Stampa estera a portata di clic: Terre de Vins n.675 min read

Ovviamente Foires aux vins in primo piano (è il periodo) in risalto in copertina. Poi cantine top a Saint-Emilion, Latour in verticale, vigne aperte a Chablis, il vino rock. E ancora Châteauneuf-du-Pape in 80 cuvées.

Le Foires occupano le 40 pagine centrali di questo numero, seguite dalle degustazioni particolari (le Pepite biodinamiche scelte da Marc Vanhellemont  e i Cahors 100% malbec di Frédérique Hermine, e ancora tre ottimi Cornas raccomandati da Jean-Michel Brouard).  180 le cuvées, da 4 a 75 euro, scelte da Terre de Vins nella grande distribuzione e presso i rivenditori Internet: chi scrive ha approfittato di una delle offerte di Vinatis, un interessante Pouilly-Fuissé sur la Roche, in via di promozione come  premier cru della sua denominazione tra i climats del comune di Vergisson, del Domaine Guerrin et Fils ( € 19.50).

Vediamo alcune proposte tra le più stuzzicanti e più a buon mercato “scoperte” dal nostro giornale. Da Auchan: lo Château La Verrière 2018, un Bordeaux supérieur, offerto a € 5.90.La più allettante di Carrefour: Les Lauriers du Terroir, Côtes-du-Rhône Valréas 2018 a € 6.50. L’offerta più conveniente di Casino:un vin orange  IGP Côtes de Gascogne del Domaine Hauret 2019, per € 4,05. Intermarché propone per soli € 4.39 un Fronton, la Cuvée Saint-Georges del Domaine Callory del 2016. Da E. Leclerc lo Cheverny Les Acanthes 2019 del Domaine Maison a € 6.10, da Monoprix  un Verdejo castillano 2019 di Haan Altés a € 4.90, da Nicolas un IGP Cité de Carcassonne  del Domaine de l’Estagnère 2018 a € 9.30, e l’elenco potrebbe continuare. Più caro (ma si tratta di un Borgogna), un interessante Bourgogne Côte d’Or del Domaine François Mikulski 2018 a € 20.90.

Prima di arrivare alle Foires aux vins, ci sono una quarantina di pagine delle consuete rubriche, due inserti semi-promozionali (non inseriti nella numerazione delle pagine) dedicati  ai vini di Auvergne e al Mont Ventoux-Lubéron, poi un reportage di architettura del vino dedicato  alle più belle nuove cantine di Saint-Émilion (spiccano Latour-Martillac e Grand Puy Ducasse , di stile Pauillac),un’intervista  a Cali, ovvero Bruno Caliciuri, attore-compositore di origini calabresi  con terre a Perpignan, e-di seguito- la saga dei Cordier e Jean-Claude Fayat “sur le divin”.

I Cordier erano négociants di vini a Toul, in Lorena. Nel 1917, durante la prima guerra mondiale, con la Germania a distanza di un colpo di cannone, Désiré Cordier decise di mettere la sua famiglia più al sicuro nel bordolese. Iniziò così la loro avventura in Gironda: non proprio in punta di piedi, perché cominciò con due acquisti prestigiosi, quelli dello Château Talbot, IVème cru di Saint-Julien, dove hanno festeggiato da poco il primo secolo della sua proprietà e dello Château Lafaurie-Peyraguey, premier cru di Sauternes. E i Cordier avrebbero potuto mettere le mani nientedimeno che su Haut-Brion, ma, come ha spiegato Nancy-Bignon Cordier nella sua intervista, quando suo nonno chiese alla moglie quale dei due Châteaux, entrambi in vendita, preferisse, tra Haut-Brion (oggi del principe Robert de Luxembourg) e lo Château Labottière, essa scelse il secondo perché si trovava a Bordeaux. Lo Château Labottière era un Hotel particulier del XVIII secolo, conosciuto anche come Maison Tivoli, situato appunto a Bordeaux . Ora ospita l’Institut culturel Bernard Magrez.

La nuova cantina di Chateau Talbot

Quanto a Jean-Claude Fayat, dirige a Bordeaux il quarto gruppo di BTP di Francia, dopo Vinci, Bouygues e Eiffage. Il suo gruppo in effetti possiede tre magnifiche proprietà: lo Château La Dominique, grand cru di Saint-Émilion, lo Ch teau Fayat a Pomerol, appena impreziosito da una nuova cantina elegante e innovatrice  firmata dall’archistar Jean Nouvel,  e lo Château Clément Pichon nell’Haut-Médoc . Nell’intervista Fayat ripercorre la storia della famiglia, i suoi rapporti con il Libournais, i progetti per le sue proprietà bordolesi.

Le degustazioni di questo numero  continuano con gli assaggi seriali dei rossi 2018 e dei bianchi 2019 di Châteauneuf-du-Pape e con una verticale di Corton-Charlemagne di Louis Latour. 80 le cuvées selezionate da Terre de Vins per la degustazione dei vini della celebre appellation del Sud del Rodano, e numerosi sono stati  i coup de couer. Tra i rossi il punteggio più alto (19/20 e coup de coeur della redazione) è stato conseguito dal Vin de la Solitude (Domaine de la Solitude), in vendita a 48 euro la bottiglia: 11 le varietà del blend impiegato, tra cui quattro bianche coltivate en complantation. Meno concentrazione, ma una grande bevibilità che sembra voler ritrovare il gusto antico di questo vino. Tra i bianchi, meno conosciuti ma di crescente popolarità, quattro cuvées raggiungono i 18/20, ma due di esse hanno il grande merito di fermarsi abbondantemente al di sotto dell’asticella dei 30 euro la bottiglia: il Tradition del Domaine des Chanssaud (€ 20.50) e Les immortelles del Domaine Fontavin (€ 26.90).

Grande prova del Corton Charlemagne di Latour nella verticale descritta da Sylvie Tonnaire e Clément L’Hôte: 19/20 per la cuvée della canicolare annata 2015, solo un punto al di sotto per 2008, 2009, 2010 e 2016. Cos’altro c’è in questo numero? Per la gastronomia ci sono i piatti della  la cucina dell’Hostellerie de Plaisance di proprietà della famiglia Perse (Château Pavie, of course), a Saint-Émilion, e i vini per accompagnare il valençay, eccellente formaggio di latte crudo di capra del luogo con lo stesso nome, e , come sempre, i due itinerari di viaggio: il primo nazionale , a Chablis , e l’altro all’estero (in Moldavia). Infine: i luoghi del vino, gli accessori, i libri e il commento di Pierre Arditi.

Guglielmo Bellelli

Nella mia prima vita (fino a pochi anni fa) sono stato professore universitario di Psicologia. Va da sé: il vino mi è sempre piaciuto, e i viaggi fatti per motivi di studio e lavoro mi hanno messo in contatto anche con mondi enologici diversi. Ora, nella mia seconda vita (mi augurerei altrettanto lunga) scrivo di vino per condividere le mie esperienze con chi ha la mia stessa passione. Confesso che il piacere sensoriale (pur grande) che provo bevendo una grande bottiglia è enormemente amplificato dalla conoscenza della storia (magari anche una leggenda) che ne spiega le origini.


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