Opificio del Pinot Nero,essenza del Blanc de Noirs italiano6 min read

"Life is a bubble. Buon Natale Piccola mia!

 

 

"I metodo classico firmati Marco Buvoli incarnano l’essenza dei Blanc de Noirs più esuberanti e ossidativi, in cui la connotazione chiaroscurale trova nel tempo il complice perfetto, riuscendo a disegnare architetture originali e imprevedibili, adatte ai grandi amatori".

 

 

PRELUDIO BAGNATO

 

Ai piedi della Lessinia, nella campagna isolata di Gambugliano, in un lembo collinare e boschivo della provincia di Vicenza, dal 2001 è insediata una piccola cantina il cui nome è legato al più capriccioso dei vitigni internazionali: l’Opificio del Pinot Nero. In compagnia di Thomas Rossi, degustatore con i fiocchi (collaboratore di Alberto Lupetti e Vania Valentini per la più lussuosa delle guide italiane dedicata alle bollicine), ci arriviamo dopo una lunga serie di tornanti piazzati a pendenze mozzafiato, scortati da una pioggia violenta che incupisce la vista e incute timore. La portata d’acqua scaricata a terra in poche ore ha un impeto temibile: il grigio primeggia nel cielo sterminato, il buio incombe alle quattro del pomeriggio, grumi di terra franano a valle, il fango è ovunque e non c’è traccia di luce.

 

PASSIONE PINONERISTA

 

La luce torna, benvenuta, appena mettiamo piede in quel che va considerato il laboratorio (un tempo officina di casa, da qui il nome “Opificio”) di Marco Buvoli, gentile signore di mezza età che mi accoglie con un sorriso luminoso e una passione devastante per il pinot nero, l’unica varietà che lo affascina (basterà sbirciare le centinaia di bottiglie di Borgogna e Champagne stappate e conservate sugli scaffali della sala di degustazione, per averne certezza) e l’unico vitigno che come detto ha deciso di prendere in considerazione per il suo progetto produttivo. Un progetto nato quasi per gioco una quindicina di anni fa (come una divagazione, un hobby, niente di più) e che invece oggi rappresenta in Italia l’esperienza più completa e meditata dedicata ai Metodo Classico Blanc de Noirs. Marco Buvoli in realtà produce anche un Pinot Nero in versione “rossa” e lo fa con risultati ragguardevoli, ma è sulle bollicine che si dimostra interprete sensibile, ispirato, coraggioso. Il più bravo di tutti, nella tipologia. Forse stupirà il fatto che non sia ancora conclamato come tale e dunque a chi mi legge l’affermazione potrebbe sembrare (a ragione) non del tutto in linea con la (scarsa) notorietà del personaggio. Ma grazie a Dio il mondo del vino non è ancora totalmente sviscerato (sperando che non lo sia mai del tutto), per cui c’è sempre la possibilità di scoprire bravi produttori e buoni vini fuori dal circuito “mainstream”. 

 

PRODUZIONE E STILE

 

Quello dell’Opificio del Pinot Nero è dunque un caso emblematico di outisder con i fiocchi, davvero da seguire: durante la visita al quartier generale della famiglia Buvoli, scopriamo che l’intrapresa è completamente artigianale (14.000 bottiglie circa, di cui 11.000 di Metodo Classico) e che l’intera gamma regala bollicine di rara personalità, ottenute da una viticoltura naturale (fin dagli esordi la gestione agronomica è biodinamica) ed elaborata attraverso una pigiatura a grappoli interi (si usa una vecchia pressa orizzontale della Vaslin), raccolte parcellari, maturazioni in piccole vasche di acciaio, lunghe (talvolta lunghissime) soste sur lattes e bassi dosaggi zuccherini in fase di sboccatura. I Metodo Classico firmati Marco Buvoli incarnano l’essenza dei Blanc de Noirs più esuberanti e ossidativi, in cui la connotazione chiaroscurale trova nel tempo il complice perfetto, riuscendo a disegnare architetture originali e imprevedibili, adatte ai grandi amatori. In virtù di una Solera di buona profondità (superiore alle 10 vendemmie e maturata in piccoli fusti di rovere francese), innestata in tutte le Cuvée del catalogo, lo stile aziendale è parecchio personale, con spumanti evolutivi e caratteriali, in cui il lato ossidativo è pressoché sempre ricercato – senza però apparire ipertrofico, smisurato.

 

LE VIGNE

 

Le uve necessarie alla produzione dell’Opificio arrivano da tre differenti nuclei vitati. La parcella storica è coltivata a Costabissara, sui 250 metri di quota, su argille calcaree (1,5 ettari piantati dal 1995 al 1999 a cordone speronato con 12 differenti cloni di pinot nero della Champagne); il vigneto più giovane (1,5 ettari del 2009) si trova invece sulle terre rosse dei Colli Berici, nel comune di Serego (stessa altitudine del precedente), dove sono stati messi a dimora solo i migliori cloni della Borgogna (la zona è più calda, pertanto adatta anche alle esigenze dei vini rossi); infine il terzo appezzamento (solo di recente entrato nel novero aziendale) è situato nei Colli Euganei, a Luvignano, intorno ai 300 metri sul livello del mare, su terre vulcaniche.

