Vi piacerebbe saperlo! Dovrete avere solo un po’ di pazienza. Meno di un mese e sarà di dominio pubblico.
Comunque non riesco a crederci ma siamo arrivati alla settima edizione del premio Giulio Gambelli! Un premio che ogni anno va al giovane enologo italiano che più incarna il modo “gambelliano” di fare vino.
Un’idea nata per onorare la memoria di un grande personaggio dell’enologia toscana ma ormai divenuto un momento importante nel fittissimo panorama di eventi enoici italiani.
Un momento importante e atteso non solo dai quattro consorzi (Brunello di Montalcino, Chianti Classico, Vernaccia di San Gimignano e Vino Nobile di Montepulciano) e dalle aziende vinicole amiche di Giulio (Montevertine, Ormanni, Poggio di Sotto, Il Colle, Rodano e Bibbiano) che hanno sempre affiancato e supportato l’evento, ma oramai dagli enologi stessi e dagli appassionati, che vogliono capire quali sono veramente i vini più gambelliani in circolazione.
Se mi permettete è atteso anche da… Giulio Gambelli, perché ad ogni edizione ci fa capire dal luogo dove si trova quanto sia felice di questo premio che, sembra incredibile, non ha mai premiato giovani enologi famosi, osannati o abituati alla luce dei riflettori, ma persone semplici, in alcuni casi schive: quelli che sicuramente sarebbero piaciuti a Giulio.
Anche quest’anno, che la degustazione è avvenuta a Montalcino, dove ci sarà anche la premiazione il 16 febbraio durante Benvenuto Brunello, la commissione (dopo l’assaggio di 34 vini) ha selezionato un’altra bravissima persona: semplice, competente e molto appassionata del suo lavoro.
Naturalmente non vi dirò chi è, per questo dovete aspettare il 16 febbraio, ma vi garantisco che anche quest’anno il premio è andato a che ha vere “stimmate” gambelliane.
Caratteristiche che hanno permesso ai suoi vini di arrivare primo, terzo e quarto tra i 34 campioni degustati Un giudizio praticamente unanime che in passato non si era mia visto.
Ma che vini ha degustato la commissione?
Questo è il bello del Premio Gambelli! Si assaggiano (rigorosamente in maniera bendata, conoscendo denominazione, annata e tipo di uve) vini provenienti da molte parti d’Italia: per esempio questa volta abbiamo spaziato dal Grillo e Catarratto siciliani a Dolcetto e Barbera piemontesi, passando per Nero d’Avola, Aglianico del Vulture, Chianti Classico, Brunello di Montalcino.
Un panorama ampio di vini, presentati dagli enologi iscritti al premio, che mettono veramente alla prova i degustatori, ma alla fine emerge sempre non solo un enologo bravo e rispettoso della materia prima che lavora, ma una persona che Giulio avrebbe apprezzato.
I parametri di selezione sono semplici: il vino deve essere rispettoso delle uve e del territorio da cui proviene, deve far percepire in maniera chiara le caratteristiche del vitigno, non deve avere difetti (magari spacciati per pregi), insomma l concetto di “gambellianità” è definito come massimo rispetto per la materia prima, e individua un prodotto che esprima in maniera chiara e netta sia il/i vitigno/i di provenienza che il territorio di origine.
A proposito di apprezzare, il Premio Gambelli, come accennato, è sempre più apprezzato e conosciuto: me lo dicono gli enologi vincitori negli scorsi anni, increduli di fronte alla richiesta di interviste e agli articoli su di loro scaturiti dalla vittoria. Vittoria che porta nelle loro tasche anche un bell’assegno da 1500 euro, il che non guasta mai.
Come capite sono orgoglioso di questo premio, unico nel panorama nazionale e quindi voglio ringraziare ASET (Associazione Enogastroagrolimentare Toscana) perché è grazie a questa piccola ma attiva associazione che il Premio si perpetua di anno in anno.
A questo punto ci vediamo a Montalcino il 16 febbraio e saprete tutto.