Prosěk: perché si potrebbe perdere2 min read

Non voglio fare l’uccellaccio del malaugurio e premetto che  non conosco i regolamenti UE in materia però, dopo aver letto l’ennesimo intervento di un ministro Croato su questo tema mi è venuta voglia di andare a guardare i termini della controversia Tokaji-Tocai del 2005,  quella a cui molti si rifanno dicendo “Se in quel caso l’abbiamo preso in tasca noi, in questo vorrei vedere ci fossero problemi”.

Purtroppo rileggendo quanto venne scritto allora mi è venuta in mente la scena di quel film dove Proietti fa l’avvocato e “garbatamente”, leggendo vari capi d’accusa,  sentenzia al suo cliente (interpretato da lui stesso) “Qui l’inculamo, qui l’inculamo ,qui te s’è‘nculano”.

Battuta pecoreccia a parte, andando a rileggere quanto scritto nel 2005 (che potrete trovare qui)  mi sono venuti in mente alcuni punti piuttosto controversi che sintetizzo così:

  1. L’oggetto del contendere è diverso: nel 2005 l’Ungheria chiedeva che al nome di un vitigno/vino (simile ad una menzione ungherese esistente da secoli) che era diventato DOC da poco tempo (tempi relativi agli accordi UE) venisse proibito di essere usato in Italia . Qui invece stiamo parlando di due nomi di vini e pare (leggendo quanto dicono i croati) che il loro abbia più storia del nostro.
  2. Credo si debbano andare a vedere le postille dell’accordo Croazia- EU, quando il “problema” ProsěK  non venne preso in esame  Se vi si trovasse che il termine Prosěk esiste storicamente da secoli e in una denominazione croata da x anni, la cosa diventerebbe complessa. Se questo divenisse il fattore decisivo della controversia, dovremmo parlare di mossa maestra del governo croato, che ha tenuto nascosto l’asso fino all’ultima decisiva mano e di scarsa attenzione da parte del nostro.
  3. Purtroppo Prosecco non è un’uva (infatti è glera) ma una cittadina (con un vino che si chiama Prosekar…) e un marchio commerciale.

Insomma, sarà che quando si parte dicendo di spezzare le reni a X o Y non la vedo storicamente facile, ma (e spero di sbagliarmi di brutto)  non credo che l’Italia abbia tutte le carte giuste in mano.

Ripeto, spero di sbagliarmi, intanto sperem.

Carlo Macchi

Sono entrato nel campo (appena seminato) dell’enogastronomia nell’anno di grazia 1987. Ho collaborato con le più importanti guide e riviste italiane del settore e, visto che non c’è limite al peggio, anche con qualcuna estera. Faccio parte di quel gruppo di italiani che non si sente realizzato se non ha scritto qualche libro o non ha creato una nuova guida sui vini. Purtroppo sono andato oltre, essendo stato tra i creatori di una trasmissione televisiva sul vino e sul cibo divenuta sicuramente la causa del fallimento di una nota rete nazionale. Riconosco di capire molto poco di vino, per questo ho partecipato a corsi e master ai quattro angoli del mondo tra cui quello per Master of Wine, naturalmente senza riuscire a superarlo. Winesurf è, da più di dieci anni, l’ultima spiaggia: dopo c’è solo Master Chef.


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