Riflessioni da vecchio: dal genuininfluencer al “cosa ci sto a fare” il passo è breve3 min read

Settimana che se usassi certe parole potrei definire iconica, ma forse è meglio definire significativa e esplicativa.

E’ iniziata con Daniele Cernilli che si scopre influencer, è continuata con la solita selva di premi ricevuti praticamente a pioggia da decine, forse centinaia di cantine e si chiude con la ciliegina del genuininfluencer che il sempre attento e informatissimo Fabio Piccoli ha messo sul piatto.

Diciamo che non l’ho vissuta tanto bene questa settimana, prova ne sia la prima cosa che mi è venuta in mente, da giornalista che non si crede influencer, è il protagonista di 1984 di Orwell che crede fermamente (sbagliandosi) di riuscire a mantenere intatto fino in fondo il suo credo e le sue idee, anche facendo ammenda e proclamando pubblicamente l’opposto.

Noi giornalisti del vino in realtà siamo degli influencer e non lo sappiamo o facciamo finta di non saperlo. L’unica differenza (almeno per me) è che non ci guadagno nemmeno una lira a parlare di vino e di vini sui social.

Ma lasciamo da parte le cose tristi e veniamo alla gioia che ogni giorno sgorga dai social per i premi vinti dalla cantina X, Y, Z, A, B, C, etc. Non passa infatti ora senza che esca “la notizia” di un premio (tranquilli; tra poco li daremo anche noi, caro ipocrita lettore, mio simile, fratello) tanto che mi chiedo se a fine anno esista una cantina che non abbia preso almeno un premio da qualcuno.

Anche se magari qualcuna rimarrà senza i suoi 15 secondi di notorietà la domanda che mi erutta spontanea è “Se tutti prendono premi che valore hanno questi premi?” Lo sgamato PR o l’occhiuto produttore risponderà “A vendere più vino!” magari affiancato da chi invece tira in ballo la soddisfazione personale di essere premiato da X, nota e valente testata o giornalista (salvo dirne peste e corna l’anno dopo se non riceve un altro premio…) e se questo è vero, ben vengano i premi.

Sinceramente credo che ben pochi facciano vendere  ma in un mondo del genere l’importante è farsi vedere e quindi ben venga questa breve visibilità.

Però, se tutti premiano tutti che senso ha parlare di vino e cercare di dare indicazioni in merito? Non si rischia di far parte di un enorme Blob dove tutto viene inglobato e masticato senza lasciare traccia?

Per quanto mi riguarda, continuo a fare il giornalista o l’influencer (fate voi) perché credo di avere conoscenza della materia, esperienza e qualcosa da dire e da consigliare.

Questa autoincensamento mi porta direttamente al genuininfluencer, a questa nuova figura che pare stia prendendo il posto dei semplici influencer: sarebbe una nuova classe di influencer definita appunto “geniunfluencer”, che riescono ad avere un seguito attraverso (udite, udite!) la loro reale competenza e proponendo informazioni “libere”, cioè  non condizionate da contributi pubblicitari.

Ecco, mi ero appena reso conto di essere un influencer che già le cose cambiano e mi ritrovo addirittura ad autonominarmi genuininfluencer. Adesso però mi chiedo: una persona competente, aggiornata, che non mira ad un guadagno se scrive o parla a ragione veduta di qualcosa, ai miei tempi non la chiamavano giornalista?

Con la pulce nell’orecchio continuo a chiedermi chi, alla lunga, stabilirà la competenza, la bravura, l’assoluta imparzialità del genuinfluencer? Ce lo dice, papale papale, Fabio Piccoli: lo stabilirà l’azienda X che, vedendo i risultati, assumerà e promuoverà il suddetto (ex) genuinfluencer.

Quindi il cerchio si chiude e la sensazione di straniamento (e scoramento) non solo rimane ma si accentua anche perché, lo ammetto, alle manifestazioni a cui partecipo conosco sempre meno persone (ma ne vedo di molto brave/i, per fortuna) e spero di non far parte di una sezione distaccata dello zoo, quella relativa agli animali in via di estinzione.

Carlo Macchi

Sono entrato nel campo (appena seminato) dell’enogastronomia nell’anno di grazia 1987. Ho collaborato con le più importanti guide e riviste italiane del settore e, visto che non c’è limite al peggio, anche con qualcuna estera. Faccio parte di quel gruppo di italiani che non si sente realizzato se non ha scritto qualche libro o non ha creato una nuova guida sui vini. Purtroppo sono andato oltre, essendo stato tra i creatori di una trasmissione televisiva sul vino e sul cibo divenuta sicuramente la causa del fallimento di una nota rete nazionale. Riconosco di capire molto poco di vino, per questo ho partecipato a corsi e master ai quattro angoli del mondo tra cui quello per Master of Wine, naturalmente senza riuscire a superarlo. Winesurf è, da più di dieci anni, l’ultima spiaggia: dopo c’è solo Master Chef.


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