura i più umili Côte-de-Nuits Villages. La valutazione più alta è toccata a un Fixin village, il classico Les Crais del Domaine Berthaut-Gerbet (18/20) , portato ad alti livelli dalla brava Amélie Berthaut.

La prestazione di Gevrey-Chambertin appare di grande solidità, con ottimi risultati a tutti i livelli, compresi i villages, tanto che la valutazione più alta della degustazione è stata quella attribuita alla Cuvée Alexandrine, la più rappresentativa del Domaine Marc Roy. Tra i vari produttori, oltre ai Gevrey del “colosso” Faiveley, vanno segnalate le batterie del Domaine René Bouvier (molto bene Les Racines du temps, 17.5/20), e  dei Domaines Arlaud (eccellente lo Charmes), Alain Burguet (spicca il suo Champeaux Premier cru, 18/20) e naturalmente l’impressionante regolarità del Domaine Bruno Clair (18 punti per il suo Clos Saint-Jacques e tra i 17 e i 17.5 tutte le altre cuvées di questa appellation).

Su buoni livelli, infine, sono tati i risultati anche delle appellations più meridionali della Côte de Nuits, nei comuni di Flagey-Échezeaux, Vosne-Romanée e Nuits-Saint-Georges. E’ per l’appunto di un Échezeaux du Dessus grand cru di Hoffmann-Jayer il punteggio più alto delle degustazione (18.5/20), anche se va ricordato che nella degustazione c’erano solo 8  cuvées di vini grands crus , e certamente non i  big di Vosne-Romanée. Per quanto riguarda villages e premiers crus, a Nuits-Saint-Georges , spiccano le cuvées dei climats settentrionali ( tra gli altri, 18/20 al Les Damodes di Chopin et Fils, 17.5/20 al Les Murgers del Domaine du Couvent), mentre a Vosne-Romanée (solo 30 le cuvées presenti in degustazione)  i punteggi più alti li hanno ottenuti Les Suchots tra i premier cru (16.5/20 quello del Domaine Jérome Chézeaux) e il Vosne-Romanée village del Domaine Mugneret-Gibourg .

Anche nella Côte de Beaune le migliori riuscite si sono avute tra i rossi. Questo appare molto evidente nelle denominazioni settentrionali: a eccellenti Corton rouges (80% di cuvées selezionate, 18.5/20 al Clos des Corton di Faiveley, punteggio più alto della degustazione) si contrappone un più modesto ed eterogeneo risultato dei Corton blanc e dei Corton-Charlemagne (68% di cuvées selezionate e 17.5/20 il valore più alto, al Corton-Charlemagne del Domaine Rapet).Fuori dai grand cru, le denominazioni con le migliori riuscite sono quelle di Aloxe-Corton, generalmente in rosso (al vertice il Les Maréchaudes dello Château de Meursault). Bene, sia in rosso (16/20 il Bois Buissot premier cru del Domaine Edmond Cornu), che  in bianco (17/20 quello del Domaine Cachat-Ocquidant), Ladoix, sia tra i villages che in premier cru, mentre l’appellation Pernand-Vergelesses, famosa soprattutto per i bianchi (17/20 il villages Les Belles Filles  della Maison Henri de Villamont), ha raggiunto le valutazioni più alte tra i rossi (18/20 l’Île de Vergelesses premier cru del Domaine Chandon de Brialles).

Il trend “rossi più che bianchi” si conferma anche nell’area di Beaune e Savigny, col piccolo satellite di Chorey-lès-Beaune. Tra i primi, il rosso col punteggio più alto è il non certo sconosciuto Clos des Mouches di Drouhin : 18.5/20 per un premier cru denso e concentrato dai tannini finissimi ed eleganti. E’ il bianco dello stesso cru e dello stesso Domaine , poi, che, con 17.5/20, raggiunge il vertice tra i bianchi della denominazione . A Savigny-lès-Beaune spiccano naturalmente i Pinot noir:  raggiunge i 18 punti un magnifico Les Lavières premier cru del Domaine Chandon de Brialles.  Molto brillanti-soprattutto i Pommard, mai così pimpanti negli ultimi anni (81% di cuvée selezionate)- i vini, ovviamente rossi,  dell’area Volnay-Pommard: è il Volnay Clos des 60 Ouvrées, premier cru monopole del Domaine de la Pousse d’Or a spuntare il punteggio più alto di questa degustazione (18.5/20). Raggiunge 18/20 il premier cru Les Jarolières dello stesso Domaine, valutazione top dell’AOC Pommard.

 

Nelle denominazioni più a ovest di , Saint Romain e Monthelie, il punteggio più alto è quello del Saint-Romain rouge Sous Roche di Henri et Gilles Buisson (18.5), mentre il Les Écusseux dello stesso Domaine, e  il Les Duresses premier cru del Domaine Prunier-Bonheur sono  le cuvée di spicco tra gli Auxey-Duresses (18/20). Anche a Monthélie, terroir che, con Saint-Romain esprime i migliori bianchi di questa zona, quest’anno  sono rossi i vini più brillanti (17.5/20 per il Clos Gauthey premier cru di Chanson).

