Stampa estera a portata di clicWine Spectator, no.9, 20194 min read

“Whisky” è il titolone, a caratteri cubitali, della copertina di questo numero, accompagnato da alcune bottiglie (non solo scozzesi) del famoso liquore. Nella sezione in fondo alla pagina, più in piccolo: Quattrocento rossi toscani da oltre 90 punti, i migliori spumanti d’Italia, una stella nascente nella Napa.

Cominciamo dunque dal whisky, tema principale di questo fascicolo autunnale. Introdotto dall’editoriale di Shanken e Matthews, occupa oltre 30 pagine delle 65 dedicate agli articoli della rivista (il resto è per le numerose  rubriche e per la Buying Guide). Un breve articolo di inquadramento di Jeffery Lindenmuth introduce i lettori di WS nel mondo di questa bevanda. Viene dapprima spiegato come si produce il whisky, poi vengono prese in esame le diverse regioni nelle quali esso nasce, cominciando ovviamente dalla Scozia , non trascurando di segnalare le bottiglie più interessanti di whisky scozzese.

Ma questo liquore si produce pure, in diverse versioni, in America , patria del bourbon e del rye , e su di essi è l’ articolo successivo, firmato da Charles Cowdery, che propone le sue migliori scelte di whisky americano.

C’è poi l’Irlanda: lo schema è lo stesso degli articoli che l’hanno preceduto, e a presentarla, come aveva già fatto per i whiskies scozzesi,  è Jonny McCormick.

Non vanno dimenticati infine il Giappone , grande produttore di whiskies di pregio, alcuni dei quali ricercatissimi nelle aste di settore,  il Canada e perfino l’India, a ciascuno dei  quali è dedicato un articolo specifico, sempre accompagnato dalle selezioni degli esperti di WS.

Infine un ampio articolo conclusivo  di Susannah Skiver Barton , che firma anche gli articoli sui whiskies asiatici (Giappone  e India) , presenta un’ampia rassegna degli altri paesi produttori, tra i quali sono molti insospettabili , come la Francia, la Germania e il Belgio.

Una foto panoramica a due pagine , che ritrae Piero Antinori, con la figlia Albiera e Renzo Cotarella su una verdeggiante terrazza toscana, introduce l’articolo di  Bruce Sanderson, “specialista” di vini toscani, che presenta i diversi “distretti” del vino toscano con le sue principali denominazioni, e l’andamento delle ultime otto vendemmie (dal 2009 al 2016, escludendo per il momento la 2017 e la 2018 , le cui valutazioni sono ancora in corso): 2015 e 2016 stellari, le migliori di questo periodo secondo WS, con 96-97 punti su 100,  2012 e 2014  le meno briillanti, sia nelle regioni del Chianti che a Bolgheri e in Maremma.

Per quanto riguarda il Brunello, sono prese in esame solo le annate 2009-2014, e al vertice sono la 2010 (98/100) e proprio la 2012 (96).

Sanderson propone poi la sua personale classifica delle migliori bottiglie  di questi ultimi anni (tutti i toscani insieme). La totalità dei rossi in classifica proviene dalle annate 2015 e 2016. Al vertice, secondo Sanderson, sono  alcuni dei più conosciuti Toscana rosso (Solaia, Tignanello, Flaccianello, Messorio, Masseto) e il Sassicaia , tutti valutati tra 97 e 98/100. Poi sono ancora Bolgheri e Toscana rosso (nei quali imperano cabernet e merlot) i protagonisti assoluti.

I Chianti classico sono ampiamente al di sotto e meno numerosi: i primi sono due vini della Tenuta di Bibbiano, rispettivamente al nono e decimo posto. Spiccano tuttavia  tra i top value, ossia i vini col miglior rapporto qualità-prezzo (otto tra i primi dieci). In entrambi gli elenchi non c’è nessun Brunello di Montalcino  e un piccolo spazio è lasciato anche al Nobile di Montepulciano.

Alison Napjus  informa i lettori di WS sul successo delle bollicine italiane, indicando quattro zone principali: Franciacorta (“ispirati allo Champagne”),   Trento DOC (“mineralità alpina”), Prosecco  e, udite-udite, il Lambrusco. E Piemonte e Oltrepò?

Le bottiglie con i punteggi più alti sono quelle franciacortine, mentre (con tutto il rispetto) fa impressione l’uniformità delle valutazioni dei migliori Trentodoc (tra le quali la Riserva del Fondatore Giulio Ferrari) e di alcuni Lambrusco Grasparossa.

L’ultimo articolo di questo numero è dedicato a Jean Hoefliger e alle sue wineries nella Napa Valley (Alpha Omega, Axr, Clark-Claudon, The Debate): le migliori bottiglie superano in molti casi i 200 dollari. “I vini della Napa Valley invecchiano meglio dei Bordeaux” afferma Hoefliger, che ha anche acquisito una cantina nel Priorat (Perinet).

A seguire c’è la Buying Guide, con le sue vetrine. In quelle di maggior prestigio, tra una miriade di bottiglie americane, a rappresentare l’Europa sono solo due vini toscani: il Chianti Classico  Gran Selezione Vigne di Montornello 2015 di Tenuta Bibbiano e il Chianti classico Castellare di Castellina 2017.  Non restano che le news, il feedback dei lettori, le rubriche di GrapeVine e le pagine dei columnists. Chiude il Perfect Match: Ice cream e Armagnac.

Guglielmo Bellelli

Nella mia prima vita (fino a pochi anni fa) sono stato professore universitario di Psicologia. Va da sé: il vino mi è sempre piaciuto, e i viaggi fatti per motivi di studio e lavoro mi hanno messo in contatto anche con mondi enologici diversi. Ora, nella mia seconda vita (mi augurerei altrettanto lunga) scrivo di vino per condividere le mie esperienze con chi ha la mia stessa passione. Confesso che il piacere sensoriale (pur grande) che provo bevendo una grande bottiglia è enormemente amplificato dalla conoscenza della storia (magari anche una leggenda) che ne spiega le origini.


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