Stampa estera a portata di clic: Decanter, giugno 20186 min read

Grenache in copertina, ma anche Bordeaux 2015 retasted, bianchi del Maçonnais e del Portogallo, Pinot noir californiani, tra i titoli principali. Tra quelli di contorno (riportati in basso): vini cinesi di Ningxia, quelli di Colchagua (Cile), viaggi a Vancouver e Cefalonia.

C’é ovviamente molto altro: tra gli articoli più interessanti non annunciati in copertina, l’inchiesta storica sui vini all’epoca del Terzo Reich, il profilo di Wynns a Coonawarra (Australia) e  l’intervista al proprietario di L’Église-Clinet, star di Pomerol, Denis Durantou. Ma cominciamo con ordine, partendo dagli articoli  ai quali la rivista ha voluto dare maggior risalto. Il primo di essi é quello dedicato ai Grenache del mondo. Oz Clarke ne ha scelti 41, tra i 96 e i 90/100. Al vertice, due vini spagnoli, di Montsant (tra le foto di copertina) , l’Auditori di Acustic Cellar, e il più famoso L’Ermita di Alvaro Palacios.

Poi si fa avanti il Sud della Francia, con un  Maury sec di Mas Amiel, uno Châteauneuf-du-Pape  di Clos des Papes, e un rosso di Coullioure, Coume dal Mas (da notare i risultati molto lusinghieri di vini provenienti da zone finora conosciute solo per il loro Vins Doux Naturels). Ci sono anche  dei vini di casa nostra. Certo, parecchio più giù: il primo (con 92/100) è un Canonau di Trexenta, 24°, poi un altro Canonau, 33°, della Cantina di Santa Maria La Palma, poi basta. Colchagua:  un terroir famoso soprattutto per i suoi Carmenere , ma Cabernet Sauvignon, Merlot e Syrah non vi mancano certo, oltre agli immancabili Chardonnay e Sauvignon blanc. La superficie dei vigneti è in pratica quadruplicata (da 8.000 a 30.000 ettari) in venti anni, e  vi si producono alcuni dei vini più famosi del Cile. Nella selezione di Alistair Cooper il punteggio più alto è quello riportato  dall’Apalta 2015, di (tutt’altro che uno sconosciuto anche in Europa).


Siamo intanto arrivati ai pionieri della vitivinicoltura cinese, a Ningxia. Di qui (anche se le distanze da queste parti non sono bruscolini), il deserto del Gobi non è lontanissimo. Le prime vigne risalgono a meno di quarant’anni fa (era il 1982), poi, nel 1996, il Presidente Li Peng  inserì la produzione di vini rossi nel piano quinquennale, dando grande impulso allo sviluppo della regione del Ningxia. Poi tutto ha proceduto a una velocità straordinaria, dal primo vino cinese premiato dal trofeo di Decanter, alla istituzione, due anni dopo, di un sistema di classificazione a cinque livelli che è la copia di quello di Bordeaux. Oggi, accanto allo Chateau Changyu Moser XV , il più antico tra i produttori di vino cinesi, sono già impressionanti i risultati ottenuti da Château Helan Qingxue, Château Zhihui Yuanshi , e altre realtà come Legacy Peak  (con vigne a oltre 1.200 metri di altitudine) e Silver Heights.

Gli assaggi? Jane Anson, nota specialista di Bordeaux, è, a quanto sembra, rimasta impressionata dalla qualità, già molto alta, raggiunta: il rosso più importante è il Jia Bel Lan Reserve 2014 di Château Helan Qingxue (92/100), ma anche gli Chardonnay di Legacy Peak e Silver Heights non scherzano affatto. Vedremo: certo, considerando i volumi di produzione attesi c’è di che preoccuparsi. Dalla Bordeaux cinese passiamo a quella vera, per la precisione a Pomerol per l’intervista a Durantou. Originario del Periguex, Durantou è arrivato al vino dopo aver studiato Scienze Politiche. Oltre al suo gioiello indiscusso, lo Château L’Église-Cinet , non si devono dimenticare La Petite Église, un altro ottimo cru di questa appellation, più diversi interessanti satelliti a Lalande-de-Pomerol e nel Castillon. L’articolo fa da antipasto alla corposa degustazione (ancora della Anson) sui vini bordolesi della grande annata 2015. Che dire? Si proclamò l’annata eccezionale, e tre anni dopo il giudizio è confermato.

