Parte il Tour de France con La Revue du Vin de France n.6425 min read

Questo numero doppio copre i tre mesi estivi, a causa delle difficoltà create dalla pandemia. La parte maggiore di esso (120 pagine su 220), come annuncia il titolo grande di copertina,  é riservata al “Tour de France des vins de plaisir”. Una selezione di 1.500 pepite accessibili per godersi l’estate senza spendere troppo. Il resto, a parte le rubriche di attualità (con il Covid 19 in evidenza, com’è ovvio), la posta dei lettori, le consuete pagine dei columnist e il mercato dei vini d’asta, è ripartito tra i seguenti temi: il nuovo slancio delle cooperative,  gli accordi vino-formaggi,  una degustazione dei bianchi del sud della Francia, dal Mediterraneo all’Atlantico, i mobili-cantina e gli armoires à vin per la miglior conservazione del vino, un’intervista a Marc-André Selosse  (non Jacques,  grande creatore di Champagnes, ma l’accademico biologo, specializzato in botanica e in micologia, autore di una famosa “storia naturale dei tannini”), una visita, con annessa verticale, a Opus One, in California.

Infine, a chiudere come sempre il numero , è la discussione “intorno ad una bottiglia”: il bersaglio è il bianco secco di Climens, Asphodèle 2018. Ne parlano Jean-Baptiste Thial de Bordenave e Jérôme Baudouin.

Noi ci soffermeremo un po’ di più sui bianchi “sudisti” e sugli accordi con i formaggi, dopo aver descritto nelle linee essenziali il servizio principale dedicato ai vini “de plaisir”, caratterizzati da un eccellente rapporto qualità/prezzo. Caroline Furstoss ha scelto i vini alsaziani: sylvaner e pinot blanc/auxerrois fino a 10 euro e i riesling e gewürztraminer fino a 15 euro. Le migliori scoperte: il Muscat 2019 del Domaine Humbrecht 1619 (16/20 per soli € 7.30), il Riesling Suessenberg 2018 di Etienne Loew (16.5/20 per €14.60) e il Gewürztraminer Bollenberg 2019 di Camille Braun (15/20 per € 10.80).

Di ciascun vino vengono forniti una breve descrizione, il punteggio in ventesimi e il prezzo indicativo. Il limite superiore del prezzo non è fisso, ma varia a seconda del territorio considerato (per es. è di 30€ per i Pomerol e  di 40€ per i Nuits-Saint-Georges). Si prosegue dunque, in ordine alfabetico, con i Beaujolais, selezionati da Pierre Vila Palleja: i prezzi-limite adottati sono di 10 euro la bottiglia per i Beaujolais e i Beaujolais-Villages, e  15 per i crus.Tra le migliori proposte, un Saint-Amour 2018 del Domaine de La Pirolette, una piccola proprietà che può avvalersi di alcune vigne del 1936 (16/20 a un prezzo di 15€).

Ampio spazio è riservato naturalmente ai Bordeaux dei vari territori e delle diverse tipologie. A proporli sono Karine Valentin, Pierre Citerne, Olivier Poels e Roberto Petronio. Com’è naturale, le piccole denominazioni, dalle Côtes de Bourg a Fronsac nella Rive Droite e Médoc o Listrac nella Rive Gauche trovano finalmente  lo  spazio che meritano. Le tre offerte più attrattive: Château Lilian Ladouyis, St. Estèphe 2016, sulla Rive Gauche (22 €, 16.5/20), Château Armens 2016, St. Emilion Grand cru sulla Rive Droite (20 €, 16/20), e il Loupiac Château Grand Peyrouchet 2016, tra i bianchi liquorosi delle Graves  (14 €, 15/20). Da Bordeaux arriviamo alla Borgogna: ci fermeremo a quest’ultima per ragioni di spazio, anche se, ovviamente, la rassegna continua con la Champagne, la Corsica e così via, proseguendo in ordine alfabetico, fino  al Sud-Ouest. I vini prescelti  da Christian Martray, Roberto Petronio e Jean-Emmanuel Simond: largo alle piccole AOC, come l’Irancy Palotte 2019 del Domaine Colinot, nella Yonne (18 €, 17/20), o alle appellations régionales, come il Bourgogne blanc 2018 di Bruno Colin , nella Côte de Beaune (20 €, 15/20), e infine il Givry Teppe de Chaneves 2018 del Domaine Ragot, nella Côte Chalonnaise (20 €, 17.5/20). I punteggi più alti, però, vengono dal Sud del Rodano, dove ben tre Châteauneuf-du-Pape al di sotto dei 30 € raggiungono o superano la valutazione di 18/20: primo fra tutti il Clos du Calvaire 2018 (18.5/20).

