Una verticale di una decina di annate di Primitivo non s’era mai fatta , né di Manduria e tanto meno di Gioia del Colle. Quest’ultimo del fratello ha sempre sofferto la più diffusa popolarità, nonostante storicamente possa vantare la primogenitura, essendo stato impiantato prima a Gioia e poi diffusosi in tutta la Puglia e particolarmente nel Tarantino. Perciò l’occasione è veramente “storica” come la definisce con una certa enfasi il comunicato stampa diffuso dall’azienda Fatalone , l’unica a potersi permettere una degustazione di tale profondità, avendo iniziato ad imbottigliare addirittura nel 1987.
Prima però di parlare dei vini occorre dire che il Primitivo di Gioia del Colle è molto diverso da quello di Manduria. Senza volerci addentrare negli aspetti tecnici , va sottolineata la diversità dei terreni: pianeggianti e spesso sabbiosi (terra rossa) per Manduria; prevalentemente collinari con roccia affiorante e a volte ciottolosi quelli di Gioia. Vino concentrato, giocato sulla potenza sia alcolica che estrattiva quello di Manduria: meno potente, spesso austero con note che alcune volte rasentano la mineralità quello di Gioia. Insomma facce diverse della stessa medaglia, ma come tali difficilmente comparabili. Il Primitivo, con una certa generalizzazione, è sempre stato considerato un vitigno incapace di dare vini adatti ad un buon invecchiamento: l’occasione quindi di assaggiare 10 annate di Primitivo di Gioia del Colle a partire dal ’94 è tornata a fagiolo per confermare o smentire questa convinzione che non ha mai avuto, peraltro validi riscontri né a Manduria né a Gioia.
E’ comprensibile quindi che abbiamo affrontato questa degustazione come una sorta di “roulette russa”, da cui era possibile aspettarsi di tutto.
Una premessa doverosa: l’azienda Fatalone ottiene vini da uve coltivate in biologico già prima di essere stata certificata. Nelle prime due annate della sua produzione le uve provengono da viti ad alberello di 40 anni. Le fermentazioni, assolutamente spontanee, sono avvenute in vasi vinari di vetroresina, serviti anche per la conservazione del prodotto fino all’imbottigliamento.
La degustazione.
Assolutamente sorprendenti le annate ’94 e ’95 sia nei colori ancora integri, tenuto conto dell’età, sia nei profumi puliti e complessi con una freschezza del frutto del tutto inaspettata. La diversità tra le due annate si avverte soprattutto in una certa esuberanza alcolica del ’95 che tuttavia mantiene inalterata freschezza acida e trama tannica di qualità, capace ancora di dare soddisfazioni. In entrambi i profumi terziari sono presenti con sfumature di tartufo e funghi
I due vini degustati bastano a sfatare il luogo comune di vitigno poco adatto all’invecchiamento.
Altre considerazioni in breve: nel ’96 la “tecnologia”, intesa come vinificazione con refrigerazione e botti di Slavonia per l’invecchiamento, entra in azienda ed alle uve provenienti dai vecchi alberelli vengono aggiunte quelle di allevamenti a spalliera di 4 anni. I vini ottenuti sono diversi: più potenti, più concentrati pur mantenendo il carattere originario di eleganza e freschezza che neanche un’annata assolutamente tremenda come quella del ’03 (che ha visto raggiungere in questa zona temperature massime di 45°) è riuscita a compromettere . Anche se non raggiungeranno la stessa finezza dei vini del ’94 e 95 i vini successivi, quelli delle annate più recenti (’98-2000 e 2001) hanno ancora lunghi anni da vivere, perlomeno a giudicare dalla quantità e qualità dei tannini ancora in evoluzione.
Un’ultima considerazione: la fase pionieristica (‘94-‘95) pur non avendo utilizzato la refrigerazione e le botti di Slavonia , ha permesso di ottenere vini di grande qualità e durevolezza grazie soprattutto a vigne ad alberello vecchie di 40 anni: questo è un dato certo ed incontrovertibile.
Considerazioni conclusive :
a) quando si dice Primitivo, anche tra gli addetti ai lavori, sarebbe bene precisare di cosa si parla, essendo le due tipologie completamente diverse;
b) c’è da augurarsi che questa degustazione non rimanga isolata e che anche qualche produttore della zona di Manduria abbia la voglia e la forza di organizzare una degustazione che magari sfati qualche altro luogo comune.
Unico ma grande neo in una manifestazione che crediamo difficilmente ripetibile: la presenza di scarso pubblico e soprattutto l’assenza di produttori della zona (non c’erano neanche quelli del consorzio). Peccato, un occasione persa di potersi confrontare ed ancora una sconfitta sul terreno dell’immagine territoriale, segnato purtroppo ancora da troppe divisioni: una strada che non porta da nessuna parte.