La 2018 non è una grande annata. I vini non sono potenti o strutturati, eleganti o raffinati: sono pronti da bere.
Nel complesso possiamo considerarla un’annata equilibrata dove le scelte dei produttori sono estremamente evidenti. Quello che in annate simili, come il 2012, è stato un problema (molti vini noiosi in giro) nella 2018 diventa una benedizione perché la qualità della zona è aumentata drasticamente. Alcuni produttori con molti ettari, ritenuti in passato troppo grandi per fare qualità, stanno ora producendo vini capaci di condividere la tavola con i pionieri dell’areale; penso al buonissimo Sarmassa di Marchesi di Barolo e l’apocalittico capolavoro della prima vendemmia di Rocche di Castiglione di Ceretto.
Il seguito della torrida 2017 e le abbondanti e continue piogge di maggio hanno costretto i vignaioli a fare scelte che hanno portato a visioni diverse dell’annata. Federico Scarzello vede somiglianze con la 2014, Nicola Oberto (Trediberri) con la 2012, Andrea Marchetti (Marcarini) con la 2006, Alex Sanchez (Brovia) con la 2008 e Fabio Alessandria (G.B. Burlotto) la interpreta come un nuovo tipo di annata che potrebbe dare il via a uno stile moderno di Nebbiolo da pronta beva. All’assaggio i loro vini hanno i profumi e i sapori di quelle annate; ecco perché giudicare la 2018 è così difficile e in qualche modo fuorviante.
Quest’annata ha premiato i produttori che hanno lavorato meno in cantina e più in vigna, portando a vini espressivi: il Monvigliero di Diego Morra e il Castelletto di Castello di Perno sono i migliori vini prodotti finora da quelle cantine perché il carattere del cru è più forte delle precedenti annate.
L’approccio al mercato è stato ciò che ha rovinato l’annata; i produttori avrebbero dovuto abbassare i prezzi e riempire i ristoranti lasciando i collezionisti con la febbre per la 2019. Chiaramente questo non è successo (problemi finanziari o avidità?) e l’attenzione è andata verso punteggi che hanno distrutto tanti grandissimi vini. Uno in particolare è stato così ingiusto che ho sentito il bisogno di scrivere una nota di degustazione e dargli il mio punteggio.
2018 Villero, Brovia (degustato il 18 maggio in cantina da loro)
Rubino chiaro con un bordo scuro. Fragola matura e ciliegia scura. Carne macinata fresca e chiodi di garofano. Al naso si sente il calore dell’alcol ma al palato il vino è equilibrato con tannini vellutati e un finale medio. Il carattere di Villero è qui: carnoso, caldo, maturo ma anche fresco, moderno, accessibile. Semplicemente fantastico. Da bere leggermente fresco. 96/100