Stampa estera a portata di clic: Bourgogne Aujourd’hui n.147, 20198 min read

Questo numero doppio è quasi interamente dedicato ad una prima valutazione dei vini dell’annata 2018, che in copertina viene enfaticamente definita come “Storica!”. Titoli minori sono dedicati all’incontro con “Les compères” (tre famosi vignerons della Côte d’Or ormai in pensione), alla verticale del Clos des Perrières di Grivault e alla cucina dello chef mauriziano dello Château de Vault-de-Lugny.

Cominciamo dunque con le degustazioni dell’annata 2018.Decisamente un’annata più favorevole ai rossi, visto che la valutazione globale per i rossi di tutti i diversi terroirs della Borgogna (escluso ovviamente il Mâconnais, nel quale la loro produzione  è del tutto marginale) è stabilmente a quota 18.5/20.

Una buona, anche se più difficile annata ,  quella dei bianchi, anch’essi con una valutazione omogenea tra le regioni (15/20, mezzo punto in più ai vini della Yonne). E’ interessante rilevare che, mentre, come atteso, nella selezione dei migliori “dix bonnes affaires” le cuvées prescelte sono distribuite tra le denominazioni minori della Côte d’Or e gli altri terroirs, in quella dei “Dix grands vins de garde”, accanto ai grandi vini della Côte de Nuits e della Côte de Beaune, si è intrufolato un Pouilly-Fuissé di Saumaize, segno della grande crescita del negletto Mâconnais.

Ma vediamo, molto sinteticamente, qual è stato il quadro separatamente per ciascuno dei cinque terroirs della Borgogna (del Beaujolais si parla in un supplemento monotematico), partendo da nord. Nella Yonne, a predominare, sono i bianchi, Chablis in testa. Risultati non molto omogenei, con differenze pronunciate tra appellations e produttori: se gli Chablis grand cru vantano la più alta percentuale di riuscita (ossia di campioni che hanno superato l’esame, 65%, “incontournables” quelli di Jean-Paul et Benoît Droin) ), il punteggio più alto lo raggiunge un rosso di Irancy (18.5/20 per il Vaupessiot di Gabin et Félix Richoux.

Nelle appellations settentrionali della Côte de Nuits, Marsannay supera di una spanna Fixin per i risultati globali, ma quest’ultima si guadagna il trofeo della  miglior bottiglia (l’Hervelets premier cru del Domaine Bart, 19/20).Ottimi i risultati di Gevrey-Chambertin, con una percentuale di riuscita vicina ll’80% per i grands crus , un po’ minore per i villages e i premiers crus. La migliore bottiglia della degustazione è stato un Les Cazetiers premier cru del Domaine Faiveley (19/20), ma spicca, ancora una volta, per il complesso delle sue cuvées, il Domaine Bruno Clair, a partire da un eccellente villages.

Siamo alle altre appellations “a nord di Vosne-Romanée”, comprese tra Morey-Saint Denis e Vougeot. Tra queste spicca senza dubbio l’elevata omogeneità e coerenza, intorno a valori molto alti, di Morey-Saint Denis  (84%). E difatti la bottiglia ritenuta migliore della batteria è risultata un Morey premier cru, Les Millandes, di Gerard Raphet (19/20). Tra i produttori, oltre al nome già emergente, di Virgile Lignier-Michelot, da ricordare quelli di Christian Clerget (per il suo Les Petits Vougeot, Vougeot premier cru) e Hudelot- Ballet, per i suoi cru di Chambolle.

A Vosne-Romanée , come sempre, straordinari i grands crus (90% di riuscite), piuttosto deludenti i villages (solo 13 vini selezionati su 31), mentre a Nuits-Saint Georges i rossi eccellenti riscattano un’annata un po’ opaca dei rari bianchi di questo terroir. Miglior vino delle batterie di Vosne e Nuits, Les Chaignots premier cru di Nuits-Saint-Georges del Domaine Georges Mugneret-Gibourg (18.5/20). La “scoperta” di quest’annata? Il Domaine Hoffmann-Jayer , installato a Magny-lès-Villers, nelle Hautes-Côtes , che ha presentato all’assaggio un sontuoso Échezeaux Du Dessous.

