Scenari evolutivi: dove sta andando il vino toscano?5 min read

L’edizione 2019 di Sangiovese Purosangue ha presentato, tra le tante altre cose, anche una conferenza tecnica di aggiornamento in collaborazione con “Sistemi e Professione Consulenti”. Era presente davvero poco pubblico per il valore delle relazioni, ma forse il martedì pomeriggio non è il momento migliore per attirare i produttori. La relazione che ho trovato particolarmente interessante è stata quella di Denis Pantini di Nomisma dal titolo “SCENARI EVOLUTIVI – COMPETITIVITA’ E PROSPETTIVE DI MERCATO PER I VINI ROSSI TOSCANI”. Provo a sintetizzarla perché è stata molto ricca di spunti sia sul piano dell’export sia su quello della comunicazione, ambiti che sono strettamente legati.

Denis Pantini. Foto Terra e Vita-Edagricole

Pantini ha iniziato presentando gli spostamenti dei consumi che stanno avvenendo a livello mondiale: in 10 anni siamo scesi dell’1,7% con una sostanziale diminuzione in UE, nostro storico mercato e un forte aumento in Asia e America del Nord. In Italia i consumi si sono sostanzialmente stabilizzati, i vini fermi ne rappresentano l’87% e i frizzanti il restante 13%. Un altro dato che ho trovato molto interessante è che in GDO i consumi a volume scendono, ma salgono a valore con un netto interesse per territorio e Denominazioni (il 40% degli intervistati collocano questi due riferimenti come primo parametro di scelta). Solo il 12% mette in primo piano prezzo basso e promozioni. Mi pare un’indicazione importante: puntare sul territorio e far crescere la conoscenza e il prestigio delle Denominazioni, cioè un invito a lavorare insieme e non l’uno contro l’altro armati come troppo spesso avviene.

Altre informazioni indicative: coloro che bevono tutti i giorni si riducono al 25% mentre una parte (47%) beve 2-3 volte al mese o più raramente. Potrebbe sembrare un dato negativo, ma credo possa significare che se il consumo non è quotidiano (cosa impossibile ai più nella congiuntura economica e nella tipologia di vita che conduciamo) è almeno di livello qualitativo crescente (si beve di rado, ma si beve meglio altrimenti cosa lo si fa a fare?).

La tabella che segue andrebbe studiata da chi si occupa di marketing per capire dove stiamo andando:

Si beve quasi sempre in compagnia, si beve prevalentemente nei fine settimana. Credo significhi che bere vino rappresenta un momento di amicizia e convivialità, un’occasione per rendere le cene con gli amici più ricche e divertenti e se è vero, come dicono, che ormai gli inviti a casa sono più frequenti delle cene al ristorante, è ovvio che offrire o regalare un buon vino fa parte irrinunciabile del rito. Siamo italiani e anche se non possiamo più offrire il vino fatto in casa come era consuetudine una volta, è nel nostro DNA offrire un vino in modo emozionale: vogliamo raccontare una terra, una storia, far vedere che siamo esperti, sperare di colpire l’immaginario di coloro con cui lo beviamo.

Torniamo all’export. La crescita dell’export di vini spumanti (dall’11% al 24% in 10 anni), trainata almeno per ora in modo apparentemente inarrestabile dal Prosecco, vede il calo dei rossi dal 45% al 38%, 7 punti per niente gradevoli per le tasche di tanti produttori italiani e soprattutto toscani. Nei primi mesi del 2019 sembra che l’export dei rossi abbia ripreso “pigolo” e crescano allo stesso ritmo degli spumanti. La Francia resta leader mondiale, l’Italia cresce, ma l’Australia, complice la vicinanza con la Cina e l’assenza di dazi su questo mercato, aumenta l’export del 41% un dato inimmaginabile solo pochi anni fa.