Che altro dire sui 100/100 di Figeac, Lafleur e Margaux? Veniamo subito dopo catapultati in Australia,a Coonawarra, per conoscere meglio Wynn Estate,  winery di spicco di quel terroir. La storia comincia alla fine dell’Ottocento (1897), con la costruzione della cantina  (allora si chiamava Château Comaum) di John Riddock. Nel 1951 David Wynn l’acquistò ridenominandola Wynns Coonawarra Estate. L’anno scorso il Black Label Cabernet Sauvignon ha celebrato le sue prime 60 vendemmie. Oggi il Cabernet Johnson’s Block 2014 ha ottenuto  98 punti da Huon Hooke. Un punto in meno (97) l’edizione limitata di John Riddock 2013. Per la storia del vino l’articolo di Julian Hitner ci porta all’epoca del Terzo Reich, una pagina poco conosciuta anche dagli appassionati. Tra gli episodi più importanti, la distruzione dello Schloss Johannisberg ad opera dei bombardamenti, nel 1942: ironia vuole che  i proprietari fossero oppositori del Nazismo.

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Siamo intanto arrivati alla Decanter Buying Guide, con le grandi degustazioni seriali del mese.La prima di esse verte sui Pinot noir californiani delle ultime annate 2014-2015, due buone annate, prima di un eccezionale 2016 e del funesto (per gli incendi) 2017. Gli esperti di Decanter non hanno valutato nessun vino come Exceptional (cioè oltre 97/100),  e solo due vini outstanding (95-96). Novantacinque centesimi per l’Atticus, un Pinot di Santa Rita di Paul Lato del 2015 e Pascale, dalle  Santa Cruz Mountains, di Pescadero Creek del 2014.  E’ poi la volta dei bianchi del Maçonnais, i bianchi “poveri” della Borgogna. L’annata 2016, valutata da Decanter, è stata complessivamente molto favorevole, venendo in aiuto agli appassionati di bianchi borgognoni, spaventati dall’incremento dei prezzi dei vini della Côte-de-Beaune.

Ci sono anche tre vini  outstanding: tutti da Pouilly-Fuissé, un grande terroir ormai alle porte del riconoscimento dei suoi premiers crus, 95/100 per il  del Domaine Ferret, il Coeur de Pouilly del Domaine Trouillet e il Sur la Roche del Domaine Gilles Morat. Eccoci ai bianchi portoghesi. Molti bei vini, da Dão a Bairrada e naturalmente i Vinhos Verdes. Spiccano i blend  di uve autoctone, come l’Encruzado  e il Gouveio. I due itinerari di viaggio: il primo è in Grecia, a Cefalonia.  Ne parla Yiannis Karakasis: le strade del vino, alberghi e ristoranti , le cose da fare. Naturalmente le spiagge. Il secondo itinerario è a Vancouver , presentata da Kurtis Kolt. La città prima di tutto, ma  siamo nel British Columbia, e nella Okanagan Valley é il 90% delle vigne della regione. A nord Pinot Noir, Chardonnay e Riesling, mentre a sud sono Syrah, Viognier e Cabernet Franc.

Poi, naturalmente, il Fine Wine world di Spurrier(un pizzico d’Italia con il Brunello di Sesti),i weekday wines di Christelle Guibert (grillo siciliano , fiano di Avellino e sangiovese toscano le presenze italiane). E’ ancora lei a  firmare l’ultimo articolo: una retrospettiva della cuvée Comtes de Champagne, dal 1961 al 2006 (Top score, 99/100 per il 1975, e 98 per 1969 e  1995). Che altro? Dopo la foto panoramica  a colori  di apertura (da Abandonado, nella Valle del Douro) e l’editoriale di Stimpfig (2017 meno buono di 2015 e 2016 ma non da buttare), le rubriche, delle notizie del mese, le lettere dei lettori, le pagine dei columnists Jefford (i due mondi del vino: la macchina del fine wine e … il resto),  Anson (l’importanza della religione nello sviluppo delle vigne in Europa), Johnson (sui grandi vini ,  due Borgogna mitici e le sorprese dei piccoli vini sconosciuti). Ancora: le Notes & Queries, il Market Watch di Chris Mercer, la leggenda del vino (Château Ausone  2005). Come sempre, non mancano gli articoli  promozionali (i  tappi di sughero,  i vini delle Côtes de Bordeaux, i vini di Lisbona).

Guglielmo Bellelli

Nella mia prima vita (fino a pochi anni fa) sono stato professore universitario di Psicologia. Va da sé: il vino mi è sempre piaciuto, e i viaggi fatti per motivi di studio e lavoro mi hanno messo in contatto anche con mondi enologici diversi. Ora, nella mia seconda vita (mi augurerei altrettanto lunga) scrivo di vino per condividere le mie esperienze con chi ha la mia stessa passione. Confesso che il piacere sensoriale (pur grande) che provo bevendo una grande bottiglia è enormemente amplificato dalla conoscenza della storia (magari anche una leggenda) che ne spiega le origini.


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