Siamo ora in Côte-de-Beaune. Tra le denominazioni a nord di Beaune, i risultati migliori e più omogenei sono stati quelli dei Corton Rouge grand cru (meno brillanti i bianchi), poi Ladoix per i rossi dei livelli inferiori e Pernand-Vergelesses per i bianchi. E’ comunque un rosso di Pernand-Vergelesses a ottenere il punteggio più alto: il Les Fichots premier cru del Domaine Rollin Père et Fils (18.5/20), che ha proposto anche un ottimo Corton-Charlemagne e altri  buoni Pernand, sia in bianco che in rosso. Mentre si consolidano nella regione i nomi dei Domaines di Marius Delarche , a Pernand,  e Jean-Pierre Maldant a Ladoix, la scoperta è quella di Aurélie-Berthaud, a Bligny-lès-Beaune, con tre interessanti  rossi di Pernand-Vergelesses .

Tra le appellations Beaune e satelliti, sono i vini della denominazione più importante, Beaune, a spiccare per qualità e continuità, ed è infatti un Beaune di Bressandes , del Domaine des Croix, a spuntare il punteggio più alto (18/20). Si conferma l’alto livello qualitativo dei vini della Maison Jean-Claude Boisset nella prima vendemmia vinificata nella nuova cuverie delle Ursulines a Nuits-Saint-Georges, la scoperta di questa annata 2018 è quella del Domaine Dubreuil a Savigny-lès- Beaune per i suoi ottimi rossi di quell’appellation. Pommard- Volnay-Meursault: Volnay appare più omogeneo (con oltre il 60% di riuscite), di Meursault e Pommard.

Tra i rossi, spicca il Volnay Les Mitans premier cru di Christophe Vaudoisey (18/20), tra i bianchi il Meursault Les Charmes premier cru di Vincent Latour (mezzo punto in meno).”Incontournables” i Volnay e i Pommard del Domaine de la Pousse d’Or, tra i quali spicca il Volnay Clos des 60 Ouvrées. Il triangolo dei bianchi (Chassagne e Puligny Montrachet, Saint-Aubin): grands crus a parte, Saint-Aubin precede leggermente Chassagne e una più deludente Puligny- Montrachet (44.5% di riuscite). Un po’ ovviamente il miglior punteggio della degustazione è quello di un grand cru , il Bienvenues- Bâtard-Montrachet di Jean-Claude Bachelet (18.5/20).

Tra i vini di queste denominazioni, spicca per la sua continuità il Domaine Jean Chartron, con il suo eccellente Bâtard  e le sue belle cuvées di Chassagne e Puligny. Per quanto riguarda le altre appellations minori (Auxey-Duresses, Monthélie e Saint-Romain), questa volta a eccellere è Monthélie, sia in bianco che in rosso, poi Auxey precede leggermente Saint-Romain, un po’ meno regolare. Grande performance del Monthélie (rouge) Les Champs Fulliot premier cru del Domaine Faiveley, che, con 18.5/20, ha ottenuto il punteggio più alto.

Per quanto riguarda i produttori, mostrano una bella regolarità gli Auxey rouges di Henri Latour e i Saint-Romain, in bianco e in rosso, del Domaine Martenot-Mallard. Buoni risultati sono stati anche quelli delle appellations Santenay e Maranges (entrambe con percentuali di riuscita del 62-63% sia in bianco che in rosso). Al vertice è un Santenay rosso del Domaine Lucien Muzard et fils, il premier cru Maladière (18.5/29). Ottimo in ogni caso lo score complessivo di questo Domaine di Santenay, che piazza nelle posizioni più alte anche altre due cuvée della stessa AOC: esemplare il Villages Vieilles Vignes.

