Schioppettini… Schioppettanti4 min read

Otto ore di macchina, giusto il tempo per fare gasolio e caffè ed eccomi in Friuli nella valle dello Judrio, a due passi dal confine. Son qui per la  prima festa dello Schioppettino di Prepotto.

La manifestazione è stata  voluta da  33 piccoli  produttori,  per portare a conoscenza della stampa e del pubblico l’ottenimento della denominazione di sottozona “Schioppettino di Prepotto”.  L’antico vitigno, chiamato anche Ribolla Nera,  trova così un giusto riconoscimento in una delle zone più interessanti dell’intero Friuli.   La valle dello Judrio, come  ha spiegato l’agronomo Carlo Petrussi nella sua relazione, "Ha caratteristiche pedo-climatiche molto particolari, che rendono questo territorio unico. Vento secco e “strati alluvionali dello Judrio, che scorre in una vallata chiusa dove si alternano marne, arenarie e rocce calcaree, si sovrappongono alle sottili argille che piccoli torrenti hanno portato a valle dalle alture circostanti”. Il riconoscimento della sottozona avviene a coronamento di un lungo lavoro iniziato nel 2003 “ con una indagine capillare per ricercare ceppi di Schioppettino di almeno 80 anni per salvaguardare la biodiversità genetica ancora presente sul territorio. Il materiale genetico individuato è stato riprodotto e messo a dimora in condizioni di omogeneità nella primavera 2005 in un vigneto-catalogo e ciò permetterà di valutare in futuro le eventuali potenzialità produttive

Nel 2008 infine arriva il riconoscimento della sottozona sulla base di un disciplinare restrittivo che prevede tra l’altro resa non superiore a 70 quintali/ettaro e affinamento obbligatorio di un anno in legno. Per la maturazione del vino il disciplinare consiglia la barrique, meglio se di 2-3 passaggio, pur non escludendo l’uso di botti più grandi. Si è previsto inoltre  un ulteriore affinamento in bottiglia non inferiore ad un anno.
Nella giornata inaugurale, dopo i saluti e gli auguri degli amministratori locali e regionali, finalmente si è passati a far parlare il vino in una degustazione diretta  da Ian d’Agata, che ha abilmente coinvolto i giornalisti ed appassionati presenti in una serie di commenti riguardanti gli aspetti sensoriali di un vitigno sconosciuto ai più.
La presenza di Carlo Petrussi , studioso ed agronomo di rifermento dell’associazione, ha senz’altro
permesso di conoscere le sfumature di alcune interpretazioni  legate alle particolari caratteristiche morfologiche. E’ sempre difficile avanzare  delle somiglianze, si rischia di banalizzare o ancora peggio di dire delle corbellerie, ma se proprio si deve, farei prima a dirvi cosa non è lo Schioppettino di Prepotto. Non è un vino giocato su concentrazione e frutto esasperato ma legato a finezza ed eleganza, dove tra gli aromi emergono caratteristiche  spesso speziate (pepe, chiodo di garofano) oppure meramente fruttate (frutti neri e marasca) ma sempre e comunque sottolineate da una persistente vena minerale. Ancora una nota sui tannini ben presenti, non tanto per la loro  quantità  quanto per la loro finezza. Mi rendo conto che la descrizione, molto approssimativa, potrebbe calzare a chissà quanti vini e quindi la cosa migliore è provarlo appena ne avrete l’occasione.  Che sia un vino ancora tutto da scoprire non c’è dubbio: siamo ancora alle prime elaborazioni ed il tempo non potrà che lavorare a favore di una ancora più precisa connotazione territoriale, pur nel rispetto delle interpretazioni dei singoli produttori. Le vinificazione sembrano in questi ultimi tempi sempre maggiormente orientate a macerazioni prefermentative a freddo, per favorire l’estrazione della parte aromatica e del colore.
Lo Schioppettino di Prepotto (vista la superficie vitata) non sarà mai un vino di larga diffusione, quanto un vino di nicchia che potrebbe trainare anche la produzione dei vini bianchi. La riscoperta vocazione rossista potrebbe quindi rappresentare un valore aggiunto su cui puntare ed i produttori dell’associazione  di Prepotto sembrano fortemente orientati in questo senso.
Un’ultima  piacevole considerazione: in un momento in cui alcune  associazioni di produttori  tentano di allargare le maglie dei propri disciplinari (Primitivo di Manduria, Cirò ecc.) l’approvazione  di un disciplinare ben chiaro e  fortemente restrittivo è un segnale di grande intelligenza e lungimiranza.

 

Pasquale Porcelli

Non ho mai frequentato nessun corso che non fosse Corso Umberto all’ora del passeggio. Non me ne pento, la strada insegna tanto. Mia madre diceva che ero uno zingaro, sempre pronto a partire. Sono un girovago curioso a cui piace vivere con piacere, e tra i piaceri poteva mancare il vino? Degustatore seriale, come si dice adesso, ho prestato il mio palato a quasi tutte le guide in circolazione, per divertimento e per vanità. Come sono finito in Winesurf? Un errore, non mio ma di Macchi che mi ha voluto con sé dall’inizio di questa bellissima avventura che mi permette di partire ancora.


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