Spumanti dall’Alto Adige all’Etna2 min read

Come accade oramai ogni anno sono sempre di più i metodo classico che l’Alto Adige propone. Accanto ai classici marchi si stanno facendo avanti sia diverse cantine sociali che alcuni piccoli produttori.

Per adesso i risultati sono buoni ma non certo eclatanti, però chi ha più esperienza riesce più facilmente a raggiungere risultati interessanti. In generale diversi spumanti sono ancora un po’ “crudi”, austeri e ricordano alcuni Trento Doc di 15-20 anni fa.

Interessante l’inserimento del pinot bianco in diverse cuvée e forse l’uso di questo straordinario vitigno bianco potrebbe essere uno dei punti di forza futuri degli spumanti altoatesini.

Frammenti spumanti” d’Italia

Ma mai come quest’anno abbiamo ricevuto metodo classico da varie parti d’Italia e la sensazione generale è che in un magma di bollicine fatte spesso per “provare anche questa” ci siano delle perle veramente interessanti, per esempio in Campania o nelle Marche. Perle nate da uve autoctone come caprettone, asprinio, verdicchio, nerello mascalese, garganega, durella, arneis, che presentano profili diversi (per fortuna) da quelli fatti con uve internazionali e spesso sorprendono per austera freschezza o per spigliata complessità.

Certo è che il fenomeno bollicine si sta espandendo, forse in maniera forse incontrollata, prova ne sia  l’approvazione nel disciplinare nella denominazione Toscana IGT delle tipologie Vino Spumante di qualità e addirittura di Rosso frizzante: una prospettiva futura o un’ultima spiaggia?

Carlo Macchi

Sono entrato nel campo (appena seminato) dell’enogastronomia nell’anno di grazia 1987. Ho collaborato con le più importanti guide e riviste italiane del settore e, visto che non c’è limite al peggio, anche con qualcuna estera. Faccio parte di quel gruppo di italiani che non si sente realizzato se non ha scritto qualche libro o non ha creato una nuova guida sui vini. Purtroppo sono andato oltre, essendo stato tra i creatori di una trasmissione televisiva sul vino e sul cibo divenuta sicuramente la causa del fallimento di una nota rete nazionale. Riconosco di capire molto poco di vino, per questo ho partecipato a corsi e master ai quattro angoli del mondo tra cui quello per Master of Wine, naturalmente senza riuscire a superarlo. Winesurf è, da più di dieci anni, l’ultima spiaggia: dopo c’è solo Master Chef.


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