Le tre principali regioni italiane per export sono Veneto in primis poi Piemonte e Toscana entrambe intorno al 16% del totale. La Toscana, se è quarta per quantità di produzione è prima per percezione rispetto alla qualità. Quindi nell’immaginario collettivo i toscani sono i più bravi nell’infondere una forte fiducia per il lavoro che svolgono. Negli ultimi 10 anni l’export toscano è cresciuto del 76% e quello dei vini DOP del 51% a dimostrazione del concetto che si acquista per territorio e per Denominazione. Nel 2019 sono più i vini DOP ad essere cresciuti.

Gli USA restano il mercato di riferimento per i rossi toscani, ma nell’ultimo quinquennio la crescita maggiore si è registrata in Svizzera (era ora che questo fondamentale mercato ricominciasse a crescere) e in Francia (e qui temo che al di là della soddisfazione morale, poco ritorno in più ne abbiamo). Una bruttissima notizia è che in Germania la Toscana è scesa del 30% e in Giappone del 23%. Veramente un peccato! Questi sono mercati dove la cultura del vino di qualità è alta da tanto tempo. Comunque pare che in Giappone sia iniziata la ripresa con un + 25% nell’ultimo anno. Altro paese da considerare interessante è il Canada, in crescita costante. Attenzione agli USA dove oggi non siamo stati colpiti dai dazi, ma il mercato è troppo incerto per cantare vittoria. La Gran Bretagna, altro storico mercato, con la storia della brexit è in bilico su quali saranno i futuri tassi di cambio.

Tra i mercati emergenti che crescono nell’attenzione al vino DOP toscano, la Corea del Sud, Taiwan, Hong Kong. Crescono anche Messico, Australia, Ucraina, Repubblica Ceca, ma qui ci vuole poco a raddoppiare le vendite e quindi non mi sembrano decisivi se non a lungo, ma molto lungo termine e come indicazione di lavoro.

Infine un paio di curiosità sul pensiero del consumatore italiano rispetto al trend cui assisteremo nei prossimi anni per scegliere un vino. Il 45% fa riferimento ai vitigni autoctoni e il 27% è attento a vini da regioni italiane e fin qui niente di nuovo, sappiamo che è ormai un trend consolidato da parecchi anni, ma la cosa “divertente” è che il 38% vede i vini biologici come maggior attrattiva e il 18% parla di vini sostenibili. Mi piacerebbe capire quanti di coloro che hanno dato queste due risposte conoscono la differenza tra biologico e sostenibile e quanti invece hanno risposto in base ad una moda.

Con questo auspico che la sensibilità in questo senso aumenti sostanzialmente, ma anche che la conoscenza cresca di pari passo. Quello della sostenibilità è infatti, per fortuna, un trend globale e il vino è un prodotto agricolo all’avanguardia su questo tema, pur con una crescente confusione nella comunicazione dei produttori che si definiscono a piacere: biodinamici, biologici, sostenibili, naturali, olistici e chi più ne ha più ne metta!

Gli spunti di riflessione sono tanti, quindi un grazie al Professor Pantini per la ricerca e per la presentazione del suo lavoro molto coinvolgente e un bravo a Davide Bonucci per averlo invitato.

Maddalena Mazzeschi

A 6 anni scopre di avere interesse per il vino scolando i bicchieri sul tavolo prima di lavarli. Gli anni al Consorzio del Nobile di Montepulciano le hanno dato le basi per comprendere come si fa a fare un vino buono ed uno cattivo. Nel 1991, intraprende la libera professione come esperto di marketing e pubbliche relazioni. Afferma che qualunque successo è dovuto alle sue competenze tecniche, alla memoria storica ed alle esperienze accumulate in 30 anni di lavoro. I maligni sono convinti che, nella migliore tradizione di molte affermate PR, sia tutto merito del marito! Per Winesurf si occupa anche della comunicazione affermando che si tratta di una delle sfide più difficili che abbia mai affrontato. A chi non è d’accordo domanda: “Ma hai idea di cosa voglia dire occuparsi dell’immagine di Carlo Macchi & Company?”. Come darle torto?


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