Come accade oramai ogni anno sono sempre di più i metodo classico che l’Alto Adige propone. Accanto ai classici marchi si stanno facendo avanti sia diverse cantine sociali che alcuni piccoli produttori.
Per adesso i risultati sono buoni ma non certo eclatanti, però chi ha più esperienza riesce più facilmente a raggiungere risultati interessanti. In generale diversi spumanti sono ancora un po’ “crudi”, austeri e ricordano alcuni Trento Doc di 15-20 anni fa.

Interessante l’inserimento del pinot bianco in diverse cuvée e forse l’uso di questo straordinario vitigno bianco potrebbe essere uno dei punti di forza futuri degli spumanti altoatesini.

“Frammenti spumanti” d’Italia
Ma mai come quest’anno abbiamo ricevuto metodo classico da varie parti d’Italia e la sensazione generale è che in un magma di bollicine fatte spesso per “provare anche questa” ci siano delle perle veramente interessanti, per esempio in Campania o nelle Marche. Perle nate da uve autoctone come caprettone, asprinio, verdicchio, nerello mascalese, garganega, durella, arneis, che presentano profili diversi (per fortuna) da quelli fatti con uve internazionali e spesso sorprendono per austera freschezza o per spigliata complessità.
Certo è che il fenomeno bollicine si sta espandendo, forse in maniera forse incontrollata, prova ne sia l’approvazione nel disciplinare nella denominazione Toscana IGT delle tipologie Vino Spumante di qualità e addirittura di Rosso frizzante: una prospettiva futura o un’ultima spiaggia?