Perché non sono venuto (ancora una volta) al Vinitaly4 min read

Una cara amica produttrice nei giorni scorsi mi ha scritto che a Vinitaly si sentiva la mia mancanza. Questa gentile e macroscopica bugia mi ha fatto pensare a due scene di film: la prima è quella di Ecce Bombo, in cui Nanni Moretti chiede e si chiede “Mi si nota di più se vengo e me ne sto in disparte o se non vengo per niente?”. La seconda, che ha anche ispirato queste righe,  è in Blues Brothers quando, sotto il tiro del fucile della non-moglie incazzatissima perché non si era presentato all’altare, John Belushi inventa una serie di scuse surreali per motivare la cosa.

Così io, pur non avendo nessun fucile puntato addosso, mi sento in dovere di motivare, per le 2-3 persone che se lo sono chiesto, perché non sono venuto a Vinitaly.

Scusa 1, sportiva

Ero impegnato nell’attraversamento a dorso di iguana del deserto del Gobi. Questo è in realtà un vero e proprio sport e tra i mongoli che abitano il deserto ha un successo incredibile. Sono stato invitato a partecipare perché anni fa avevo conosciuto un’iguana che ha fatto il mio nome, e così abbiamo corso assieme. Il problema di questa gara è che rischia di diventare infinita dato che il deserto del Gobi si espande al ritmo di decine di metri al giorno, così con la mia amica iguana abbiamo deciso di ritirarci ma purtroppo non ho fatto a tempo a tornare in Italia per Vinitaly.

Scusa 2, letterario-fantascientifica

Ero impegnato nello scrivere la mia biografia dal titolo “Cosa pensi che freghi alla gente del Macchi” ed ero arrivato ad uno dei punti salienti del racconto, cioè quando provavo a insegnare le tecniche di degustazione agli abitanti di Aldebaran VI, famosi per avere 12 bocche e 18 nasi, tutti in perenne lite tra loro per dimostrare di essere i più bravi a percepire profumi e gusti. Capirete che ogni assaggio diventava quasi una guerra e io dovevo intercedere e mediare tra i 30 orifizi, ognuno con gusti diversi. Inoltre se a caval donato non si guarda in bocca ad un aldebarano, dato che ha una sola mano con due dita e un braccio cortissimo, mi occorreva un notevole dispendio di energie per mettergli il vino sotto i nasi o nelle bocche.

Scusa 3, fisica

Avevo paura dei chilometri da fare ma soprattutto della mole di selfie sorridenti con altri esseri umani sorridenti che avrei dovuto fare, rischiando la paresi facciale e lo spappolamento degli zebedei. Giuro che però non ho perso una sola foto sui social, dove tutti hanno incontrato tutti e dove valanghe di produttori ti attendevano al loro stand.

Scusa 4, religiosa

Nei quattro giorni di Vinitaly cadevano (senza farsi però molto male) le celebrazioni per il santo protettore di Poggibonsi, San Lucchese del Sottopasso Miracolato. In questi quattro giorni ci sono state processioni dei flagellati dalle tasse, cerimonie di transustanziazione del brodo di gallina in polli arrosto, canti ininterrotti degli inni liturgici composti negli ultimi 14 secoli da poggibonsesi devoti, veglie di preghiera per celebrare le sveglie che non hanno bisogno delle sveglie per svegliarsi in quanto sono già sveglie e soprattutto assaggi continui di Vin Santo per poter sopportare tutto questo.

Scusa 5, reale

Non dovendo né vendere né comprare qualcosa ditemi voi cosa ci vengo a fare a Vinitaly? A vedere persone che ho visto o vedrò comunque durante l’anno? Ad assaggiare vini non pronti che assaggerò comunque e in situazioni migliori tra qualche mese? A spendere cifre inusitate per alberghi che normalmente costano il 300% in meno, a mangiare panini di plastica a pranzo e a fare cene infinite? Ma, mi dicono, vieni a fare PR, ti sembra poco? SI!

Carlo Macchi

Sono entrato nel campo (appena seminato) dell’enogastronomia nell’anno di grazia 1987. Ho collaborato con le più importanti guide e riviste italiane del settore e, visto che non c’è limite al peggio, anche con qualcuna estera. Faccio parte di quel gruppo di italiani che non si sente realizzato se non ha scritto qualche libro o non ha creato una nuova guida sui vini. Purtroppo sono andato oltre, essendo stato tra i creatori di una trasmissione televisiva sul vino e sul cibo divenuta sicuramente la causa del fallimento di una nota rete nazionale. Riconosco di capire molto poco di vino, per questo ho partecipato a corsi e master ai quattro angoli del mondo tra cui quello per Master of Wine, naturalmente senza riuscire a superarlo. Winesurf è, da più di dieci anni, l’ultima spiaggia: dopo c’è solo Master Chef.


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