Roero Arneis 2023: una buona annata!4 min read

La vecchia frase che recita ogni annata è diversa sembra da qualche anno perdere sempre più importanza grazie (o a causa), tra l’altro, della tecnologia in cantina che in qualche modo, secondo molti, “standardizza” il vino.

Mentre degustavamo i Roero Arneis 2023 abbiamo pensato a quanto sia invece sempre vera e attuale quella frase, specie se confrontata con le vendemmia 2022 e 2021 di questo vino.

Se la 2022 era molto “sincopata”, chiusa, non certo importante come corpo e profumi e la 2021 presentava vini puliti e netti dal punto di vista aromatico, senza intensi aromi fruttati, con una buona freschezza  ma con corpi poco marcati, la 2023 ha sparigliato le carte, presentando caratteristiche diverse e per noi molto positive.

Infatti non avevamo mai trovato nell’Arneis, uva/vino non certo dotato di grandi profumi, delle note floreali così piacevoli e sentori minerali di ottima finezza e profondità. Tutto questo accompagnato anche, in diversi casi, da nota di frutta giustamente matura. Quindi dopo due annate dove i tratti aromatici erano stati non certo imponenti, la 2023 si è presentata con una intensità e complessità sicuramente di altro (e alto) livello.

Ci siamo chiesti e abbiamo chiesto ai produttori il perché, ma aldilà di battute goliardiche non siamo riusciti a capirlo: certo è che la vendemmia 2023, tragica per problemi di peronospora in molti parti d’Italia qui in Roero è stata sicuramente ridotta per problemi di grandine ma di buona qualità, almeno per quanto riguarda l’Arneis. Oltre ai nasi anche la struttura di bocca si mostrava più viva, con note sapide e buone concentrazioni. Forse quel grammo in più di zucchero residuo può aver aiutato in alcuni casi ma sicuramente se le due vendemmie precedenti andavano dal 6 al 7, la 2023 si prende un 8 e poi ne riparleremo tra qualche anno.

Oltre ad una qualità migliore delle uve abbiamo provato a spiegare la qualità di quest’annata utilizzando il nuovo dato che da quest’anno richiediamo ai produttori, e cioè il tipo di tappo utilizzato. Ci siamo accorti che la stragrande maggioranza adopera tappi tecnici, che hanno bisogno di un apporto minore di solforosa all’imbottigliamento per poter rendere il vino espressivo da subito. Forse con la 2023 molti produttori hanno dosato meglio (e meno) la solforosa, arrivando ad avere vini più aperti subito, sia al naso che alla bocca.

Crediamo in questo discorso di un miglioramento tecnico e non fermandoci solo al tappo. Infatti anche assaggiando i Roero abbiamo visto che più le annate sono recenti, più i vini hanno perso quelle caratteristiche (come ruvidezza, legni importanti, alcolicità, squilibri) che per molto tempo hanno caratterizzato i Roero, tanto da fargli perdere gradualmente mercato.

Ma dei Roero parleremo tra qualche mese, torniamo invece agli Arneis che, pur arrivando ad avere solo due Vini Top (più uno tra gli Arneis Riserva) hanno presentato più del 75% dei vini con punteggi superiori agli 80 punti (precisiamo ancora una volta che noi non spariamo punteggi come mortaretti e i nostri 80 punti rappresentano un vino di buon livello), dimostrando oramai che siamo di fronte ad una denominazione molto affidabile per il consumatore.

Forse qualcosa deve ancora essere messo a posto tra gli Arneis Riserva , soprattutto per quanto concerne l’uso del legno, ma capiamo che Roma non è stata fatta in un giorno.

In definitiva siamo veramente soddisfatti dell’annata 2023 di questo bianco piemontese, che sempre più si allontana dalla strada (che peraltro ha dato ottimi risultati) del bianco giovane e semplice, per esplorare con successo le strada del bianco da non bere necessariamente giovane, cioè con almeno 2-3 anni di bottiglia. A proposito di bottiglia, il Consorzio del Roero, sempre preciso, attento e ben organizzato, ha creato delle etichette istituzionali molto particolari, che finalmente si staccano dall’idea di dover rappresentare un’istituzione puntando a presentare un territorio

Carlo Macchi

Sono entrato nel campo (appena seminato) dell’enogastronomia nell’anno di grazia 1987. Ho collaborato con le più importanti guide e riviste italiane del settore e, visto che non c’è limite al peggio, anche con qualcuna estera. Faccio parte di quel gruppo di italiani che non si sente realizzato se non ha scritto qualche libro o non ha creato una nuova guida sui vini. Purtroppo sono andato oltre, essendo stato tra i creatori di una trasmissione televisiva sul vino e sul cibo divenuta sicuramente la causa del fallimento di una nota rete nazionale. Riconosco di capire molto poco di vino, per questo ho partecipato a corsi e master ai quattro angoli del mondo tra cui quello per Master of Wine, naturalmente senza riuscire a superarlo. Winesurf è, da più di dieci anni, l’ultima spiaggia: dopo c’è solo Master Chef.


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