Montefalco: dalla degustazione strade diverse per le due denominazioni in rosso3 min read

Siamo agli sgoccioli delle nostre degustazioni per l’annata 2019-2020 e, come sempre, i vini di Montefalco vengono valutati in questo periodo al grido di “last but not least”.

Quest’anno i nostri assaggi si sono svolti verso la metà di dicembre e ci hanno visto degustare quasi 70 campioni tra Montefalco Rosso e Sagrantino. Riflettendo sui risultati ho pensato che se Montefalco, come le divinità greche, prendesse forme umane e i suoi occhi fossero i due vini rossi del territorio, quest’uomo sarebbe molto strabico perché mai come quest’anno i risultati sono stati diversi e indirizzati su due strade differenti, quasi opposte.

La strada sicuramente più convincente l’ha imboccata il Sagrantino che, anno dopo anno sta smussando la sua monolitica tannicità, con vini che definire “in sottrazione” è forse esagerato, ma che sicuramente sono molto più elastici e dinamici rispetto anche a 3-4 anni fa. Se infatti lasciamo da parte l’annata 2014 (ottima in zona perché ha dato naturalmente vini meno concentrati) e ci concentriamo sulla 2015 vediamo che rispetto alla 2013 e alla 2012 (avevamo qualche campione in assaggio e comunque la memoria ogni tanto aiuta) c’è molta meno estrazione, tannini importanti e fitti ma molto meno bruschi. Si nota una ricerca di eleganza, non facile con questo vitigno e soprattutto un muoversi verso gamme aromatiche dove il legno è sempre meno il soggetto principale. Quindi belle note fruttate giovanili e la sensazione che negli anni questi vini possano avere molto di più da dire rispetto a quelli che li hanno preceduti.

Sono sempre vini da prendersi con le molle e che hanno bisogno di tempo per esprimersi ma crediamo che il tempo non servirà solo per “ammorbidirli” ma per infondergli quella complessità e rustica grazia che purtroppo spesso latita nei Sagrantino di 5-10-15 anni fa.

I Montefalco Rosso invece non sanno bene dove andare e la strada (o meglio le strade) che stanno seguendo non ci convince molto. Oramai la stragrande maggioranza dei vini è composta da una maggioranza assoluta di Sangiovese, che vede sagrantino e merlot a dare man forte. In quest’uvaggio il merlot dovrebbe essere una specie di “frenatore” quello che conferisce rotondità agli spigoli delle altre due uve. Purtroppo, secondo noi, il problema non sta nel merlot (udite, udite!) ma nel sangiovese, che difficilmente riesce ad esprimersi con grazie e freschezza, “scimmiottando” un po’ il sagrantino senza averne le caratteristiche.

I risultati sono spesso, a seconda dell’annata, o vini con al naso  note di frutta molto matura o prodotti con aromi poco intensi e nitidi. Mettiamoci anche che la ruvidezza di due su tre dei vitigni principali difficilmente si smussa nel breve tempo e ci troviamo davanti a vini poco equilibrati e con nasi discutibili. Naturalmente le eccezioni ci sono ma rispetto al Sagrantino la media qualitativa (anche prendendo il minor prezzo come discriminante a favore) è nettamente inferiore.

Che con questa denominazione i produttori non sappiano bene dove andare lo dimostra, secondo me, il Montefalco Rosso Riserva: hai forse il vino più potente e tannico d’Italia e vai a produrre un vino Riserva che naturalmente punta sulla potenza e, viste le uve, sulla tannicità importante? Per me ti fai concorrenza in casa e non crei certo chiarezza sul mercato. Questo aldilà della qualità dei prodotti, alcuni molto buoni.

Detto questo vi salutiamo, ringraziamo il Consorzio di Tutela che ci ha organizzato la degustazione e vi diamo appuntamento tra un mesetto per l’Anteprima del Sagrantino 2016.

Carlo Macchi

Sono entrato nel campo (appena seminato) dell’enogastronomia nell’anno di grazia 1987. Ho collaborato con le più importanti guide e riviste italiane del settore e, visto che non c’è limite al peggio, anche con qualcuna estera. Faccio parte di quel gruppo di italiani che non si sente realizzato se non ha scritto qualche libro o non ha creato una nuova guida sui vini. Purtroppo sono andato oltre, essendo stato tra i creatori di una trasmissione televisiva sul vino e sul cibo divenuta sicuramente la causa del fallimento di una nota rete nazionale. Riconosco di capire molto poco di vino, per questo ho partecipato a corsi e master ai quattro angoli del mondo tra cui quello per Master of Wine, naturalmente senza riuscire a superarlo. Winesurf è, da più di dieci anni, l’ultima spiaggia: dopo c’è solo Master Chef.


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