Montalcino, il suo vino e quello italiano. Cosa è realmente accaduto?3 min read

Probabilmente tutto nasce dalla legge definita “Erga omnes”, che da qualche anno  ha passato ai consorzi di tutela più grandi l’onere e l’onore di controllare (ma non di sanzionare) i propri soci. Per questo i consorzi si sono dovuti attrezzare ed iniziare a controllare tutti i vigneti e tutte le cantine dei produttori della loro denominazione. Così da almeno 2-3 anni ispettori girano per le vigne (ed anche per le cantine) controllando che queste siano in regola con quanto recita il Disciplinare di produzione. Non che questo non succedesse anche prima: veniva solo fatto, specie in vigna, in maniera più blanda, magari utilizzando foto aeree e non, invece, passando tra i filari e controllando, praticamente una per una, le viti.
Durante questi controlli gli ispettori del Consorzio del Brunello di Montalcino pare abbiano trovato in alcune aziende degli ettari piantati con altre uve rispetto al Sangiovese (il Brunello può essere fatto solo con 100% Sangiovese), in particolare Merlot, ma iscritti lo stesso alla DOCG Brunello di Montalcino.
A quel punto si è innescata una macchina che non poteva fermarsi se non davanti al giudice. Gli ispettori hanno dovuto comunicare la cosa al Consorzio, questo all’Ufficio competente della Provincia di Siena, che a sua volta ha dovuto passare la pratica ai NAS e quindi ai giudici del tribunale di Siena. Questi hanno autorizzato una serie di controlli “a tappeto” in vigna e in cantina sia nelle aziende con gli ettari incriminati, che in altre. Tutto questo, come potete capire non è iniziato ieri ma quasi 8-10 mesi fa. Solo da poco la cosa è venuta alla luce.
Cosa è successo dopo questi controlli che sono stati effettuati in almeno 20 cantine di Montalcino?
Che per quattro aziende: Frescobaldi (Castelgiocondo), Antinori (Pian delle Vigne), Argiano e Col d’Orcia sono partiti degli avvisi che ipotizzano il reato di frode in commercio. Nel frattempo il Brunello che deve andare in commercio adesso, cioè il 2003, è stato bloccato in cantina e questo non potrà essere venduto sino a quando tutto sarà chiarito. Per un’altra azienda importante, Banfi, non solo si è bloccato il Brunello 2003 , ma pare si siano apposti i sigilli alla cantina stessa perché, durante i controlli sembra siano state riscontrate altre irregolarità.
Per le altre aziende visitate dai NAS pare che non vi siano irregolarità da contestare. A questo punto dobbiamo attendere cosa dirà la magistratura.
Vediamo di chiarire ulteriormente. Le inchieste della procura di Siena non pare riguardino vini giunti a Montalcino da altre parti d’Italia e poi messi nel Brunello. Quindi non si parla di cisterne di Nero d’Avola, Merlot o Montepulciano d’Abruzzo, ma solo di vigne non a norma di legge, dove si trova Merlot al posto di Sangiovese. Non è detto però che altre inchieste, di cui non sappiamo, siano in corso.
Il Consorzio del Brunello si è trovato in una bufera mediatica non da poco, dalla quale sembra non riesca ancora ad uscire dando precisamente il polso della situazione.
A tutto questo, nato pochi giorni prima della più importante fiera enologica italiana (Vinitaly) si è aggiunto uno scandalo che, proprio in quei giorni (3-7 aprile 2008) ha creato ancora più confusione. Questa seconda truffa, che non riguarda minimamente il Brunello, coinvolge vino da bassissimo prezzo fatto con il 20% di mosto e per il resto acqua e zucchero. Questo, se consentito in molti stati, per la rigida legge italiana è reato di sofisticazione e come tale va punito. Purtroppo un famoso settimanale italiano (L’Espresso) è uscito con un’inchiesta, risultata poi in molte parti imprecisa, inesatta e nella sostanza sbagliata, dove si parlava (riferendosi alla seconda frode) di vini fatti con acido muriatico, concimi etc e soprattutto dando un taglio molto scandalistico al tutto. Questo ha creato ancora più confusione sia in Italia che nel mondo.

Carlo Macchi

Sono entrato nel campo (appena seminato) dell’enogastronomia nell’anno di grazia 1987. Ho collaborato con le più importanti guide e riviste italiane del settore e, visto che non c’è limite al peggio, anche con qualcuna estera. Faccio parte di quel gruppo di italiani che non si sente realizzato se non ha scritto qualche libro o non ha creato una nuova guida sui vini. Purtroppo sono andato oltre, essendo stato tra i creatori di una trasmissione televisiva sul vino e sul cibo divenuta sicuramente la causa del fallimento di una nota rete nazionale. Riconosco di capire molto poco di vino, per questo ho partecipato a corsi e master ai quattro angoli del mondo tra cui quello per Master of Wine, naturalmente senza riuscire a superarlo. Winesurf è, da più di dieci anni, l’ultima spiaggia: dopo c’è solo Master Chef.


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