Ma torniamo ai bianchi sudisti: si parla dunque di Corsica, Valle del Rodano meridionale, Provenza, Roussillon e Languedoc. A sceglierli sono gli stessi giornalisti e gli stessi sommeliers che abbiamo citato finora. A ottenere i maggiori riconoscimenti sono un vermentinu corso (con aggiunta di altre uve locali) del 2018, il Tarra di Sognu del Clos Canarelli, un Vin de France, dunque al di  fuori dell’AOC (18/20),  e un Jurançon sec  di Camin Larreya, il Côte Blanche 2018, con lo stesso punteggio. Sono però numerose le proposte comprese tra i 17 e i 17.5/20 un po’ in tutti i territori sopra menzionati, sempre più apprezzati dai consumatori francesi in cerca di novità gustative, alternative ai grandi cépages  classici, cosa che in queste regioni non manca certo. Una menzione per la Languedoc, terra finora più conosciuta per i suoi rossi, dove la riscoperta  delle antiche varietà, resistenti al riscaldamento ambientale, sta dando risultati sorprendenti. Un nome come esempio: grenache blanc e picpoul  concorrono alla cuvée Camille 2017 , del Mas d’Espanet , un sorprendente bianco languedocien.

Chablis

E infine gli abbinamenti per i formaggi. I francesi, si sa, sono conviti di produrre i migliori vini e i migliori formaggi del mondo. Perciò non cercate vini o formaggi che non provengano dall’Exagone. C’è però un’eccezione, ed è italiana: il parmigiano, che ama le bollicine, e dunque ecco suggeriti da Olivier Poussier lo Champ Cain,  Grand cru di Jacquesson del grande millesimo 2008, o, in subordine, la Reserva Particular nature 2008 di Recaredo, uno spumante catalano. Noticine minori anche per lo Stilton britannico (un Quinta do Infantado, un Porto vintage) e il Gruyère (un arbois savagnin di Pascal Clairet o un roussanne della Cave des Amandiers). Principalmente bianchi (ad es. un Vouvray delicato con uno Chabichoux moelleux,  un Bourgogne aligoté o uno Chablis sull’époisses borgognone, un marsanne del Rodano con il Reblochon, un Irouleguy blanc sull’Ossau-Iraty ), ovviamente moelleux (cosa meglio di  un Barsac o di un Vouvray moelleux sul Fourme d’Aubert?), ma c’è spazio anche per i vini rossi (un giovanissimo Saumur-Champigny può ben adattarsi a uno Chabichou  fresco) e per abbinamenti insoliti (un sidro del Pays d’Auge sul camembert o una birra alsaziana sul Munster, in alternativa al “solito” Gewürztraminer  o a un giovane Pinot gris. Insomma c’è da discutere per gli amatori di vini e formaggi che desiderino andare oltre gli accoppiamenti più scontati.

Guglielmo Bellelli

Nella mia prima vita (fino a pochi anni fa) sono stato professore universitario di Psicologia. Va da sé: il vino mi è sempre piaciuto, e i viaggi fatti per motivi di studio e lavoro mi hanno messo in contatto anche con mondi enologici diversi. Ora, nella mia seconda vita (mi augurerei altrettanto lunga) scrivo di vino per condividere le mie esperienze con chi ha la mia stessa passione. Confesso che il piacere sensoriale (pur grande) che provo bevendo una grande bottiglia è enormemente amplificato dalla conoscenza della storia (magari anche una leggenda) che ne spiega le origini.


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