ReValpo: in Valpolicella un piccolo gruppo che vuole crescere3 min read

l’associazione Centrifuga di Rovereto, dal 2018 anche promotrice di Vinifera che  terrà per la sua quarta edizione il 26-27 marzo a Trento, organizza  approfondimenti, laboratori e abbinamenti con il cibo e il territorio.

Tra questi  l’incontro con i viticoltori di ReValpo, un gruppo di giovani produttori  ma soprattutto amici, che produce vini definiti naturali, a tutela del territorio della Valpolicella:  Agricola Montenigo, Antica Valpolicella, Corte Bravi, Il Monte Caro, Il Roccolo di Monticelli,  Marco Mosconi, Terre di Pietra, e la nuova entrata di LaVenta.

ReValpo è un acronimo formato dalle parole Rewind e Valpolicella, per indicare un tornare indietro ma con nuove consapevolezze e prospettive. Un tentativo di riavvolgere il nastro per ripartire con un’idea di vita, di produzione e di consumo più etici, stilando proprie regole comuni e  utilizzando solamente uve autoctone. Tra le loro regole ci sono pochissimi  interventi in vigna e assenza di additivi chimici di sintesi. Il prodotto che nasce deriva da quelli che loro definiscono  metodi di lavoro antichi e da uve coltivate nel rispetto dell’ambiente, escludendo l’uso di pesticidi, erbicidi e insetticidi, cercando di diversificare la loro coltura anche con alberi da frutta, olivi, seminativi, e animali, reintroducendo le api dove possibile.

Le aziende sono rappresentative di tutto il territorio della Valpolicella e il loro intento è quello di scostarsi dalla produzione convenzionale “piaciona”, che ha preso piede soprattutto negli ultimi anni. Pure il cambio di disciplinare ha assecondato l’esigenza dei consumatori internazionali, introducendo la possibilità di utilizzare vitigni che non erano tradizionalmente presenti.

Non molti produttori hanno aderito, anche perché per adottare questo sistema bisogna mettersi davvero in gioco e investire molto nel futuro, rinunciando a un immediato  e facile guadagno, mettendo in conto che per i primi anni il percorso non sarà facile .

Fare vini definiti naturali, se fatti con criterio e attenzione,  ti espone ancora di più alla mutevolezza delle varie annate, che non ti possono garantire la continuità espressiva che puoi ricreare con la produzione convenzionale.

Ogni anno ti devi mettere in gioco ed adattarti, con i pochi strumenti permessi dalle tue idee,  all’andamento climatico della stagione in corso, calcolando inoltre che il terreno che stai lavorando ci metterà anni prima di ritrovare la condizione  “primitiva”.

E’ un processo lungo che vuole costanza, dedizione e convinzione:  non a caso ottimi risultati si riscontrano da produttori che hanno iniziato questo percorso decine di anni fa e in passato erano stati presi per visionari.

Ma il consumatore è davvero pronto per capire e saper analizzare un vino naturale o si segue una moda che fa tendenza?

Marco Mosconi

Otto Valpolicella hanno raccontato storie totalmente diverse, non c’è mai stata una sovrapposizione di espressione, sia nella batteria del solo acciaio, sia in quella con maturazione in legno.

Alcun assaggi non sono stati facili anzi: purtroppo in alcuni casi i “famosi”  difetti con cui si contestano queste tipologie si sono manifestati , ma speriamo siano peccati di gioventù .

Infatti nel  ‘Montecurto’ Valpolicella 2020 e Terre di Pietra ‘Vigna del Peste Igt’ di Marco Mosconi, dove l’esperienza era più matura, si sono rivelate le espressioni più piacevoli, senza l’ombra di una sbavatura. Una speciale menzione all’unica mano femminile del gruppo, Il Roccolo di Monticelli,  con i suoi bianchi da Garganega e Trebbiano di Soave da vigne di oltre 60 anni.

Le criticità ci sono indubbiamente, credo e spero che nella maggioranza dei casi siano frutto del fatto che serva molto tempo per affinare una tecnica di produzione, coltivazione e riconversione.

Letizia Simeoni

Beata la consapevole ignoranza enologica. Finchè c’è ti dà la possibilità di approcciarsi alla conoscenza! Prosit.


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