Settimana che se usassi certe parole potrei definire iconica, ma forse è meglio definire significativa e esplicativa.
E’ iniziata con Daniele Cernilli che si scopre influencer, è continuata con la solita selva di premi ricevuti praticamente a pioggia da decine, forse centinaia di cantine e si chiude con la ciliegina del genuininfluencer che il sempre attento e informatissimo Fabio Piccoli ha messo sul piatto.
Diciamo che non l’ho vissuta tanto bene questa settimana, prova ne sia la prima cosa che mi è venuta in mente, da giornalista che non si crede influencer, è il protagonista di 1984 di Orwell che crede fermamente (sbagliandosi) di riuscire a mantenere intatto fino in fondo il suo credo e le sue idee, anche facendo ammenda e proclamando pubblicamente l’opposto.
Noi giornalisti del vino in realtà siamo degli influencer e non lo sappiamo o facciamo finta di non saperlo. L’unica differenza (almeno per me) è che non ci guadagno nemmeno una lira a parlare di vino e di vini sui social.
Ma lasciamo da parte le cose tristi e veniamo alla gioia che ogni giorno sgorga dai social per i premi vinti dalla cantina X, Y, Z, A, B, C, etc. Non passa infatti ora senza che esca “la notizia” di un premio (tranquilli; tra poco li daremo anche noi, caro ipocrita lettore, mio simile, fratello) tanto che mi chiedo se a fine anno esista una cantina che non abbia preso almeno un premio da qualcuno.
Anche se magari qualcuna rimarrà senza i suoi 15 secondi di notorietà la domanda che mi erutta spontanea è “Se tutti prendono premi che valore hanno questi premi?” Lo sgamato PR o l’occhiuto produttore risponderà “A vendere più vino!” magari affiancato da chi invece tira in ballo la soddisfazione personale di essere premiato da X, nota e valente testata o giornalista (salvo dirne peste e corna l’anno dopo se non riceve un altro premio…) e se questo è vero, ben vengano i premi.
Sinceramente credo che ben pochi facciano vendere ma in un mondo del genere l’importante è farsi vedere e quindi ben venga questa breve visibilità.
Però, se tutti premiano tutti che senso ha parlare di vino e cercare di dare indicazioni in merito? Non si rischia di far parte di un enorme Blob dove tutto viene inglobato e masticato senza lasciare traccia?
Per quanto mi riguarda, continuo a fare il giornalista o l’influencer (fate voi) perché credo di avere conoscenza della materia, esperienza e qualcosa da dire e da consigliare.
Questa autoincensamento mi porta direttamente al genuininfluencer, a questa nuova figura che pare stia prendendo il posto dei semplici influencer: sarebbe una nuova classe di influencer definita appunto “geniunfluencer”, che riescono ad avere un seguito attraverso (udite, udite!) la loro reale competenza e proponendo informazioni “libere”, cioè non condizionate da contributi pubblicitari.
Ecco, mi ero appena reso conto di essere un influencer che già le cose cambiano e mi ritrovo addirittura ad autonominarmi genuininfluencer. Adesso però mi chiedo: una persona competente, aggiornata, che non mira ad un guadagno se scrive o parla a ragione veduta di qualcosa, ai miei tempi non la chiamavano giornalista?
Con la pulce nell’orecchio continuo a chiedermi chi, alla lunga, stabilirà la competenza, la bravura, l’assoluta imparzialità del genuinfluencer? Ce lo dice, papale papale, Fabio Piccoli: lo stabilirà l’azienda X che, vedendo i risultati, assumerà e promuoverà il suddetto (ex) genuinfluencer.
Quindi il cerchio si chiude e la sensazione di straniamento (e scoramento) non solo rimane ma si accentua anche perché, lo ammetto, alle manifestazioni a cui partecipo conosco sempre meno persone (ma ne vedo di molto brave/i, per fortuna) e spero di non far parte di una sezione distaccata dello zoo, quella relativa agli animali in via di estinzione.