 

LA DEGUSTAZIONE

 

Di seguito potrete leggere le mie note di assaggio, non prima di avervi detto che la numerazione “3”, “4”, “5”, “7”, “10 e mezzo” indicano gli anni di sosta sur lattes prima della sboccatura e che le operazioni di tiraggio, affinamento e sboccatura vengono effettuate in Franciacorta, presso un affidabile contoterzista, dove si può contare su spazi e tecnologie adeguate.

 

Metodo Classico Buvoli Rosé “3” Extra Brut s.a. (sboccatura gennaio 2016, anno di base 2012 con innesti di 2010 e 2011, dosaggio 6,5 grammi/litro). Occhio di pernice dai riflessi rame, naso di dolcezza silenziosa, carbonica integratissima, polpa elastica, dosaggio centrato, allungo finale di efficace ruvidezza, senza derive amarognole. Funziona anche a tavola, non solo all’aperitivo. 85/100

 

Metodo Classico Buvoli “3” Brut s.a. (sboccatura settembre 2016, anno di base 2012 con innesti di Solera fino al 2001, dosaggio 8 grammi/litro). Rappresenta la cuvée più semplice e se vogliamo più prevedibile dell’intera batteria messa a punto da Marco Buvoli: colore segnata dal pinot nero, vaghe analogie con la susina, reticente l’espressione olfattiva, sorso saporito ma sbrigativo, epilogo finale in debito di dettagli. Da rivedere. 84/100

 

Metodo Classico Buvoli “5” Pas Dosé s.a. (sboccatura febbraio 2014, anno di base 2012 con innesti di Solera fino al 2001, non dosato). Veste intrigante, di evoluzione mirata, netti richiami iodati e salmastri, forti toni di pasticceria su base floreale, ricordi di frutta secca e miele, sorso pieno e saporito, lieviti evoluti e ben diffusi, allungo nervoso, congedo tenace, di notevole temperamento. Da qui si parte. 87/100

 

Metodo Classico Buvoli Rosé “7” Extra Brut s.a. (sboccatura marzo 2014, anno di base 2007 con innesti di 2006, dosaggio 5 grammi/litro). Colore appena velato, bel punto di rosa, profumi di sagace riduzione che si aprono gradualmente su note di melograno e pompelmo rosa, ossidazione gestita con rigore, sviluppo gustativo vinoso e solido, chiusura di freschezza notevole freschezza. Ottimo Rosé italiano. 88/100

 

Metodo Classico Buvoli “10 e mezzo” Pas Extra Brut s.a. (sboccatura settembre 2015, anno di base 2001 con innesti di 2002 e 2003, dosaggio 5 grammi). Lucente evoluzione cromatica, senza incertezze, e naso che rianimerebbe uno svenuto per forza di penetrazione: agrumi e noce, mare ed erbe, conchiglie e fiori, cotogna e sottobosco nobile, dai tratti splendidamente “marsaleggianti” (ovvero un impasto di maturità, sale e iodio). Gusto pure estremo e tenace, ma in grado di viaggiare al limite senza mai irrigidirsi o accartocciarsi su sé stesso. E così le note amare rimangono nelle retrovie, lasciando respirare a pieni polmoni un finale coraggioso. Che si lascia ricordare a lungo. 89/100+

Francesco Falcone

Nato a Gioia del Colle il 6 maggio del 1976, Francesco Falcone è un degustatore, divulgatore e scrittore. Allievo di Sandro Sangiorgi e Alessandro Masnaghetti, è firma indipendente di Winesurf dal 2016. Dopo un biennio di formazione nella ciurma di Porthos, una lunga esperienza piemontese per i tipi di Go Wine (culminata con il libro “Autoctono Si Nasce”) e due anni di stretta collaborazione con Paolo Marchi (Il GiornaleIdentità Golose), ha concentrato per un decennio il suo lavoro di cronista del vino per Enogea (2005-2015). Per otto edizioni è stato tra gli autori della Guida ai Vini d’Italia de l’Espresso (2009-2016). Nel 2017 ha scritto il libro “Centesimino, il territorio, i vini, i vignaioli” (Quinto QuartoEditore). Nell’estate del 2018 ha collaborato alla seconda edizione di Barolo MGA, l’enciclopedia delle grandi vigne del Barolo (Alessandro Masnaghetti Editore). A gennaio 2019, per i tipi di Quinto Quarto, è uscito il suo ultimo libro “Intorno al Vino, diario di un degustatore sentimentale”.  Nel 2020 sarà pubblicato il suo libro di assaggi, articolazioni e riflessioni intorno allo Champagne d’autore. Da sei anni è docente e curatore di un centinaio di laboratori di degustazione indipendenti da nord a sud dell’Italia.


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