Stampa estera a portata di clic: Bourgogne Aujourd’hui, n.1506 min read

I titoli principali di questo numero sono quelli riguardanti la scelta dei borgognoni dell’anno secondo “Bourgogne Aujourd’hui”, la degustazione  e la guida all’acquisto dei vini della Yonne e della collina di Corton e  la cessione del ristorante di Stéphane Derbors, a place Wilson a Dijon, al giovane chef giapponese Tomofumi Uchimura. Poi naturalmente c’è molto altro, e soprattutto il supplemento dedicato ai Crémants de France.

Cominciamo dal Palmarès 2019 dei borgognoni dell’anno. Migliori produttori: Vincent Rapet con i suoi vini della collina di Corton, 20 ettari con certificazione  Haute Valeur Environmentale di livello 3 (il più alto), metà di uve bianche e metà rosse. A fargli compagnia sono François e Ludivine Ambroise, della omonima Maison  di Premeaux-Prissey, anch’essi con 20 ettari di vigna distribuiti  da Saint-Romain al Clos de Vougeot , 26 appellations, ma col cuore a Nuits-Saint-Georges; Julien e Anaïs Barraud, con il loro Domaine 100% chardonnay di Vergisson (Pouilly-Fumé, Saint-Véran e Mâcon); Philippe Bouzereau, del Domaine che oggi porta il suo nome (già Château de Cîteaux), situato a Meursault, 15 ettari in Côte de Beaune, per l’80% destinati alla produzione di vini bianchi e un monopole, il Vieux Clos du Château de Cîteaux, al centro del villaggio, non ripiantato dopo la fillossera e diventato il cavallo di battaglia del Domaine; infine Laurent Cognard , 4.5 ettari al momento dell’avvio e  oggi 17.5 , di cui 4.5 a Pouilly-Vinzelles , con  vigne anche  a Montagny.

Gli stessi, riuniti presso Rapet, sono stati intervistati da BA. Per il Trofeo Migliori Speranze, riservato ai giovani vignerons, il vincitore è Loïc de Suremain, settima generazione della sua famiglia installata a Mercurey: diciotto ettari di vigna  nel cuore dell’appellation Mercurey. Gli altri nominés sono: il Domaine de la Folie di Chagny, con vigne a Rully destinate principalmente alla produzione di bianchi; il Domaine Michel Noëllat , un Domaine a carattere familiare guidato da Sophie Noëllat e dal cugino Sébastien, a Vosne-Romanée; Stéphanie Colinot, produttrice di Irancy e di altri vini della Yonne (Bourgogne Épineuil, Coulanges- la- Vineuse e Côtes d’Auxerre); il Domaine Yvon Clerget, dove il più giovane delle giovani speranze individuate da BA con i suoi 28 anni, è ormai a capo di un Domaine di 6 ettari su quattro appellations di prestigio (Volnay, Pommard, Meursault e Clos de Vougeot).

Anche in questo caso, BA ha raccolto le loro idee e le loro speranze in occasione di un incontro tenutosi presso il Domaine del vincitore Loïc Suremain. Il terzo trofeo è quello assegnato alle migliori bottiglie. Quest’anno le bottiglie selezionate (18.5/20 o più di tutte le denominazioni) sono state 29, di cui 26 rossi. L’anno scorso erano state 30 e tutte di vini rossi, a testimoniare le maggiori difficoltà incontrate dai vini bianchi. Questi i rossi  che hanno ottenuto il punteggio più alto (19/20) : il Clos de la Roche 2017 di Arlaud, il Savigny Les Lavières 2015 di Chandon de Brialles (unico con due vini laureati), tre Clos de Vougeot (il Grand Maupertui 2016 di Anne Gros, il Vieilles Vignes di Château de la Tour 2016 e  quello, del 2017, del Domaine Georges Mugneret-Gibourg), il Givry Clos du Cras Long 2017 di François Lumpp. Un solo bianco li affianca al punteggio più alto: un Savigny-lès-Beaune village del 2017, il Serrygnissime di Francine e Marie-Laure Serrigny.

Ed eccoci giunti alle degustazioni. La prima è quella dei vini della Collina di Corton  del 2016 e del 2017, con un focus speciale sul Corton Les Renards Grand Cru, poco meno di 14 ettari e mezzo nel terroir di Aloxe-Corton. 2016 e 2017, per motivi diversi, anzi opposti (i bassissimi volumi del 2016 a causa delle gelate e la necessità di gestire un rimbalzo troppo generoso dell’anno successivo) sono state due annate molto complicate, ciò che non ha impedito che venisse raggiunto un obiettivo qualitativo molto alto, a parte il 2016 di Ladoix-Serrigny  e Pernand-Vergelesses, un po’ meno brillanti. Segnalo le bottiglie Top: 18/20 per il Pernand -Vergellesses Île des Vergelesses Premier cru rouge 2017 del Domaine Chandon de Briallles, sempre in prima fila tra le appellations di questo territorio, e stesso punteggio per il Ladoix La Corvée Premier Cru rouge  2017 del Domaine Edmond Cornu et Fils,  e per l’Aloxe-Corton Les Vercots Premier Cru rouge 2017 del Domaine Pierre Ravaut.