Siamo intanto giunti in Côte Chalonnaise. A parte Bouzeron (100% di riuscite, ma con soli 10 campioni), quest’anno è Rully l’AOC capofila  (77% di riuscite), seguita  da Mercurey e Givry. Inaspettatamente è però Montagny (ultima con il suo 56% di riuscite su 32 campioni ) ad aggiudicarsi la migliore bottiglia della degustazione, con il Clos di Vieux Château premier cru di Laurent Cognard (18.5/20) . Accanto ai nomi più consolidati, come il Domaine Masse Père et Fils e il relativamente meno conosciuto Domaine Brintet, la novità è il Domaine de la Folie , con una bella serie di Rully in bianco e in rosso. Si conclude con il Mâconnais. Pouilly-Fuissé e Viré-Clessé  sono in testa a tutte le AOC di questo terroir , e la migliore bottiglia è un eccellente Pouilly-Fuissé del Domaine Saumaize-Michelin, il La Marechaude: 18/20, e soprattutto un prezzo di meno di 25 euro la bottiglia. Ai nomi già noti di questo terroir in crescita, sia qualitativa che di reputazione, si aggiungono quelli di altri ottimi produttori, come Jean-Marie Chaland a Viré, Clos des Rocs a Loché e Gilles Morat a Vergisson.

I tre quarti di questo numero sono dedicati a questa rassegna sull’ultima annata, ed è questa la ragione per la quale ci siamo un po’ dilungati su di essa, ma , nelle 25 pagine residue, oltre alle consuete rubriche , a un breve resoconto sul libro autobiografico di Roland Masse, per 15 anni régisseur delle proprietà vinicole degli Hospices de Beaune, prima di passare la mano a Ludivine Griveau, e alle pagine dedicate alla gastronomia (la cucina di Franco Bowanee, giovane chef i origini mauriziane dello Château di Vault-de-Lugny) ,occorre dire qualche parola su altri due servizi, la degustazione- evento della verticale del Clos des Perrières, mitico premier cru di Meursault, di proprietà del Domaine Grivault, e l’intervista corale a tre grandi personaggi della storia del vino in Borgogna, ora in pensione: Bernard Morey, Marc Colin e Bernard Mollard.

Il Domaine Albert Grivault acquisì il Clos des Perrières ormai 140 anni fa, nel 1879, in piena crisi della fillossera. Christophe Tupinier riferisce della degustazione celebrativa di questo cru-monstre, meritevole e forse destinato a diventare grand cru in futuro, durante la quale sono stati assaggiati  vini degli ultimi 90 anni, da quello della vendemmia 1928 (ancora straordinario)  a quello dell’annata 2017.  Impressionante la regolarità di questo cru eccezionale, con i vini del 1959 e del 1992 ai vertici assoluti secondo i degustatori. Il Clos des Perrières è un monopole di neppure un ettaro (94 are e 52 centiare) nel climat Les Perrières, situati a Les Perrières- Dessous e  i suoi vini rivaleggiano in grandezza con quelli del Montrachet.

Eccoci ai tre “compères”, tutti ormai ultra settantenni vignerons. Il più giovane è Bernard Moillard (classe 1948) , del Domaine Marc Morey di Chassagne- Montrachet, “il bancario”.  Veniva infatti dal mondo bancario, da lui abbandonato nel 1976 per dedicarsi interamente al vino. La sua retraite nel 2008, dopo oltre 40 anni di vinificazioni. Poi è Bernard Morey, del Domaine omonimo , sempre a Chassagne (del 1946), “il politico”, a causa delle sue esperienze di eletto nei Consigli locali, poi sindaco della sua città (nel 2008). Infine il più vecchio è Marc Colin (Domaine Marc Colin, a Saint-Aubin), del 1944, nel Domaine di famiglia dall’età di 14 anni. Un’intervista a tre voci, nella quale i tre simpatici personaggi raccontano le loro storie  e ciò che pensano dell’evoluzione del mondo del vino in Borgogna.

Guglielmo Bellelli

Nella mia prima vita (fino a pochi anni fa) sono stato professore universitario di Psicologia. Va da sé: il vino mi è sempre piaciuto, e i viaggi fatti per motivi di studio e lavoro mi hanno messo in contatto anche con mondi enologici diversi. Ora, nella mia seconda vita (mi augurerei altrettanto lunga) scrivo di vino per condividere le mie esperienze con chi ha la mia stessa passione. Confesso che il piacere sensoriale (pur grande) che provo bevendo una grande bottiglia è enormemente amplificato dalla conoscenza della storia (magari anche una leggenda) che ne spiega le origini.


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