La sensazione di trovarsi davanti ad un evento singolare, a metà strada tra la festa popolare ed una manifestazione “dedicata” (di quelle tanto in voga questa estate), ti prende appena entri nella piazzetta cittadina. Sarà colpa dei gazebo dei produttori disposti in un grande quadrilatero e delle ventate di carne alla brace e porchetta che ogni tanto spirano tra i piccoli banchetti . E’ questo il cuore della manifestazione, che si è tenuta all’interno della Festa del Vino di Castelvenere e che ha avuto un prologo mattutino con il Concorso dei Vitigni Minori del Sannio. A questo è seguito il seminario sui diversi volti della Falanghina sannita secondo l’enologo Enzo Mercurio ed uno splendido intermezzo con la degustazione verticale del Taurasi Riserva delle Cantine Lonardo-Contrade Taurasi. Questa prima edizione del festival meridionale dei grandi vini da piccole vigne, ideata da Luciano Pignataro con la direzione tecnica di Mauro Erro, forse non sarà stata una Woodstock (come provocatoriamente l’aveva definita l’amico Pignataro) ma sicuramente è un idea interessante che propone un modo diverso di bere (i drink different dice Mauro Erro), lontano dagli stereotipi così cari a molti. L’enfasi poi con cui è stata sottolineata la piccola dimensione, la diversità, la storia, la passione, ci sta tutta. Assaggiando i vini con il palato “fine” si potrebbe dire che alcuni sono imperfetti, ingenui, anche velleitari nello sforzo di farsi grandi. A volte (poche) c’è la sensazione che si percorrano strade moderne alquanto scontate ed in contrasto con lo spirito pionieristico che si vuole trasmettere. Ma come dice il mio amico Peppe Zullo, anche lui presente alla manifestazione coi suoi vini, “il mondo è bello perché è avariato” e non sta a noi fare in questo momento le pulci dal punto di vista stilistico, non è questo il punto. Dalla manifestazione a cui hanno partecipato oltre 20 piccoli produttori, emerge l’amore per la terra, la passione per il proprio lavoro, ma anche la consapevole certezza di fare non solo un’ operazione “produttiva” ma soprattutto culturale. La questione è proprio questa: senza un respiro culturale, che non sia solo quello della “valorizzazione del tipico”, manifestazioni come queste hanno il fiato corto ed il rischio che facciano una “fine taurasina” è molto reale. La salvaguardia ed il recupero della biodiversità a Castelvenere hanno trovato forse le gambe su cui camminare e mi auguro che ci siano tante Castelvenere nel nostro Sud. L’argomento è complesso ed investe una concezione diversa di agricoltura, un diverso rapporto terra-uomo. Un argomento centrale che sicuramente caratterizzerà quella grande convention dell’Assemblea della Biodiversità nel Mezzogiorno, preannunciata da Luciano Pignataro, che dovrebbe tenersi in primavera e che potrebbe essere un punto di partenza.
VINviaggio
Primo Festival Meridionale delle Piccole Vigne3 min read
