Pesa di più l’acqua o il vino? Ovvero del saper guardare attraverso le porte socchiuse5 min read

Babbo Giorgio divenne capofficina dell’allora grandissima Fattoria degli Acquisti nel 1940. Aveva sotto di se una trentina tra trattoristi e addetti all’officina vera e propria. A soli 19 anni si prese così in carico questa grande responsabilità.

Aveva frequentato un paio di classi all’avviamento industriale di Grosseto e poi null’altro. Però aveva imparato il mestiere sotto l’insegnamento di mio nonno Francesco, già conduttore di macchina a vapore patentato fin dal 1912 .

Sto parlando del secondo dopoguerra, di quando nacqui io, quando non solo non c’era la televisione ma anche i giornali non erano in uso da queste parti.

Eppure babbo sapeva un sacco di cose e pareva scoprirle sempre di nuove. Non solo di meccanica, ma un po’ in tutte le materie. La cosa più straordinaria erano però le novità che via via portava a casa. Potevano essere notizie di ogni genere e su i più svariati campi e materie.

All’epoca la mia famiglia comprendeva i miei genitori, io con due fratelli più piccoli di me, i miei nonni (io dormivo in camera con loro) e mia zia Anna. Babbo ci metteva a conoscenza di queste novità, con entusiasmo, durante il pranzo o la cena. Spesso la novità veniva dimostrata e verificata seduta stante.

Ricordo quando ci chiese: “Secondo voi pesa di più l’acqua o il vino?” Io azzardai il vino. Contrariamente a quanto si pensava noi lui ci svelò che il vino pesa meno dell’acqua. E noi chiedemmo come fare a verificarlo. Toccò a me eseguire i suoi ordini. Mi disse “ Taglia una fettina sottile di pane, riempi un bicchiere fino a metà con l’acqua, poi posa delicatamente la fettina di pane sul pelo dell’acqua, versa poi molto lentamente un po’ di vino sopra il pane”.

Abbastanza incredulo e curioso feci come mi aveva detto ed effettivamente il vino rosso prima si posò sul pane, poi trasudò attraverso questo, ma le volute colorate si muovevano in orizzontale, ma non scendevano in basso, per formare poi una specie di anello rosso dello spessore di qualche millimetro, ma questo non affondava. Segno evidente che il vino era più leggero dell’acqua.

Questo era il tono e lo stile delle cose che lui portava a casa. E io allora e anche anni dopo, mi chiedevo dove e come riuscisse ad apprendere queste cose. Ci ho messo del tempo, poi piano piano ci sono arrivato. Non c’era la televisione, non erano cose da apprendere alla radio, meno che mai dai giornali, e allora dove poteva apprendere tutte queste cose?

Certamente non in officina o nei campi. Ecco dove.

Dopo l’orario di lavoro tutti i giorni passava in fattoria. La trovava gli uffici del fattore – allora chiamato anche Ministro – e dei diversi sotto-fattori. Questi ultimi più giovani, ma tutti freschi di studi di qualità.

Tutti questi uffici erano a pian terreno nell’ala a nord della Villa Padronale. Nell’ala sud vi abitava la famiglia dei conti Guicciardini Corsi Salviati. E spesso certi loro rampolli si fermavano a parlare con i sotto-fattori, con il capo officina e con il magazziniere Paolo. Quell’oretta dopo il lavoro serviva a parlare dei programmi e dei lavori, ma inevitabilmente poi gli argomenti viravano su cose di attualità, di tutti i tipi, anche salottiere e divertenti.

E allora si parlava di tutto: dallo sport, ai divertimenti, dalle mode alle novità viste al cinema e ai cinegiornali della Incom, che venivano proiettati nell’intervallo dei film. Ovviamente mio babbo faceva spesso capolino anche in cucina dove la fattoressa Sestilia, moglie di Paolo, dominava la situazione con piatti raffinati e allo stesso tempo semplici e con materie prime a chilometro zero, come si dice oggi.

Tutte queste occasione funzionavano come porte socchiuse che facevano intravedere cose nuove e interessanti. Il sistema alimentava ancora di più la curiosità del sapere, dello scoprire, del comprendere.

È un qualcosa che ho provato anch’io poi nella vita. Sono passato diverse volte davanti a porte socchiuse e spesso invitanti a soddisfare la mia infinita curiosità. E mi sono fermato spesso per rendermi conto di che cosa si trattasse, cercando di capire e al limite di immaginare.

Si, perché dove non riusciamo a soddisfare completamente la curiosità bisogna intervenire con la fantasia e l’immaginazione. Che tutto sommato è spesso una formidabile e valida alternativa. Qualche volta perfino migliore della realtà! 

Qualcosa di simile mi succede anche con le persone. Magari dopo un primo fugace incontro mi faccio un’idea della persona, certamente non definitiva, ma insomma la prima inquadratura resta, come intravista attraverso una porta semiaperta. Il più delle volte resta questo ricordo della fugace vista, qualche volta si passa più volte davanti alla porta semiaperta e le cose si mettono più a fuoco. Poche e fortunate volte succede di poter entrare e approfondire, e comprendere.

Le persone sono molto più interessanti delle cose. Spesso sono infinitamente più importanti.

Io ho conosciuto diversi giganti nella mia vita. Voglio ricordarne oggi solo tre. Uno è stato mio babbo Giorgio che sfortunatamente persi a soli 24 anni. Mi domando spesso cosa avrebbe potuto insegnarmi se fosse vissuto più a lungo: sicuramente moltissime cose che mi avrebbero portato a fare di più e sicuramente meglio.

Il secondo è Peter Max Suter, conosciuto per ragioni di lavoro nella mia maturità. Personaggio di una cultura ed esperienze fuori dal comune, con fortissima personalità:  inizialmente difficile da trattare, poi una volta prese le misure con una “convivenza armata”, che lui preferiva, di grandissimo interesse.

Un’altra, nata casualmente, con una porta socchiusa emanante una luce fortissima. Sono stato invitato a entrare nella sua stanza per conoscere e capire. Attualmente mi beo della sua scrittura. E della sua amicizia.

 

 

Si ringrazia per le foto

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Roberto Tonini

Nato nella Maremma più profonda, diciamo pure in mezzo al padule ancora da bonificare, in una comunità ricca di personaggi, animali, erbe, fiori e frutti, vivendo come un piccolo animale, ho avuto però la fortuna di sviluppare più di altri olfatto e gusto. La curiosità che fortunatamente non mi ha mai abbandonato ha fatto il resto. Scoperti olio e vino in tenera età sono diventati i miei migliori compagni della vita. Anche il lavoro mi ha fatto incrociare quello che si può mangiare e bere. Scopro che mi piace raccontare le mie cose, così come a mio nonno. Carlo mi ha invitato a scrivere qualche ricordo che avesse a che fare con il mangiare ed il bere. Così sono entrato in questa fantastica brigata di persone che lo fanno con mestiere, infinita passione e ottimi risultati. 


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