Stampa estera a portata di clic: Wine Spectator, vol. 44, 20193 min read

La foto di uno Chardonnay della Russian River Valley annuncia in copertina il titolo grande di questo numero, che ha per tema principale l’Annual Report sullo chardonnay californiano, “the golden grape”, come la definiscono enfaticamente i due editors di WS.

Titoli minori sono per le degustazioni dei Bordeaux dell’annata 2018 “in barrel”, e la cucina dello chef Michael White, il cui menu d‘estate esalta il “true Italian” al ristorante Marea di New York.

Cominciamo dal servizio sullo chardonnay, che occupa circa un terzo della rivista. Il cuore é la Sonoma County, con le sue aree più fresche: qui, con la sola eccezione della fredda e umida annata 2011 (le cose sono andate ben diversamente da noi), tutte le annate  successive, fino a quella, forse la migliore, del 2017, che ha dato vini potenti ma anche complessi, hanno raggiunto o superato i 90 punti medi.

Un andamento similare é stato quello quello di Carneros, mentre la Napa ha mostrato una buona regolarità  (con la punta più alta nel 2012), leggermente al di sotto Santa Barbara.

Nella graduatoria dei preferiti di Kim Marcus , autore del report, gli 8 vini che hanno raggiunto o superato i 95/100, si distribuiscono tra le annate 2016 e 2017. I migliori? Il Carneros Chardonnay 2017 di Larry Hide & Sons e il Russian River Valley Ross Station Estate della stessa annata, entrambi a 96/100.

Come da copione, l’articolo di Marcus é seguito dalla consueta Guida Alfabetica degli chardonnay californiani : all’incirca 550 vini , dei quali viene indicato solo il prezzo e lo score, mentre le tasting notes complete sono accessibili nei Wine Ratings online.

A completare questa sezione dedicata al popolare vitigno, è un ampio ritratto-intervista , sempre di Marcus, dedicato a David Ramey, “Professor Chardonnay” con almeno 40 vendemmie alle spalle: tra i suoi vini migliori, anche 5 single-vineyard, come appunto  il Carneros Hyde Vineyard.

A seguire é l’articolo su White e il suo menu “true italian” . Per i curiosi: insalata di mare, pansotti al pesto di ortiche, spigola grigliata con due salse (verde e palermitana), e crostata di ricotta e fragole con gelato e biscotti. I vini per accompagnarlo: un Lambrusco Reggiano sull’insalata, una Ribolla gialla del Collio sulla pasta, un Etna bianco per la spigola e un Moscato d’Asti per il dolce. Ovviamente con ricette e molte foto.

Eccoci infine alla vendemmia 2018 di Bordeaux: “ A comeback for the Ages” é il titolo dell’articolo di Molesworth , a sottolineare la grande propensione all’invecchiamento di questa bizzarra annata  strapazzata dalla pernospora. WS pone l’annata 2018  nelle posizioni di vertice tra le ultime , insieme alla 2016 per I vini della Left Bank, ma anche nell’altra riva i risultati sono stati eccezionali, al livello dello straordinario 2015. I migliori nel palmarès di Molesworth: Left Bank , Palmer, Pichon-Longueville Lalande e Léoville Las Cases, con 97-100/100; Right Bank, Trotanoy e Figeac, con lo stesso punteggio.

Più scorbutico il 2018 per i bianchi.  Top Wine per quelli secchi di  Pessac-Léognan, Smith-Haut -Lafitte (94-97), per quelli dolci del Sauternais, Château de Fargues, 93-96. Siamo giunti infine alla Buying Guide, con le valutazioni riassuntive dei vini di tutte le regioni del mondo. Nelle vetrine dei vini di maggior prestigio c’é anche un Chianti classico (il 2016 del Castello di Rampolla), mentre altri due (Castello di Gabbiano 2015 e Chianti classico 2016 Cavaliere d’oro) sono tra le bottiglie “Best value”.

Si chiude come sempre col Perfect Match: quello tra salmone croccante e Borgogna bianco.  A precedere tutto ciò, nelle prime 35 pagine della rivista, sono le numerose rubriche di Grape Vine (dove si parla anche del crescente successo del vino in lattina) e le pagine dei columnists:  Sanderson tesse l’elogio del Percarlo, sangiovese senza barriques, e Napjus dei rosé italiani.

Guglielmo Bellelli

Nella mia prima vita (fino a pochi anni fa) sono stato professore universitario di Psicologia. Va da sé: il vino mi è sempre piaciuto, e i viaggi fatti per motivi di studio e lavoro mi hanno messo in contatto anche con mondi enologici diversi. Ora, nella mia seconda vita (mi augurerei altrettanto lunga) scrivo di vino per condividere le mie esperienze con chi ha la mia stessa passione. Confesso che il piacere sensoriale (pur grande) che provo bevendo una grande bottiglia è enormemente amplificato dalla conoscenza della storia (magari anche una leggenda) che ne spiega le origini.


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