Nell’area dei  grandi bianchi della Côte-de-Beaune, questa volta è Meursault  a stupire con degli chardonnay ricchi e concentrati,  di grande purezza : 18/20 il Les Gouttes d’Or premier cru del Domaine Buisson-Charles (altre quattro cuvée di questo Domaine hanno raggiunto o superato i 17 punti) . Eccellente anche il vIeux Clos du Château de Citeaux del Domaine Philippe Bouzereau (17.5/20).

Delle altre appellations, grand cru a parte, Puligny prevale su Saint-Aubin e Chassagne-Montrachet.  Sorprendentemente la valutazione più alta in un’area nella quale dominano gli chardonnay è stata raggiunta da uno Chassagne rouge Morgeot premier cru del Domaine Labruyère-Prieur (18.5/20), mentre il punteggio migliore tra i bianchi è stato  quello del grand cru Bienvenues-Bâtard Montrachet del Domaine Jean-Claude Bachelet et Fils (18/20).A Puligny 17.5/20 per lo Champ Gain premier cru di Buison-Charles, a Chassagne miglior bianchi sono stati, con lo stesso  punteggio, l’En Remilly di Philippe Colin  e La Maltroie (entrambi premier cru) di Vincent et François Jouard, a Saint-Aubin raggiungono i 17 punti  due premier cru: Les Charmois del Domaine Jean-Claude Bachelet et Fils  e Les Murgers des Dents de Chien di Brigitte Berthelemot (una bella serie di cuvées della Côte-de-Beaune).

Infine, nelle due denominazioni più meridionali della Côte-de-Beaune, brilla particolarmente la cenerentola Maranges , che ama le annate calde , specie tra i villages (91% di cuvées selezionate), anche se la valutazione più alta è di un rosso di Santenay, il premier cru Les Gravières del Domaine Jean-Marc Vincent (18.5/20), anche se il Les Clos Roussots premier cru di Maranges  del Domaine Nicolas Perrault (bella batteria di cuvées di questa denominazione, a 17 punti e oltre) è subito dietro  con 18/20. Bene, in questa AOC anche il Domaine Maurice Charleux,  mentre a Santenay è molto convincente la proposta di vini di Louis Lequin .Tra i pochi bianchi di Santenay raggiunge i 17/20 il Passetemps premier cru della Maison Jean-Claude Boisset.

Anche in  Côte Chalonnaise i rossi appaiono più convincenti, ovviamente nell’ambito delle denominazioni  in cui prevalgono (Givry e Mercurey), ma anche Rully, dove si producono bianchi eccellenti. Lo score più alto è di un Mercurey Villages, il Vieilles Vignes del Domaine Jeannin-Naltet, una vera esplosione di frutti neri (18.5/20). Molto bene anche gli altri crus. A Givry spicca Les Dracy di Michel Sarrazin et Fils (17.5) , mentre a Rully ( ben 88% di cuvées selezionate tra i rossi), è un bel bianco a prevalere su tutti, il Villages del Domaine Michel Briday (17.5/20 con un naso molto elegante, dai tocchi floreali e citronné). Tra i bianchi di Bouzeron (aligoté)  si distingue il Les Corcelles del Domaine Gouffier, mentre tra i Montagny, bella appellation per gli chardonnay della parte sud della Côte, Laurent Cognard e lo Château de Chemilly propongono delle cuvées di tutto rispetto.

Nel Maconnais brillano naturalmente i freschissimi  premiers crus di Pouilly-Fuissé, che hanno preso davvero sul serio la loro promozione al rango superiore, con diverse cuvées degli  Châteaux de Beauregard, du Clos , de Fuissé  e dei Domaines Cheveau ,  Eric Forest, Saumaize, Cordier,   Guerrin et Fils e Lassarat, con diverse ottime selezioni tra i 16 e i 17.5/20. Ma il punteggio più alto della degustazione tocca a un Viré-Clessé di André Bonhomme, la cuvée Hommage a Gisèle Bonhomme (18/20), da vecchie vigne degli anni 20-30, ricca ed elegantissima di aromi di pesca, albicocca, mirabelle e boulangerie. Risultati soddisfacenti,  infine,  anche nelle altre denominazioni ( soprattutto  a Saint-Véran ).

Guglielmo Bellelli

Nella mia prima vita (fino a pochi anni fa) sono stato professore universitario di Psicologia. Va da sé: il vino mi è sempre piaciuto, e i viaggi fatti per motivi di studio e lavoro mi hanno messo in contatto anche con mondi enologici diversi. Ora, nella mia seconda vita (mi augurerei altrettanto lunga) scrivo di vino per condividere le mie esperienze con chi ha la mia stessa passione. Confesso che il piacere sensoriale (pur grande) che provo bevendo una grande bottiglia è enormemente amplificato dalla conoscenza della storia (magari anche una leggenda) che ne spiega le origini.


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