Tra i grands crus di Corton spicca il Bressandes 2017 del Domaine Cornu già citato (18.5/20). I vini della Yonne: il 2016, si sa, è stata un’annata davvero estremamente difficile (gelo estremo e grandine per di più), sicché anche il non esaltante 2017 è apparso una manna. Caldo e siccità hanno invece afflitto le due ultime annate, 2018 e 2019. Delle varie tipologie quella che è apparsa meno omogenea è la Villages, mentre sono andati meglio Premiers Crus e Petit Chablis. Le migliori bottiglie: tra i Grands Crus, il Le Clos 2017 di Jean-Paul e Benoit Droin ( e non è una novità), con 18/20, e il Les Grenouilles di Louis Michel et Fils 2017 , stesso punteggio.

Chablis

Tra le altre tipologie spicca lo Chablis Vieilles Vignes di Gilbert Picq et Fils, un village del valore di un Premier Cru (18/20). Lo stesso discorso fatto per gli Chablis vale per le altre appellations  della Yonne. A soffrire dei difficili andamenti stagionali sono stati soprattutto i rossi (Irancy meglio dei Bourgogne rouges con sottodenominazione). In Côte Auxerre brilla ancora la stella di Jean-Hugues e Guilhem Goisot, che propongono due cuvées bianche di questa appellation, Biaumont e Gondonne, al vertice della degustazione con 18/20 ciascuna. L’ultimo articolo annunciato in copertina è quello riguardante l’avvicendamento tra i due chefs di Dijon, Stéphane Derbord  e il giovane Uchimura: una scelta di piatti, con ricette e foto, testimonia la ricerca di continuità.

Prima di  analizzare il supplemento speciale Crémants, occorre accennare ad altri due articoli: il primo di essi è un breve servizio fotografico  sull’ultima Asta dei vini degli Hospices di Beaune, conclusasi con l’ennesimo record di prezzi. Superate tutte le medie annue, ma neppure il buon successo della cuvée du Président (questa volta un Corton Bressandes rouge), 260.000 euro sborsati dal brasiliano Alaor Pereira è valso a superare il record ancora imbattuto del 2010.L’altro servizio è una lunga intervista  a Eric Goettelmann , chef sommelier per metà tedesco per parte di madre  e metà alsaziano di Loiseau, nominato Meilleur Ouvrier de France nel 2018. I temi: la propria  carriera, la sua visione della sommellerie, l’incontro con Bernard Loiseau, poi la bolla speculativa che tocca in questo momento la Borgogna, alcuni mariages cibo-vino eccellenti.

Eccoci al supplemento periodico dedicato ai Crémants, che si alterna a quello sui Beaujolais: ventiquattro pagine a colori, dedicati non soltanto ai Crémants de Bourgogne, ma anche a quelli d’Alsace, del Jura, della Loira, di Bordeaux e  così via .  La rassegna delle migliori cuvées è preceduta da un editoriale di Jean-Philippe Chapelon intitolato “Volare con le proprie ali”, a indicare la fine del modello champenois e la ricerca, da parte dei produttori di cremant, di vie proprie, basate sulla valorizzazione delle particolarità (di terroirs o di varietà) regionali e locali. Il dossier presenta una singolare sfida Champagnes-Crémants: lo Champagne vince ancora, ma a che prezzo? La differenza di prezzo è compensata da una chiara superiorità di qualità? Infine è la success story della famiglia Moutard: da maison de Champagne di buona reputazione, allarga il suo raggio d’azione in Borgogna, diventando produttore di Chablis  e crémants de Bourgogne.

Guglielmo Bellelli

Nella mia prima vita (fino a pochi anni fa) sono stato professore universitario di Psicologia. Va da sé: il vino mi è sempre piaciuto, e i viaggi fatti per motivi di studio e lavoro mi hanno messo in contatto anche con mondi enologici diversi. Ora, nella mia seconda vita (mi augurerei altrettanto lunga) scrivo di vino per condividere le mie esperienze con chi ha la mia stessa passione. Confesso che il piacere sensoriale (pur grande) che provo bevendo una grande bottiglia è enormemente amplificato dalla conoscenza della storia (magari anche una leggenda) che ne spiega le origini.


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